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A fine 2023 noi più 4,2% sopra i livelli pre-crisi, Francia +1,8, Regno Unito +1, Germania +0,1. Per il terzo anno i previsori sbagliano: la Francia diceva di fare lo 0,9 e fa lo 0,7, noi dati per spacciati facciamo quello che dovevano fare loro. La Spagna recupera di più, ma è 1 punto sotto l’Italia rispetto al pre-Covid. Spread BTp-Bund (138) ai minimi da due anni: i nostri risparmiatori e gli investitori globali comprano Italia. Che, come la Germania, ha un credito verso l’estero, mentre Spagna e Francia debiti al 90 e al 20% del Pil. Meritiamo un rendimento più basso del 3,71% che è sopra Spagna (3,18) e Grecia (3,31). Siamo noi la nuova locomotiva europea. I mercati ci credono, in casa meno e continuiamo a farci del male.

C’E’ UN solo dato che viene prima di tutti, ma si accettano scommesse sul fatto che sparirà dal dibattito della pubblica opinione televisivo e scritto. Con le nuove revisioni dell’Istat di ieri il Prodotto interno lordo (Pil) italiano alla fine del quarto trimestre 2023 si colloca a +4,2% sopra i livelli pre-crisi. Noi siamo a più 4,2%, la Francia è a +1,8%, il Regno Unito a +1%, la Germania immobile a +0,1%. Con le revisioni Istat di ieri, che confermano che tutti i previsori interni e internazionali per il terzo anno consecutivo hanno sbagliato tutto, abbiamo come Italia tre decimali in più relativi al 2022 e nel 2023 non abbiamo fatto lo 0,7% previsto con cui ci siamo stracciati le vesti ogni giorno, ma abbiamo già realizzato lo 0,9% che sicuramente sarà ulteriormente consolidato in sede di consuntivo finale.

In sintesi, al momento, sulla base delle revisioni di ieri e non di quelle ancora migliorative che arriveranno dopo, abbiamo fatto come Italia quello che diceva di avere fatto la Francia che ha invece fatto quello che tutti dicevano avremmo fatto noi come Italia. Inutile aggiungere che il nostro +0,9% di Pil contiene una crescita dei consumi dell’1,2% a dimostrazione di una fiducia persistente delle famiglie che è pari a più del doppio della crescita dei consumi francesi che fanno come Pil lo 0,7%, quindi ancora una volta meno di noi, grazie solo a supervendite straordinarie legate in senso lato a spese di carattere bellico.

Secondo questi signori previsori più o meno blasonati, dal Fondo monetario alle agenzie di rating fino all’Ocse, a metà anno l’Italia era spacciata e si preparava a ritornare ultima come è accaduto nei primi quindici anni del nuovo secolo. Rimaniamo invece i primi per crescita rispetto ai livelli pre-pandemici e anche la Spagna che recupera un po’ più di noi nel 2023 è ancora un punto di Pil secco sotto l’Italia. Questa è la realtà, il resto sono chiacchiere. Lo spread del BTp italiano nei confronti del Bund tedesco, notizia sempre di ieri, è ai minimi da due anni aiutato di sicuro dal successo dell’offerta di BTp valore con una domanda record da 19 miliardi a dimostrazione che resta un bacino significativo di risparmiatori italiani che scommettono sui nostri titoli sovrani e a conferma che gli investitori internazionali restano i secondi maggiori acquirenti di titoli pubblici del nostro Paese. Abbiamo un debito in discesa, ma molto alto, certo, e anche un deficit che ha fatto peggio delle previsioni, ma finché abbiamo una crescita che va bene e sono tutti convinti che con il Pnrr il primato italiano non potrà che consolidarsi, allora le cose continuano ad andare bene.

