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Papa Francesco con la bandiera dell'Ucraina

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Nell’intervista al Corriere della Sera, Papa Bergoglio ha reso ufficialmente noto il suo intendimento di andare a Mosca per incontrare Vladimir Putin e persuaderlo di cessare il conflitto in Ucraina e di accettare di sedersi al tavolo delle trattative di pace. Ha paragonato, quanto succede in Ucraina, a quanto avvenne in Ruanda, espresso solidarietà per gli innocenti che soffrono per la guerra e attribuito, implicitamente, al Cremlino l’intera responsabilità del conflitto.

IL PAPA NON CONVINCE

Il Pontefice si è così aggiunto ai molti che, finora con scarsa fortuna, si sono offerti come mediatori per la pace. A differenza degli altri, non lo fa solo per propaganda interna o internazionale. C’è da credere che voglia veramente la pace. Pertanto, si è portati a perdonargli talune espressioni un po’ irrealistiche, come le invettive contro le armi (come se fossero esse a fare le guerre e non gli uomini; in fin dei conti i machete in Ruanda hanno fatto più morti delle atomiche di Hiroshima e Nagasaki), le accuse ai politici di essere pazzi irresponsabili e, “dulcis in fundo”, la sottovalutazione del fatto che mai l’Europa ha conosciuto un periodo di pace tanto lungo quanto la guerra fredda, in cui mai era stata tanto armata.

Ma si sa: di fronte alla fede e alle convinzioni, le esperienze storiche contano poco. Tutti ammettono la sua buona fede. Perciò, trattengono il sorriso di fronte a show da boyscout come quella delle due giovani, una ucraina, l’altra russa che portano assieme la Croce. Il regista dell’operazione è stato bravissimo. Merita gli applausi generali, malgrado i dubbi sollevati dal francescano vescovo di Leopoli, per il quale sembra che non valga l’abolizione per decreto pontificio della “guerra giusta”, dato che essa, nella tradizionale dottrina cattolica, significa anche “guerra limitata”. Convincono meno nell’intervista l’accenno all’«abbaiare della Nato ai confini della Russia» e che il Patriarca Kirill faccia il «chierichetto di Putin».

Con la prima affermazione, Papa Francesco si allinea – forse per sembrare neutrale rispetto ai due campi in conflitto e accreditarsi come aspirante mediatore di pace – alla tesi della propaganda di guerra del Cremlino che l’intervento russo in Ucraina sia colpa della Nato o, quanto meno, che le sue responsabilità vadano condivise; che non è una guerra fra Russia e Ucraina, ma fra Russia e Nato; che è una guerra per procura in cui gli “stupidi” ucraini si fanno massacrare per gli interessi americani; che, infine, a impedire le trattative di pace e a voler prolungare la guerra non sono i russi ma gli Usa.

Sono fandonie. La guerra non è per procura, come dimostra il fatto che gli Usa volevano portare in salvo Zelensky da Kiev. L’obiettivo di indebolire la Russia è funzionale al fatto che la guerra non si concluderà con una netta vittoria di una delle parti, ma con un compromesso che, comunque si mettano le cose, prevederà una neutralità ucraina che dovrà essere garantita dai soliti Usa. I costi della garanzia saranno sostenibili solo se la Russia non sarà per un certo tempo in grado di cercare la rivincita. Sono fatti che non possono essere sfuggiti – almeno spero – alla Segreteria di Stato.

IL CHIERICHETTO KIRILL

Per quanto riguarda il «chierichetto Kirill», mi sembra che l’espressione sia stata usata dal Santo Padre per indurre Putin a non rispondere alla richiesta di colloquio o a rispondervi negativamente. Putin ha bisogno di Kirill e della Chiesa Ortodossa Russa molto di più di quanto possa trarre come beneficio dall’implicita offerta del Papa di destabilizzare, non tanto l’Occidente che non lo prende sul serio, ma l’Italia e la politica decisamente filoeuropea e filoatlantica del governo Draghi.

Per quanto riguarda l’importanza dell’Ortodossia, basta leggere il documento “La strategia di Sicurezza della Federazione Russa”, approvata da Putin lo scorso anno, in cui si sottolinea l’importanza del recupero dei valori tradizionali dell’Ortodossia per realizzare la “sovranità culturale” della Russia, senza la quale non è possibile neppure quella geopolitica. Putin non “scaricherà” mai Kirill. Pur di non offenderlo – ammesso e non concesso che gli ex-agenti del Kgb, come lo fu il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, possano offendersi – rinuncerà alla visita papale. In sostanza, a parte l’affermazione dei valori del Cattolicesimo, non vedo proprio a che cosa possa portare un colloquio fra Papa Francesco e il presidente Putin.

L’ambasciatore russo in Vaticano ha detto che l’incontro sarebbe interessante, anche perché permetterebbe al presidente russo di illustrare, in maniera dettagliata, le ragioni della “operazione militare speciale” in Ucraina.

La proposta di visita non è stata formalmente accettata e non ne sono stati definiti i dettagli. Certamente Putin cercherà di utilizzarla per la sua propaganda. Spero che il colloquio non si tenga. Sarebbe difficile a Papa Bergoglio sfuggire a qualche “scherzo” della propaganda del Cremlino, o evitare qualche imbarazzante incontro con Kirill. Il Papa eviterebbe strumentalizzazioni e brutte figure.

Il rischio non compensa i possibili benefici. Nel caso migliore, il Papa se ne tornerebbe in Vaticano “con le pive nel sacco”, come recentemente accaduto al segretario generale delle Nazioni unite, Guterres.


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