Il presidente del Consiglio Mario Draghi
6 minuti per la letturaOggi è in voga un semplicismo miope, oltre che biecamente interessato, di chi sostiene che senza i Cinque Stelle e grazie all’appoggio del nuovo gruppo di Di Maio, il governo Draghi può andare avanti, ma non è vero o, perlomeno, non è così nella situazione data. Perché in questo modo trasformi un governo di tregua o di unità nazionale che ha ricevuto da Mattarella un preciso mandato che sta egregiamente assolvendo in un governo politico. Che implicherebbe che quella opzione politica diventi poi un’opzione elettorale. Cosa che non puoi fare perché non puoi andare con Pd e Lega insieme al voto e, quindi, persegui lo sfascio senza volertene nemmeno assumere la responsabilità. Anche uno studente iscritto al primo anno di giurisprudenza che segue le lezioni di diritto costituzionale capisce che l’alternativa di oggi è tra un governo di unità nazionale che tiene la barra dritta con la legge di bilancio, fronteggia le pesanti emergenze economiche legate alle crisi pandemica e bellica e adempie in toto al mandato ricevuto di attuare il Piano nazionale di ripresa e di resilienza e di fare le riforme di sistema o andare alle elezioni con cinque mesi di interregno che sono una catastrofe per il Paese. Questa verità elementare, come quella di bruciare un capitale di fiducia e di credibilità che fa oggi dell’Italia l’economia dell’Eurozona che cresce di più, va detta al Paese. Di questo, però, nei talk show dove è abolita anche la conoscenza elementare del diritto costituzionale non si parla. Domina il rumore che porta il Paese alla rovina, ma il rumore è così assordante che non è facile neppure capirlo
C’E’ UN ricercatore di valore, Andrea Spiri, che ha pubblicato per i tipi di Baldini & Castoldi (“The end 1992-1994”) i rapporti della ambasciata di Roma e del consolato di Milano americani che raccontano la rivolta del popolo contro un sistema corrotto italiano che ha l’epicentro in Tangentopoli nel ’92 e si sviluppa anche dopo in un intreccio in cui si avvolgono l’eroismo dei giudici milanesi e gli attentati mafiosi a Falcone e Borsellino, la strage di via dei Georgofili a Firenze e quella di via Palestro a Milano.
Emerge da questo racconto documentatissimo il peso di un giudizio senza appello della comunità americana sul sistema italiano di fatto condannato in blocco, nessuno escluso, e si segnala la caduta di immagine internazionale conseguente che produce un danno economico senza precedenti per il sistema Paese italiano arrivato peraltro sull’orlo del baratro con la sua prima grande crisi interna legata al debito pubblico e alla corsa senza freni dell’inflazione. Un danno economico senza precedenti, mai calcolato seriamente, che, di fatto, ha ipotecato il futuro di almeno una generazione di italiani. La credibilità internazionale di quella classe dirigente americana presente allora in Italia, a partire dal suo ambasciatore, ha influito non poco sul sentiment della finanza globale e degli investitori sull’Italia. Ci volle un incontro tra Ciampi e Clinton perché il racconto americano dell’Italia cominciasse a cambiare nulla togliendo, anzi sempre più condannando, gli obbrobri da tutti i punti di vista realmente avvenuti, ma preservando e valorizzando il valore di un sistema produttivo in tutti i campi di grande dinamismo e vitalità coniugato con una capacità di fare quadrato delle istituzioni davanti alle emergenze e di ricostruzione del tessuto civile e sociale che ebbe intorno alla nuova politica dei redditi uno dei suoi pilastri fondanti.
Questa fu la grande virtù politica di un governo a guida tecnica che si fece carico con successo del mandato ricevuto dal Capo dello Stato dell’epoca. Mi è sembrato giusto in una fase come questa ricordare la caduta di immagine e i danni che ne derivarono al Paese dal racconto internazionale che ne scaturì e, cosa ancora più importante, come se ne venne fuori. Perché oggi è in voga un semplicismo miope, oltre che biecamente interessato, di chi sostiene che senza i Cinque Stelle e grazie all’appoggio del nuovo gruppo di Di Maio, il governo Draghi può comunque andare avanti, ma non è vero o, perlomeno, non è così nella situazione data. Perché in questo modo trasformi un governo di tregua o di unità nazionale che ha ricevuto da Mattarella, come allora Ciampi in un’altra situazione di contesto istituzionale, un preciso mandato che sta egregiamente assolvendo, in un governo politico. Che inevitabilmente implicherebbe che quella opzione politica diventi poi un’opzione elettorale.
Cosa che non puoi fare perché non puoi andare con Pd e Lega insieme al voto e, quindi, stai parlando in malafede del nulla e persegui lo sfascio senza volertene nemmeno assumere la responsabilità. Anche uno studente iscritto al primo anno di giurisprudenza che segue le lezioni di diritto costituzionale capisce che l’alternativa di oggi è tra un governo di unità nazionale che tiene la barra dritta con la legge di bilancio, fronteggia le pesanti emergenze economiche legate alla crisi pandemica e bellica e adempie in toto al mandato ricevuto di attuare bene il Piano nazionale di ripresa e di resilienza e di fare bene le riforme di sistema o andare alle elezioni con cinque mesi di interregno che sono una catastrofe per il Paese.
Anche questa verità elementare, come quella di bruciare un capitale di fiducia e di credibilità che fa oggi dell’Italia l’economia dell’Eurozona che cresce di più, va detta al Paese. Perché per sciogliere le Camere e per indire le elezioni non passano meno di tre mesi. Poi ci vogliono un mese per insediare il nuovo Parlamento e un altro mese per fare il governo. Cinque mesi di sospensione segnati peraltro di sicuro nei primi tre e presumibilmente anche dopo da uno scontro politico permanente utilizzando ogni forma di demagogia nel pieno di una guerra lunga nel cuore dell’Europa mentre si è alle prese con il mostro dell’inflazione e il Covid che riemerge, significa ridurre il tasso di fiducia che ci sta regalando il miracolo economico italiano non a zero, ma sotto zero, e questo conto salatissimo lo pagano tutti gli italiani.
Questo proprio non possiamo consentircelo e questo va detto con chiarezza alla gente. Noi abbiamo bisogno di arrivare alla fine della legislatura per mettere a terra più riforme e più investimenti possibili, più consumi possibili, più esportazioni possibili. Più normalità possibile che ci permetta di uscire dall’incubo della incertezza. Ci sarebbe, forse, anche il tempo per fare una riforma elettorale che consenta il ritorno a un sistema proporzionale perché è necessario nella situazione data ed è quello che pensano tutte le persone razionali. Non ha più senso un sistema elettorale che costringe a coalizioni farlocche se non a vere e proprie ammucchiate perché questo si traduce puntualmente in ingovernabilità.
Il sistema maggioritario funziona nei Comuni perché parliamo di una istituzione monocratica per cui quando voti puoi votare direttamente il sindaco che ti amministrerà. Quando voti alle elezioni politiche voti per il Parlamento non per il Presidente del Consiglio. Quello che viene eletto in questo o quel collegio diventa una rotella in un meccanismo dove ce ne sono altre centinaia. Il proporzionale consente almeno alla gente di avere la possibilità di scegliere una rotella che va in una certa direzione e può funzionare per fare qualcosa. Di questo, però, nei talk show dove è abolita anche la conoscenza elementare del diritto costituzionale non si parla. Domina il rumore che porta il Paese alla rovina, ma il rumore è così assordante che non è facile neppure capirlo.
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