Bandiere a Palazzo Chigi
9 minuti per la letturaQuello che nessuno dice è che a settembre avremo un governo per il disbrigo degli affari correnti guidato da Mario Draghi sotto il doppio ricatto del picco della demagogia della campagna elettorale e del picco della gravità globale della situazione economica. Vivremo in diretta il momento peggiore dei partiti che per prendere un voto impazziranno proprio quando ci sarebbe bisogno di un governo che decide forte del loro apporto. Rischiamo di affrontare l’inverno nella peggiore condizione politica possibile grazie alla miopia irresponsabile di chi ha deciso di fare saltare il governo Draghi. Perché affrontare le elezioni in primavera prossima sarebbe stato tutto un altro scenario. È evidente che se il resto del mondo va male anche per un Paese esportatore come quello italiano sono dolori. Parità dollaro euro, gas alle stelle, Fed e Bce con le penne del falco fanno già perdere oggi alla borsa italiana più delle altre e fanno già ballare spread e rendimenti
Abbiamo assistito a una lotta tra i professionisti della politica ai massimi livelli e alla caccia di gente che potesse fare spettacolo scegliendo tra i volti della tv anche quando si tratta di cercare uomini di economia che spesso non sono gli economisti o gente capace di risolvere i problemi. Abbiamo catapultato da un territorio all’altro donne e uomini di ogni rango e esperienza mettendo a durissima prova il rapporto di fiducia con le comunità di cittadini-elettori. Siamo scivolati nella ricerca di giovani bandierina salvo scoprire che non erano quelli che pensavamo che fossero. Sorvolando con leggerezza sul fatto che attuare una politica per i giovani significa adottare politiche che creino per loro percorsi di crescita professionale e di soddisfazione economica, non chiedere loro di svolgere ruoli parlamentari dove è richiesto un minimo sperimentato di cursus honorum per essere all’altezza del compito.
Questa è stata la caccia al candidato della più masochista delle campagne elettorali del finto bipolarismo italiano che costringe a fare la legna con quello che c’è ma incendia da tempo ogni progetto Paese compiuto. A botta quotidiana di quota 41 che superi la legge Fornero per le pensioni facendo saltare la clausola di salvaguardia del nostro debito pubblico e del futuro dei nostri giovani o di flat tax al 23 o al 15% che differenza fa visto che abbiamo in partenza 40 miliardi da trovare e promettiamo di regalarne almeno 100! Per non parlare dell’ultima idea del tetto nazionale al prezzo del gas che è volato poco sotto i 300 euro a megawattora nei cieli predatori russi lasciati liberi dall’inerzia europea, ma che se si vuole fare credere di potere risolvere il problema in casa diventa l’ultimo tributo alla propaganda elettorale. Perché questo tetto nazionale è il modo migliore non per fare scendere il prezzo a megawattora del fornitore Putin, ma per fare sparire del tutto le forniture all’Italia cosicché le aziende non vanno più a singhiozzo causa caro energia ma chiudono subito direttamente. Non siamo la Spagna e non abbiamo il suo circuito chiuso anche perché da noi fare un rigassificatore è quasi come andare su Marte. Siamo al festival dell’attenzione elettorale ai problemi che è proprio quello che l’Italia non si può più permettere.
Stiamo andando incontro a una stagione difficilissima nelle condizioni peggiori ed è giusto che gli elettori si ricordino di chi ci ha buttato in questo angolo per un delirio miope di potere da sondaggi e di irresponsabilità diffusa. Così come da respingere è il messaggio subliminale che viene da queste candidature per cui non è importante che i parlamentari capiscano qualcosa perché devono solo premere un pulsante secondo quello che si decide altrove. Il Paese ha bisogno di personalità politiche che si impongono in casa e fuori e di persone competenti che sanno fare le cose.
Alla Chiesa viene da dire che è vero che il voto non si orienta più, ma anche che non è ancora riuscita nel compito di orientare le coscienze.