Il mondo continua a parlare italiano anche se noi ce ne vergogniamo e facciamo sempre di tutto per nascondere la realtà. È ovvio che se la crescita negli anni a venire dovesse scendere sotto il costo del debito con l’inflazione alta che se ne va che è di certo una iattura per tutto ma non per il debito in quanto aumenta il nominale, il quadro a quel punto potrebbe cambiare. Tutto, però, in modo chiaro e concorde, spinge in senso contrario.

Diciamolo con franchezza. Al posto di ripetere ossessivamente le nostre debolezze che ormai conoscono anche i bambini delle elementari, sarebbe forse più giusto sottolineare che nessuno tra i grandi Paesi europei ha la ricchezza privata che abbiamo noi, perché hanno un debito pubblico inferiore al nostro ma anche debiti privati infinitamente più alti dei nostri, e che dopo la Germania siamo gli unici ad avere una posizione finanziaria netta positiva con l’estero. Nel giorno in cui lo spread italiano scende ai minimi da due anni, con un rendimento del decennale che cala fino al 3,71%, invece di inventarsi che siamo il fanalino di coda sarebbe giusto sottolineare che questo valore di rendimento, come quello tedesco, non fanno giustizia della realtà della situazione economica dei due Paesi anche in termini di solvibilità e affidabilità. Perché non ci può essere un rischio finanziario reale con una posizione finanziaria netta sull’estero così positiva. È vero che la Germania ha un problema serio della sua economia, ormai chiaramente strutturale, legato alla caduta del doppio cordone ombelicale per le materie prime vecchie e nuove con Russia e Cina, ma preserva un credito altissimo verso l’estero che è pari al 70/80% del suo Pil e, se è pur vero che ha un’inflazione più alta della nostra, il rendimento che paga non sta in piedi.

Che cosa dire, poi, dell’Italia che è l’unica in Europa, appunto con la Germania, ad avere una posizione di credito verso l’estero pari al 5% del suo Pil e che, grazie alle sue multinazionali tascabili, sta sfruttando meglio di tutti il nuovo mercato globale nonostante il rallentamento delle esportazioni legato al contesto geopolitico delle due grandi guerre sempre più estese e intrecciate tra di loro? Come si fa a chiedere questo rendimento all’Italia e molto meno alla Spagna che ha una posizione finanziaria netta negativa pari al 90% del Pil e alla stessa Francia che ugualmente non ha crediti verso l’estero, come noi, ma debiti pari al 20% del Pil e non ha neppure un Pnrr da spendere così rilevante come è quello italiano? Non ha senso che anche ieri, giorno di successo di mercato per l’Italia, il rendimento del nostro decennale è al 3,71%, la Germania al 2,32, Spagna al 3,18 e Grecia al 3,31. Come spread con il Bund tedesco noi abbiamo chiuso a 138, Spagna 85, Portogallo 65, Grecia 99. Facciamola finita di piangerci addosso e chiediamo piuttosto noi l’operazione verità documentando e spiegando. I mercati hanno cominciato a capire, aiutiamoli a capire meglio. Nel frattempo rimbocchiamoci le maniche tutti insieme per mettere a frutto l’opportunità storica che stiamo già enormemente sfruttando, parola di Gentiloni, che ci è offerta dai fondi europei (Pnrr e coesione & sviluppo) e dalla nuova globalizzazione-logistica. La prima ci ha consegnato una dote più ricca degli altri.

La seconda fa del Mezzogiorno italiano il primo dei Sud del nuovo mondo perché il più sicuro e integrato con l’Unione europea. Siamo il ponte naturale dell’Europa con il Mediterraneo e il candidato prescelto da geografia e storia per guidare il nuovo grande hub energetico che è la base di un nuovo processo di sviluppo industriale che unisce i Nord e i Sud del mondo. Siamo noi la nuova locomotiva di cui l’Europa ha bisogno. Gli investitori globali lo hanno capito, e i mercati ce lo confermano, in casa lo abbiamo capito molto meno e continuiamo a farci del male. Così è se vi pare, disse Pirandello. Che vuol dire che così è, anche se non vi pare.


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