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Domenico Dolce

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Come tutti gli emigrati, Domenico Dolce – lo stilista – fa le vacanze a casa, ovvero Polizzi Generosa e come tutti quelli che da molte generazioni è stato costretto ad andarsene per trovare lavoro, ogni estate, immancabilmente, si ritrova a fare i conti con se stesso, con la propria storia e con la memoria collettiva. Inaugura una mostra, guarda ai giovani rimasti in paese e sbotta: “Cosa fate un giorno intero su Facebook? Andate a lavorare”.

La polemica, subito incendiata, non trova tregua. “Andate a lavorare” è diventato un tormentone e tutti però sono contro Dolce, considerato come minimo insensibile rispetto a una realtà qual è quella meridionale tutta di disoccupazione e di scarse opportunità. Gandolfo Librizzi che è il sindaco di Polizzi Generosa, s’è dispiaciuto dell’intemerata del famoso stilista – “Le generalizzazioni non aiutano” – e però c’è un punto insormontabile su cui soffermarsi e riflettere. Ed è quando Dolce ricorda agli umiliati e agli offesi i nonni di tutti: “Si alzavano alle cinque per garantire il futuro a tutti noi”.

Ecco, il punto: si alzavano alle cinque e non c’era un solo fazzoletto di terra nella grande distesa rurale di quella Sicilia che fosse abbandonato. Oggi non si alza nessuno alle cinque e non c’è un solo pezzo di campagna che possa dirsi giardino, orto, campo e terra di lavoro. La colpa non è di Dolce, non è dei giovani e neppure delle generalizzazioni. La colpa è solo della sveglia che suona a mezzogiorno e così il problema resta quello di sempre: trovare il modo di mangiare all’una. Con le olive che restano attaccate ai rami, con l’uva pendula sui pergolati, con le mandorle rimaste a seccare sotto il sole e con i meravigliosi primati del nostro Sud: fanalino di coda ovunque.


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