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È cominciata la fase più delicata e, al tempo stesso, più difficile: quella della trattativa con la Ue per la rivisitazione del Pnrr. Sicuramente, in tale confronto emergono oggi cinque tipi di errori commessi dal nostro Paese sin dall’impostazione iniziale. In particolare:
- L’errore di aver disegnato un Piano senza una conoscenza dettagliata dello stato di avanzamento delle opere, sia a livello progettuale che autorizzativo.
- L’errore nell’aver cercato di assecondare richieste da parte degli enti locali (Regioni e Comuni) o da schieramenti politici non tenendo conto che, a differenza del passato, stavolta c’era una scadenza temporale precisa.
- L’errore nel non aver difeso in modo adeguato, tramite giuste motivazioni, la possibilità di inserire infrastrutture viarie.
- L’errore nell’aver disegnato un Piano nazionale complementare (Pnc) illudendosi che, trattandosi di risorse del bilancio ordinario dello Stato, le opere incluse in tale Piano non avrebbero sottostato alla scadenza del 2026.
- L’errore nell’aver pensato essenzialmente a rispettare le scadenze legate al varo delle riforme per ottenere le varie anticipazioni, dimenticando che invece era anche importante fare partire le opere, aprire i cantieri.
Senza dubbio nel confronto tra la premier Meloni, il ministro Fitto e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si invocheranno gli eventi che hanno inciso, in modo sostanziale sull’avanzamento concreto e organico del Pnrr: sicuramente denunceremo come causa dei ritardi la pandemia e la guerra in Ucraina. Dobbiamo però essere onesti con noi stessi: escluso l’aumento delle materie prime, non vedo quanto sia possibile addebitare alla guerra e alla pandemia il mancato avvio di opere individua sin dal 2001 dalla legge Obiettivo.
Questa denuncia di incapacità all’avvio delle opere è stata da me più volte denunciata e ripetutamente ho ribadito che dal giugno 2021 (mese in cui l’ex premier Conte tornò da Bruxelles annunciando le risorse ottenute e anticipando l’elenco delle opere del Pnrr) a oggi sono state utilizzate risorse solo per cantieri già avviati 5-6 anni fa, ma, insisto, dal 2021 a oggi non si è aperto alcun nuovo cantiere.
PNRR, TIMING SOTTOVALUTATO
Non voglio più inveire sulle evidenti incapacità del passato, almeno per quanto concerne l’attivazione della spesa: voglio invece affrontare, per evitare di ricadere negli stessi errori, l’approccio alle cinque tipologie di errore che ho elencato prima.
In merito alla prima tipologia, cioè alla conoscenza dello stato di avanzamento dei progetti, soprattutto oggi che si chiede una progettazione in Bim (Building information modeling), cioè una progettazione supportata da un sistema informativo digitale, non ha più senso fermarsi al progetto di fattibilità tecnico-economico, ma è fondamentale disporre di elaborati progettuali completi oppure è corretto dichiarare, sin dall’inizio, che l’arco temporale che intercorre tra il progetto e l’apertura del cantiere è lungo e, in molti casi, di non facile previsione e non servono a nulla o a poco le modalità di affidamento come l’appalto integrato, come l’accordo di programma.
Un approccio così attento alla ricerca della “verità” sullo stato della progettualità avrebbe, a mio avviso, portato all’individuazione di opere non solo difendibili ma, anche, coerenti agli impegni presi dal nostro Paese con l’Unione europea in termini non solo di scadenza temporale, ma di organicità dell’intero sistema programmatico proposto.
In realtà, nella maggior parte dei casi, abbiamo difeso i titoli, abbiamo difeso le finalità delle proposte dando per scontato che la forza dell’obiettivo, contenuto nella proposta, da solo avrebbe reso facile la concreta sua attuazione.
ORGANICITÀ ASSENTE
Ancora più grave penso sia stato non aver disegnato sin dall’inizio un programma davvero organico di interventi stimati globalmente in circa 350 miliardi di euro e assicurato – con le risorse provenienti dal Pnrr (pari a 191,8 miliardi di euro), dal Pnc (pari a 30,5 miliardi di euro), dal Fondo di sviluppo e coesione 2021- 2027 (pari a circa 73 miliardi di euro) e da un volano di risorse legate al bilancio ordinario dello Stato nel periodo 2025- 2030 di ulteriori 50 miliardi di euro – un Programma fonti-impieghi che avrebbe anche dato forza e continuità a quegli interventi complessi la cui durata superava abbondantemente la scadenza del 2026.
Una simile impostazione avrebbe risolto anche la problematica sollevata nel secondo punto, cioè il rapporto con gli enti locali, il rapporto con i vari schieramenti politici. Sarebbe stato cioè possibile affrontare un programma di opere che avrebbe garantito tutte le varie richieste e non ci sarebbe stato, ripeto, il vincolo temporale del 31 dicembre 2026, non ci sarebbe stato il rischio di creare opere di serie A e opere di serie B, opere di sicura realizzazione e opere, addirittura, prive di certezza nella copertura finanziaria.
Un programma così ampio e così garantito da un volano di risorse sia comunitarie che del bilancio ordinario dello Stato avrebbe anche potuto rispondere, in maniera corretta, alle preoccupazioni che sono state sollevate dall’Unione europea sugli interventi relativi alla rete stradale.
Senza dubbio abbiamo difeso male l’inserimento di tali opere nel Pnrr: tuttavia, garantendo la copertura con fondi ordinari, avremmo potuto inserire interventi anche della rete stradale, dando in tal modo davvero organicità alla proposta in quanto supportata sia da infrastrutture ferroviarie che stradali. Ma avremmo anche evitato di dare vita a un Piano nazionale complementare vincolato anche esso alla scadenza del 2026.
PNRR, CANTIERI FERMI
L’ultimo errore, quello della corsa ai provvedimenti per accedere agli anticipi comunitari sottovalutando contestualmente l’apertura dei cantieri, rimane oggi sicuramente il punto più critico del confronto con l’Unione europea.
Per questo penso sia utile evitare compromessi mediocri, e su questa delicata criticità ritengo che quanto anticipato in più occasioni dal ministro Raffaele Fitto di affrontare la rilettura del Pnrr comprendendo anche quanto previsto dai Fondi di sviluppo e coesione 2014- 2020 e 2021-2027, non solo sia coerente a una simile logica, ma penso che dimostri all’Unione europea che non si è alla ricerca di un banale compromesso, ma si vuole dare la massima forza, la massima incisività a un’azione programmatica che sicuramente caratterizzerà i prossimi cinque anni dell’attuale legislatura.
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