Vladimir Putin
2 minuti per la letturaCHE COSA ha veramente indotto Putin ad attaccare l’Ucraina? Quali sono i suoi obiettivi a lungo termine, ammesso ma non concesso, che possa “ritirarsi con onore”, senza perdere il potere, o vincere costituendo a Kiev un “regime fantoccio” filorusso, sufficientemente solido per potersi reggere da solo o con un supporto limitato – politico, economico e militare – del Cremlino? Una comprensione realistica delle motivazioni di Putin è essenziale per decidere la politica occidentale nel post-Ucraina, sia in caso di vittoria che di sconfitta del Cremlino.
Lasciamo da parte l’ipotesi che abbia attaccato per un colpo di follia, anche se la strategia seguita è stata fallimentare. Ad essa, si è aggiunta l’irrealistica minaccia della messa in stato d’allarme delle forze nucleari. I vertici militari russi rifiuterebbero di scatenare una guerra nucleare per la disperazione o il delirio d’onnipotenza del loro presidente.
Putin ha attaccato perché sopravvalutava le sue forze, mentre sottovalutava la volontà di resistenza ucraina e disprezzava l’Occidente, da cui di certo non si aspettava tanta unità e fermezza. Non credo che l’abbia fatto perché creda veramente alla minaccia della NATO, sebbene provi nei confronti dell’Alleanza un forte risentimento. Putin, come molti russi, non pensa che l’URSS sia stata sconfitta nella guerra fredda, ma che sia stata tradita. A Gorbaciov sarebbe stato promesso, per indurlo a ritirare l’Armata Rossa, che la NATO non si sarebbe estesa a Est. Invece l’ha fatto, trascurando le preoccupazioni di Mosca.
Non solo! La propaganda occidentale sarebbe stata all’origine del collasso dell’URSS. Da Stato Federale avrebbe dovuto trasformarsi in Confederazione (CSI). Il collasso dell’URSS, che, secondo Putin, è “la maggiore tragedia geopolitica del XX secolo”, deriverebbe dal fatto che l’Occidente non avrebbe tenuto conto degli interessi, della storia e della geografia della Russia. Essa non era mai stata uno Stato, ma sempre un impero, che doveva essere ricostituito prima che il declino demografico ed economico russo lo rendessero impossibile.
Le iniziative internazionali di Putin – dalla Georgia all’Armenia, dal Kazakistan alla Bielorussia – sono state volte a tale obiettivo, rifiutando l’attrazione dell’europeizzazione della Russia, di cui ha sempre esaltato l’identità eurasiatica. Con il tentativo di estendere tale programma neo-imperiale all’Ucraina, il “nodo” è venuto al pettine. Veniva coinvolto l’intero sistema di sicurezza europea post-guerra fredda. Gli è andata male. La sua blitzkrieg colta a un rapido e indolore “regime change” si è insabbiata.
Come riuscirà ad uscirne, senza umiliazioni, è difficile dire. Ammesso che negoziati siano possibili senza un preventivo ritiro di tutte le forze russe, l’Ucraina lo pretenderà certamente forse anche dalle province secessioniste del Donbas, se non anche dalla Crimea. Molti desiderano la sua completa umiliazione, per dissuaderlo d’impiegare la forza anche in futuro.
A parer mio, Putin non cederà. Mobiliterà tutte le risorse a sua disposizione. Quella che soffrirà sarà la Russia impegnata in una prolungata guerra territoriale. Tempi duri non solo per Putin, ma anche per i valorosi ucraini!
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