Giuseppe Conte, leader del M5S
3 minuti per la letturaC’ERA una volta il «campo largo», ovvero l’idea di far siglare un patto di coalizione a Pd e Cinquestelle. Il laboratorio «giallorosso» nasce nei giorni turbolenti della fine del primo governo da Giuseppe Conte. Democrat e pentastellati si siedono al tavolo e firmano un accordo che consente di far proseguire la legislatura per salvare il Paese dalla richiesta di «pieni poteri» da parte di Matteo Salvini. La trattativa è lunga e difficile da mettere a terra. Diversi dell’una e dell’altra parte si mostrano scettici. Eppure alla fine il foglio dell’accordo viene firmato dall’una e dall’altra parte. In un amen Giuseppe Conte diviene «il punto di riferimento dei progressisti», dopo esserlo stato dei populisti.
Ma qui in Italia la memoria è corta e tutto passa in cavalleria. I cinquestelle si trasformano dunque in una forza di governo e soprattutto si spostano politicamente nell’area di centrosinistra. Il «Conte-2» è un esperimento di laboratorio politico che a questo punto dovrà essere esportato nei territori. Il primo che risponde alla chiamata è il Lazio. La regione, nel 2019, è guidata da Nicola Zingaretti che è anche segretario del Pd. Zingaretti è stato uno dei primi a dialogare con i 5 Stelle a livello istituzionale, trovando argomenti e temi per provare a stringere un patto di governo. E se in quel momento l’opposizione dei grillini diviene responsabile in Regione, di lì a poco le truppe di Conte e Di Maio entreranno a far parte del governo Zingaretti, così da porre le basi a un rimpasto di governo anche alla Pisana.
Il Lazio è dunque l’epicentro dell’asse Pd-M5S. «Noi abbiamo iniziato il rapporto con i 5 Stelle che loro erano una forza populista che era stata alleata con la Lega sovranista. Il percorso che ha fatto con il Conte 2 e con il sostegno a Draghi li ha portati a spostarsi nel campo del centrosinistra» teorizza ancora oggi Dario Franceschini. Quando si conclude il secondo governo Conte e inizia la stagione del gabinetto Draghi i rapporti tra Pd e 5 Stelle restano ottimi. Anche se pian piano nei sondaggi le truppe di Conte perdono terreno e quelle di Letta superano quota 20 per cento. Le amministrative del 2020 e del 2021 certificano questo trend. Ed è forse per tal ragione se da quel momento in poi l’alleanza inizia a scricchiolare. Da leader del Movimento Conte si smarca dal Pd, su diversi temi: dal conflitto tra Russia e Ucraina al famoso decreto aiuti che contiene una norma per l’inceneritore di Roma. Su questo ultimo punto implode il governo Draghi: M5S non vota la fiducia all’ex banchiere e si torna a votare. Ne consegue che Pd e Cinquestelle iniziano a litigare su tutto. «Abbiamo deciso di punire oltre misura la scelta di Conte di non dare la fiducia al governo. È stato un errore fare i puristi dell’alleanza» confessa al Quotidiano del Sud un parlamentare Pd assai ascoltato dai vertici del Nazareno.
Tuttavia sia da una parte sia dall’altra c’è sempre un barlume di speranza affinché tutto rientri. Alle elezioni politiche Pd e Cinquestelle corrono separati. Ma nulla è perduto. Si confida poi sulle regionali nel Lazio. Appuntamento elettorale del prossimo febbraio. «Se salta qui, è finita» profetizzano i dirigenti di Pd e cinquestelle. Da quelle parti le truppe di Letta e quelle di Conte parlano lo stesso linguaggio. «C’è chimica fra i gruppi consiliari». Roberta Lombardi, assessore della giunta Zingaretti, lavora sotto traccia affinché si trovi un candidato unico. Nel frattempo in Lombardia raggiungono un accordo su Pierfrancesco Majorino. Ma il Lazio è un altro discorso perché «qui – osservano – i grillini hanno un peso elettorale nettamente superiore».
Il leader dei 5Stelle prova a convincere la giornalista Bianca Berlinguer. Poi un’altra giornalista, ovvero Luisella Costamagna. E infine riesce a candidare Donatella Bianchi, ambientalista, conduttrice di Linea Blu, già presidente del WWF. «Incarna perfettamente i valori del Movimento, rappresenta al meglio il nostro programma politico, sociale ed ambientale ed è un nome condiviso con le altre forze politiche, sociali e civiche con cui stiamo condividendo il percorso». Non è condiviso con il Pd, che ha scelto Alessio D’Amato, assessore alla Salute con Nicola Zingaretti, sostenuto anche dal Terzo Polo. Ecco perché, per dirla con un alto dirigente del Nazareno, «puntare su Donatella Bianchi è un ulteriore timbro della fine dei rapporti». C’era una volta il campo largo.
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