L'intervento di Sergio Mattarella al Festival delle Regioni e delle province autonome
6 minuti per la letturaCon polemiche inutili e allarmismi ingiustificati siamo all’autolesionismo. Che non riguarda né la premier Meloni né ministri come Giorgetti e Fitto che non fanno altro che ripetere che gli obiettivi di riforma e di investimenti saranno centrati, che gli aggiustamenti si stanno facendo, che si andrà avanti più spediti. Loro sono fuori dal fumo e dentro i problemi che esistono e vanno affrontati. La diga di Mattarella aiuta a capire che sul Pnrr si gioca il salvataggio del Paese e che, se andiamo a fondo qui, su Recovery energetico, investimenti e debito comune in Europa non entriamo neppure in partita. La Francia non la Germania è la nostra alleata. Perché la seconda gioca con l’Olanda in un’altra squadra. Draghi ha consegnato 29 obiettivi raggiunti, oggi sono 30 e l’unica cosa che verificherà la task force è quanti di nuovi sono stati raggiunti o quanto manca e la volontà che si ha per conseguirli. Nessuno vuole spaccare il capello delle responsabilità. Questo Giorgia Meloni lo sa e la diga di Mattarella serve a evitare che il fiume del nulla tracimi buttando giù gli argini. Siamo l’economia che va meglio di tutte le altre in Europa e faremmo bene a ricordarcelo non sprecando un metodo di lavoro che ha dato risultati in casa e fuori. Innovare ciò che è giusto e discontinuità politica non sono in discussione, ma ora servono i risultati. Valgono solo quelli
SERGIO Mattarella sa che non si scherza con il futuro e non può essere buttato via tutto ciò che si è accumulato con Draghi in termini di credibilità del Paese. Mattarella è sempre di più l’uomo che si fa carico della nazione sopra i partiti. Che vuol dire richiamare tutti a onorare gli impegni assunti con l’Europa nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) e tenere sempre insieme solidarietà, perequazione dei diritti di cittadinanza e autonomia differenziata. Garantire, cioè, la coesione e la crescita del Paese creando un ponte di sviluppo e di equità tra presente e futuro fatto di investimenti e di riequilibrio nella spesa a favore di chi ingiustificatamente riceve meno.
Il messaggio del Capo dello Stato è rivolto al governo e, più precisamente, alla cacofonia della sua maggioranza, ma anche a chi fa opposizione senza mai farsi carico delle ragioni sistemiche del Paese per cui si può arrivare a segare l’albero su cui sono seduti tutti senza nemmeno rendersene conto. Secondo menti raffinate della politica italiana la ragione vera di tutte queste critiche al Pnrr è quella di alzare un polverone mediatico allarmistico che serve a creare una cintura di sicurezza intorno a Giorgia Meloni. Come dire: state calmi, non si può fare altro, questo è il percorso che dobbiamo percorrere; quasi una mossa che potremmo definire preventiva contro “i matti”. Un modo concreto per evitare che chi non capisce la delicatezza della partita in gioco – 120 miliardi di opere pubbliche che valgono 10 punti di Pil e un filo di alleanze strategiche in Europa che non può essere spezzato su energia, debito e investimenti – continui a dire bufale che possono fare molto male. Bisogna che chi può nuocere, senza neppure accorgersene, sia messo nelle condizioni di tacere. Perché la ricreazione è finita. Perché non si può giocare con l’eurosistema delle banche centrali e con le autorità indipendenti. Né con gli impegni da trasformare in atti operativi che riguardano le riforme di struttura e la capacità di aprire i cantieri concordati in Europa. Perché Mattarella ha le informazioni giuste, non quelle lobbistiche che sentono i partiti. Per cui anche se di suo non gli piacerebbe fare l’interventista, è costretto a farlo perché questo governo ha una base che scricchiola con due partiti deboli che vedono contrarsi i loro consensi, Forza Italia e Lega, e la vecchia struttura di partito di Fratelli d’Italia che si vede messa all’angolo dalla nuova impostazione di Giorgia Meloni della Destra che attua un moderno conservatorismo.
Questi uomini che sono il frutto di una cosa messa lì in mezzo tra quelle radici e un oggi che è un’altra cosa sono a disagio. Non c’è nulla di nuovo perché è il solito terrore che assale il funzionariato politico quando dalle logiche di partito si passa alla logica di governo. È accaduto con la Dc e con lo stesso Pci nel governo dei territori. Perché sei costretto a reclutare pezzi della classe dirigente e lo fai a scapito di chi ha spinto la barca quando non c’era nessuno che voleva salire a bordo, ma ora che sei tu che governi hai bisogno delle persone che servono per governare e guai se non le cerchi o te ne privi. Ecco perché oggi più che mai è necessaria unità di intenti per onorare gli impegni europei e non si può neppure parlare di autonomia differenziata se prima non si fa la perequazione. Ecco perché sarebbe sbagliato dire che Mattarella fa supplenza politica perché il governo è nato a tempi di record, ha fatto una manovra in pochi giorni che non ha creato sconquassi sui mercati e la Meloni evita sempre semplificazioni strumentali ricordando correttamente che la Banca d’Italia ha promosso il grosso della manovra, ma è altrettanto vero che Mattarella esercita un’opera di paternità politica molto più forte di quella che mediamente esercita perché c’è una cacofonia di fondo che continua a ripetere che il Pnrr va riscritto, che serve più tempo, che bisogna rinegoziare ciò che tutti rinegoziano in Europa (il rincaro delle materie prime) ma viene presentato come qualcosa di apodittico che riguarda solo noi soprattutto da quei ministri che non rinunciano a fare un’intervista al giorno.
Siamo all’autolesionismo puro. Che non riguarda, peraltro, minimamente né la premier Meloni né ministri come Giorgetti e Fitto che non fanno altro che ripetere che gli obiettivi di riforma e di investimenti saranno centrati, che gli aggiustamenti si stanno facendo, ma che si andrà avanti ancora più spediti. Loro sono fuori dal fumo e dentro i problemi che esistono e vanno affrontati. La diga di Mattarella aiuta a capire che sul Pnrr si gioca il salvataggio del Paese e che, se andiamo a fondo qui, su Recovery energetico, investimenti e debito comune in Europa non entriamo neppure in partita. La Francia, non la Germania, è la nostra alleata. Perché la seconda gioca con l’Olanda in un’altra squadra. Capiremo meglio al prossimo Consiglio europeo, ma fare polemiche inutili con l’eurosistema non aiuta, perché Banca d’Italia è parte della Bce, così come per il Pnrr varranno i risultati.
Draghi ha consegnato 29 obiettivi raggiunti, oggi sono 30 e l’unica cosa che andrà a verificare la task force è quanti di nuovi sono stati raggiunti o quanto manca ancora e la volontà che si ha per conseguirli. Non ha alcun interesse a spaccare il capello delle responsabilità. Questo Giorgia Meloni lo sa e la diga di Mattarella serve a evitare che il fiume del nulla tracimi buttando giù gli argini. Non si può permettere che le tensioni nel governo e la paura di rispondere di qualcosa crei una nube che avvolge il Paese indebolendone la sua leadership. Siamo ancora l’economia che va meglio di tutte le altre in Europa e faremmo bene a ricordarcelo non sprecando un metodo di lavoro che ha dato risultati in casa e fuori. Innovare ciò che è giusto e discontinuità politica non sono in discussione, ma ora servono i risultati. Valgono solo quelli.
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