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La Città ideale, dipinto di Piero della Francesca

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PARLIAMO da anni di “smart city” e forse la maggior parte di chi ne parla non sa cosa sia e quale sia il livello e la dimensione di questo che, in realtà, è e sarà lo strumento che renderà possibile una vera reinvenzione del modo di gestire le realtà urbane che sono diventate sempre più simili a ciò che quasi due secoli fa aveva descritto Max Weber cioè: “Ambito territoriale caratterizzato  dalla presenza di un complesso di funzioni e di attività  integrate e complementari,  organizzato in modo da garantire elevati livelli di efficienza  e da determinare condizioni ottimali di sviluppo  delle strutture socio – economiche”.

Parliamo da anni di questa innovazione culturale e disponiamo di una ampia letteratura e di una ampia documentazione progettuale e propositiva su quella rivisitazione sostanziale dell’approccio alla gestione dell’urbano ma nei fatti poi ci scontriamo con questi dati: solo un comune italiano su tre ha avviato un progetto per smart city nell’ultimo triennio e, addirittura, la metà dei Comuni non ha ancora fatto nulla ed il 40% delle città con progetti avviati non utilizzano adeguatamente i dati raccolti. In proposito Matteo Risi, ricercatore dell’osservatorio smart city del Politecnico di Milano, ultimamente ha fatto presente che le infrastrutture tecnologiche più sviluppate nei comuni italiani sono quelle tradizionali come le telecamere che, grazie ai sensori, rilevano flussi di informazioni che possono essere custoditi e usati in un secondo momento oppure utilizzati just in time in maniera smart sfruttando gli algoritmi di IA (Intelligenza Artificiale) per scoprire momenti di criticità nella città come code, incidenti, ecc.

Altre infrastrutture, abbastanza sviluppate, sono le smart metering, cioè i sistemi che consentono la telelettura e telegestione dei contatori di energia elettrica, gas e acqua. Sempre Risi ha ricordato che nel prossimo futuro assisteremo ad un forte sviluppo delle infrastrutture di illuminazione pubblica di nuova generazione dotate di luci a led; infrastrutture che possono essere telecomandate, integrate con altri moduli e sensori che possono aumentare in modo esponenziale le potenzialità. In fondo che senso ha continuare a gestire la città leggendo le mappe e gli assetti urbani passivi cioè incapaci di comunicarci in diretta quali siano le evoluzioni o le involuzioni che in quel determinato momento caratterizzano lo stato di un determinato settore, di una determinata parte di quel complesso di funzioni che cresce sempre più e si modifica con una velocità e con una imprevedibilità che è proprio ciò che chiamiamo l’entropia dell’urbano, l’entropia del vivere comune, l’entropia del sociale e dell’economia.

In proposito abbiamo un’altra interessante testimonianza, mi riferisco a quella di Lorenzo Ferrante, responsabile dei progetti “Smart city” di una società del Gruppo Rekeep, gruppo specializzato nell’offerta di servizi integrati tecnologicamente avanzati per la Pubblica Amministrazione. Ferrante insieme alla Università di Bologna ha presentato una Piattaforma che può dare supporto alle decisioni degli amministratori pubblici.

I vantaggi e le potenzialità offerte da una simile piattaforma sono davvero tanti e molto incisivi e i punti di forza sono:

  • la predittività, cioè la capacità di raffigurare scenari futuri valorizzando i dati storici provenienti da altre fonti
  • la scalabilità in quanto è un sistema capace di aumentare o diminuire la sua operatività in funzione delle necessità senza dover modificare le caratteristiche fondamentali
  • l’interoperabilità, cioè la capacità di integrarsi ed interagire con altre piattaforme future o già esistenti legate alla smart mobility, alla illuminazione o alle telecamere

In fondo la piattaforma presentata dalla Università di Bologna può essere personalizzata a misura di ciascuna area urbana; all’inizio la piattaforma può essere utilizzata per la sola pianificazione delle manutenzioni stradali o per le ordinanze mirate alla occupazione di suolo pubblico e dopo può essere implementata da nuovi dati provenienti da altri operatori.

Tutto questo è vero, tutto questo esiste già e nessuno ancora si è accorto che questa serie di prodotti avanzati, di queste eccellenze nella gestione di uno degli assetti socio economici più complessi quali le città ormai deve dare l’addio a delle articolazioni istituzionali e a delle norme che, come dicevo nel titolo, forse fra meno di dieci anni ribalteranno o annulleranno del tutto alcuni riferimenti quali:

  • La Giunta comunale
  • Gli Assessori comunali
  • Il Consiglio comunale
  • Il Piano Regolatore Generale
  • Il Piano Territoriale di Coordinamento
  • Le Aziende fornitrici di servizi (trasporti, manutenzione delle reti, sanità, trattamento e smaltimento rifiuti, ecc.)

Le città avranno un Amministratore unico, sottoposto in modo sistematico ad un controllo capillare da parte di una Società di certificazione; un Amministratore unico che affiderà la gestione della città a società specializzate a mantenere i livelli di efficienza contrattuali richiesti dal bando prodotto dallo stesso Amministratore Unico. La Società vincitrice della gara utilizzerà quelle piattaforme prima indicate e al tempo stesso le stesse piattaforme denunceranno la reale efficienza della Società preposta alla gestione della città.

Gli attacchi ad una simile proposta, ad una simile ipotesi saranno tanti e, soprattutto, denunceranno un tentativo scorretto di attacco all’attuale percorso democratico di elezione non solo di un sindaco ma di un Consiglio e, quindi, di una forma articolata di rappresentatività degli schieramenti politici di una realtà territoriale; mentre scrivo queste possibili critiche mi rendo conto che trattasi di critiche e di considerazioni che non tengono conto che ormai tutti, dico tutti, ci siamo convinti del ricorso obbligato alla “smart city”; purtroppo, ancora non esiste una definizione univoca e universalmente accettata per definire una “città intelligente”. L’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite per le tecnologie dell’informazione della comunicazione, definisce la Smart City “una città innovativa che utilizza le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e altri mezzi per migliorare la qualità della vita, l’efficienza delle operazioni e dei servizi urbani e la competitività, garantendo nel contempo il rispetto delle esigenze delle generazioni presenti e future ponendo attenzione agli aspetti economici, sociali e ambientali”.

Penso che una simile definizione annulli queste perplessità perché la gestione di una città, specialmente di una media e grande città, penso richieda essenzialmente una elevata efficienza manageriale che non ha nulla a che fare con logiche legate a schieramenti politici. Lo so è la corsa verso un futuro che forse molti non vorrebbero arrivasse mai, tuttavia la funzionalità e la ottimizzazione dei servizi offerti ai fruitori della città renderà possibile nel breve periodo questo nuovo futuro. 


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Alessandro Chiappetta

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