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Foto di gruppo per i leader del G7

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SUL fronte del conflitto sul campo, come su quello della “controffensiva” economica – nei confronti del capo del Cremlino e delle ricadute della sua guerra – la linea di Mario Draghi non arretra di un millimetro: «Putin non deve vincere. Noi restiamo uniti a sostegno dell’Ucraina», ribadisce al tavolo dei leader del G7 durante il video collegamento con il presidente Volodymyr Zelensky.

E nella seconda giornata del vertice, quando appare più vicino un accordo sul price cup al petrolio russo, rilancia la “sua” partita per frenare la corsa delle inflazione, spinta alle stelle dall’energia, e salvaguardare le imprese e il potere d’acquisto dei cittadini: «Dobbiamo continuare a lavorare su come imporre un tetto al prezzo del gas», le sue parole. Sa di poter contare sulla sponda del presidente francese, Emmanuel Macron, mentre il “pressing” su Olaf Scholz, il cancelliere tedesco padrone di casa al Elmau, comincia ad allentare le resistenze tedesche motivate dal timore di un’ulteriore stretta ai rubinetti di Gazprom come ritorsione. Che è quanto sta già avvenendo, continua a rilevare il premier italiano.

Il premier ucraino inaugura la sessione di lavoro, ringrazia i leader per l’appoggio e rinnova le sue richieste che sul fronte militare includono un ulteriore invio di armi e sistemi di difesa. Domanda sostegno per lo sblocco delle esportazioni del grano e per ricostruire il Paese, un ulteriore giro di vite sulle sanzioni e sollecita l’introduzione di un tetto al petrolio russo. Per Zelensky «non è il momento di negoziare», bisogna essere in una posizione di forza per farlo, sostiene, e intanto chiede aiuto ai leader per ricacciare i russi «al di là delle linee di febbraio», prima dell’invasione, e li invita a «fare il massimo» per porre fine alla guerra entro la fine dell’anno. Teme l’inverno, Zelensky. I Sette Grandi, come mette nero su bianco il documento conclusivo del vertice, riaffermano il loro “impegno incrollabile a sostenere il governo e il popolo ucraino nella loro coraggiosa difesa della sovranità e dell’integrità territoriale del loro Paese” e assicurano supporto finanziario, umanitario, militare e diplomatico “per tutto il tempo necessario”.

«Siamo uniti con l’Ucraina, perché se l’Ucraina perde, tutte le democrazie perdono. Se l’Ucraina perde, sarà più difficile sostenere che la democrazia è un modello di governo efficace», afferma il capo dell’esecutivo italiano, sottolineando poi l’importanza del riconoscimento all’Ucraina dello statuto di candidato per la Ue, per il paese come per Unione: segna il cambio di passo nell’atteggiamento verso i Paesi vicini e nella sua strategia di lungo periodo, sottolinea il premier che a margine dei lavori continua a tessere la sua tela diplomatica, attraverso un bilaterale con Boris Johnson, premier del Regno Unito, poi con Alberto Fernandez, presidente dell’Argentina, uno dei Paesi invitati da Scholz a presenziare al G7 insieme a India, Indonesia (detentore della presidenza di turno del G20), Sudafrica e Senegal. E sono uniti i leader anche sulla necessità di proseguire sulla strada delle sanzioni per aumentare la pressione politica ed economica sul regime di Mosca e i suoi sostenitori in Bielorussia, ridurre la sua capacità di finanziamento dell’offensiva, isolandola nel mercato globale e impedendole  così di aggirare le restrizioni.

“Ridurremo ulteriormente i ricavi delle esportazioni russe”, recita il testo che mette nel mirino anche quelle dell’oro che valgono circa 20 miliardi di dollari, la principale voce dell’export russo dopo l’energia, e quindi una significativa fonte di finanziamento per la guerra in Ucraina. Si vuole poi a indebolire anche il settore della difesa, mettendo un argine alla produzione di armi e alla possibilità di sostituire l’equipaggiamento perso sul campo di combattimento.

Dal canto suo, il presidente americano, Joe Biden, si appresta ad annunciare un aumento dei dazi su oltre 570 gruppi di prodotti russi per un totale di circa 2,3 miliardi. Sul fronte energetico si punta a ridurre gli introiti russi e la dipendenza dagli idrocarburi del Cremlino. Mosca “continua a utilizzare il gas naturale come arma politica ed economica”, esercitando pressioni sui mercati energetici, spingendo in alto i prezzi per i consumatori e mettendo a rischio la sicurezza energetica globale, la denuncia, in una dichiarazione congiunta, della presidente della Commissione Ue von der Leyen e del presidente Usa Biden. Per “spuntarla” intanto da marzo le esportazioni globali di Gnl verso l’Europa sono aumentate del 75% rispetto al 2021, mentre quelle statunitensi verso l’Europa sono quasi triplicate.

Ma la minaccia di un ulteriore taglio ritenuta finora possibile, diventa sempre più «probabile», come afferma commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, al termine del Consiglio Energia, dal momento che «Gazprom – racconta – ha già annunciato una manutenzione del Nord Stream 1 dall’11 al 21 luglio». Biden porta sul tavolo la proposta di price cap sul greggio della segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, “agevolando” il tetto sul gas di Draghi. Nel pomeriggio è il consigliere alla Sicurezza nazionale della Casa bianca a fare il punto sulla questione: il tetto al greggio non è ancora finalizzato, ma «il trend è buono», afferma rilevando che è necessario un lavoro tecnico. Insomma, il via libera sarebbe a portata, seppur condizionato a uno studio di fattibilità, e l’Italia confida in un “effetto trascinamento” per quello sul gas. Che darebbe un ulteriore “aiuto” alla riduzione dell’inflazione che il Mef “vede” decelerare nella seconda metà dell’anno “pur restando elevata in confronto agli anni scorsi e vulnerabile a nuove impennate dei prezzi energetici”. Il ministero dell’Economia lo scrive nei suoi aggiornamenti sull’attività di emissione del debito pubblico, il quadro macroeconomico e di finanza pubblica, sottolineando appunto che “in prospettiva, è lecito immaginare che se si confermerà la tendenza alla stabilizzazione o al ribasso dei prezzi dell’energia, l’inflazione complessiva rallenterà nella seconda metà dell’anno”.

Intanto la fotografia scattata dal Mef registra un nuovo slancio dell’economia italiana, dopo la lenta partenza di gennaio, “a dispetto di un contesto economico e geopolitico estremamente sfidante”: “Il robusto incremento del Pil previsto per il secondo trimestre – si sostiene – dovrebbe portare la crescita acquisita al secondo trimestre in linea, se non al disopra della previsione media annua del Def (3,1%). La seconda metà dell’anno si presenta più sfidante, anche per via della salita dei tassi di interesse e dello spread, ma la crescita trimestrale del Pil dovrebbe rimanere lievemente positiva”.


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