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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

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LA BRUTALITA’ nazifascista che esercitò “una crudele violenza contro l’umanità, con crimini incancellabili nel registro della storia, culminati nella Shoah” fu una esperienza “terribile”. Ma in queste settimane “sembra dimenticata da chi manifesta disinteresse per le sorti e la libertà delle persone, accantonando valori comuni su cui si era faticosamente costruita, negli ultimi decenni, la pacifica convivenza tra i popoli”.

Il monito di Sergio Mattarella è severo. Poche parole – com’è nel suo stile asciutto – ma scolpite nella pietra. Il Presidente della Repubblica le pronuncia nel corso dell’incontro al Quirinale di ieri con le associazioni combattentistiche e d’arma. L’occasione è la celebrazione del 25 aprile, nel 77° anniversario della Liberazione.

Mattarella smonta le tesi negazioniste che in questi giorni voltano le spalle alle sofferenze degli ucraini e sorvolano sulle atrocità commesse dai russi. Le considera un vero e proprio tradimento dei valori della Liberazione: primo tra tutti, la libertà delle persone che è la base della pace tra i popoli. Tra gli obiettivi del Capo dello Stato c’è di sicuro la schiera di commentatori improbabili che ogni giorno sugli schermi della tv italiana capovolge la realtà della guerra e confonde torti e responsabilità. Ma la platea di interlocutori riuniti al Quirinale (i capi di stato maggiore di esercito, marina, aeronautica, arma dei carabinieri e guardia di finanza, nonché i presidenti delle associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma) è anche l’occasione per bacchettare l’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani che in queste settimane si è distinta per la sistematica negazione delle responsabilità di Mosca e per la falsificazione della memoria della Resistenza italiana.

Contro le brutali rappresaglie dei nazisti contro i civili italiani, ricorda Mattarella, si oppose “la rivolta in armi contro l’oppressore”, una rivolta che fu anzitutto “morale”, una “difesa strenua” del nostro popolo, “in armi per affermare il proprio diritto alla pace”.

Il presidente della Repubblica chiarisce bene il punto. La pace è l’obiettivo. Ma la pace, in questi frangenti tragici, si conquista con le armi. Fu così per la resistenza italiana contro il nazifascismo. L’esperienza si ripete oggi con la resistenza ucraina contro il neonazismo in salsa russa. In pochi passaggi, Mattarella chiude la questione delle false interpretazioni della vicenda storica che stiamo vivendo.

Primo punto: “l’attacco violento della Federazione Russa al popolo ucraino non ha alcuna giustificazione”. Per Mattarella, le teorie cospirative che additano responsabilità nella volontà di espansionismo della Nato o negli interessi inconfessabili degli Stati Uniti sono del tutto prive di fondamento.

Secondo punto: “la pretesa di dominare un altro popolo, di invadere uno Stato indipendente, ci riporta alle pagine più buie dell’imperialismo e del colonialismo”. In sostanza, l’ordine internazionale liberaldemocratico non può tollerare la violazione della sovranità e dell’integrità di uno stato indipendente per nessun motivo. E le democrazie liberali, consolidate o nate dalla reazione contro i totalitarismi, non possono accettare che il popolo ucraino sia assoggettato al disegno imperialista di un tiranno sanguinario.

Terzo punto: violando le regole della comunità internazionale Putin ha appiccato un “devastante incendio”. Una metafora potente che serve a Mattarella per ricordare la necessità urgente di bloccare la violenza espansionista del despota russo. Se non si ferma subito l’incendio, questo è “destinato a propagare i suoi effetti”. E la Russia moltiplicherebbe le “avventure belliche di cui sarebbe difficile contenere i confini”.

Il capo dello Stato non poteva essere più chiaro. Non è possibile voltarsi dall’altra parte, lasciando l’Ucraina senza una difesa armata. Né tantomeno il conflitto può risolversi con concessioni di territorio alla Russia. Se si scegliessero queste strade anche una eventuale tregua sarebbe effimera. Senza incontrare ostacoli, Putin sarà incoraggiato a proseguire nella sua opera di conquista: prima inghiottirebbe l’Ucraina e poi sposterebbe le sue mire verso altri paesi europei. Tutti questi sono motivi sufficienti perché la solidarietà nei confronti dell’Ucraina sia “ferma e coesa”. Non solo a parole, ma anche nei fatti. Quindi rafforzando le sanzioni economiche contro la Russia e aumentando le dotazioni militari del governo di Kiev. “È possibile che questo comporti alcuni sacrifici”, ammette Mattarella. Ma sarebbero di gran lunga inferiori rispetto a quelli che l’Europa subirebbe “se quella deriva di aggressività bellica non venisse fermata subito”.

Ritorna qui il monito di Mario Draghi. Meglio rinunciare a qualche grado, abbassando la potenza dei condizionatori, piuttosto che ritrovarsi tra qualche mese a fronteggiare una catastrofe bellica di più ampie proporzioni. Guai a noi se l’“incendio” dell’imperialismo russo dovesse espandersi oltre i limiti attuali. È ovvio, continua Mattarella, che dalla memoria del 25 aprile, la data che rappresenta anche la fine delle ostilità nel nostro paese, “viene un appello alla pace”. Ma, chiarisce il presidente, la pace non può confondersi con la resa “di fronte alla prepotenza”. E in un colpo solo spazza via tutte le balzane e paternalistiche richieste di rinuncia alla legittima difesa che alcune frange di intellettuali e opinionisti italiani rivolgono agli ucraini.

La fermezza di Mattarella non deve stupire. Basterebbe ricordare che da ministero della Difesa condusse la delicata partecipazione dell’Italia all’operazione Allied Force, con la quale la Nato intervenne nella guerra del Kosovo. E che il suo attaccamento ai valori dell’europeismo e dell’atlantismo è stato finora una garanzia di credibilità del nostro paese nel quadro dei rapporti di amicizia con gli alleati. Il presidente italiano è certamente sensibile all’appello che Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, ha rivolto alle democrazie liberali per unirsi contro la minaccia globale dei regimi autoritari (Russia e Cina in primis). Non a caso, la difesa della libertà è il cuore del discorso di ieri alle associazioni combattentistiche e d’arma. “La straordinaria conquista della libertà, costata sacrifici e sangue ai popoli europei, non può essere rimossa né cancellata”, avverte Mattarella. La libertà “non è mai acquisita una volta per sempre” e , per difenderla, “occorre sapersi impegnare senza riserve”. È la lezione della Liberazione. Che si rinnova oggi nell’alleanza delle democrazie che difendono l’Europa dall’aggressione dell’imperialismo russo.  


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