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Sarà per l’ormai imminente centenario della Marcia su Roma, sarà perché il canone retorico d’Italia, riconosce soltanto un metodo – attaccare il ciuccio dove vuole il padrone – ma leggere dunque “in silenzio e con lo sguardo basso”, leggerlo sul Corriere della Sera a proposito dei ministri, rei d’avere sfiduciato Mario Draghi, più che indurre a riflessione sulla famosa schiena dritta del giornalismo ci convince dell’unica certezza a nostra disposizione: siamo sempre uguali a noi stessi. In tutte le epoche. Manca poco e le cronache di via Solferino segnalano i suddetti ministri con la coda tra le gambe. Alle solite: o il bastone, o la carota. E come al solito, a farla maliziosa, sovrapponendo gli articoli di cento anni fa a quelli di oggi, nella gara di ortografia e sintassi vince la prosa di ieri, mentre plausi e applausi risultano raddoppiati in quella di oggi. E senza manco la scusa di una conclamata dittatura. Giusto per non sfigurare innanzi al sopracciò del sopracciglio di turno.
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