Facciamola breve. Perché non si riesce a promuovere dei leader che riescano a stare sulla scena senza sbandamenti dichiarando semplicemente la verità. Perché quello che nessuno dice è che a settembre avremo un governo per il disbrigo degli affari correnti guidato da Mario Draghi sotto il doppio ricatto del picco della demagogia della campagna elettorale e del picco della gravità globale della situazione economica. Vivremo in diretta il momento peggiore dei partiti che per prendere un voto impazziranno proprio quando ci sarebbe bisogno di un governo che decide forte del loro apporto. Rischiamo di avere quando uscirà il risultato elettorale sia se vince nettamente il centrodestra sia se vince di misura causa exploit a sorpresa del nuovo centro, un momento di panico serio.
Rischiamo di avere, abbiamo il dovere di dirlo, due mesi clou nel caos più totale per arrivare ben che vada alla fine di ottobre per la svolta cruciale. Rischiamo di affrontare l’inverno nella peggiore condizione politica possibile grazie alla miopia irresponsabile di chi ha deciso di fare saltare il governo Draghi. Perché affrontare le elezioni in primavera prossima sarebbe stato tutto un altro scenario in quanto il peggio bene o male sarebbe stato affrontato. Invece no, ci piace il racconto della catastrofe e lavoriamo perché arrivi. Continuiamo a raccontare che faremo l’inverno al freddo sottovalutando che siamo l’unico paese che è riuscito a mettere in cascina una gran parte delle riserve per la semplice ragione che nessuno riesce o vuole valorizzare il fatto che governare si può, ovviamente se si lascia che ci sia qualcuno capace di governare.
Che l’inflazione in Italia sia all’8% e in Europa al 10% non è roba da sottovalutare in un quadro di estrema problematicità, ma anche questo dato viene assorbito nel calderone elettorale del catastrofismo a ogni costo. Che il Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) abbia centrato tutti i target e, soprattutto, sia stato messo in sicurezza attraverso una nuova governance centralizzata con nuovi superpoteri nei rapporti con le magistrature amministrative, subentri a livello centrale quando emergono le inefficienze territoriali e monitoraggio in tempo reale della Ragioneria generale dello Stato, si fa fatica a sentirlo dire mentre è un florilegio di dichiarazioni per ridiscutere tutto e fare perdere all’Italia l’ultimo treno disponibile per uscire dal ventennio della stagnazione e fare correre il Paese a un ritmo di crescita di quasi 10 punti di prodotto interno lordo (Pil) in diciotto mesi.
Dico queste cose semplicemente perché la situazione internazionale è davvero gravissima e può fare davvero saltare interi settori energivori italiani, dalle cartiere alla siderurgia fino alla ceramica, di modo che non c’era proprio alcun motivo per cominciare a farsi del male da soli mentre andavamo meglio di tutti e continuare a farsi del male ora sottovalutando o omettendo tutto quello che di buono è stato fatto. Dico queste cose perché molte delle situazioni complesse che abbiamo davanti necessitano in modo ineludibile di una risposta europea e la carta italiana migliore che avevamo da spendere in Europa e nel mondo per risolvere quei problemi noi, non gli altri, abbiamo deciso di toglierla dal tavolo da gioco. Per essere chiari fino in fondo già oggi, ma ancora di più dal primo di ottobre l’ordine di grandezza del problema energetico per le imprese e le famiglie italiane è spaventoso e indicibile.
Siamo davanti a un guaio serio che impone razionamento per limitare l’impatto in casa e un confronto duro con olandesi e norvegesi. Siamo allo strozzinaggio e tutto quello che sta accadendo con i 292 euro a megawattora pretende a livello europeo di entrare “manu militari” dentro lo stato olandese perché ogni speculazione come tutte le vergogne ha un limite e di affrontare a viso scoperto lo stato norvegese perché è uno dei più grandi fornitori al mondo e il secondo europeo in assoluto. Non si può più scherzare con la proposta Draghi di un tetto massimo europeo, questo sì fattibile perché si tratta del compratore non sostituibile di 170 dei 210 miliardi di megawattora russi, anche perché bisogna agire prima che salgano oltre ogni misura le ingordigie algerine.
L’Eni conosce bene questi meccanismi e sotto la spinta del governo Draghi rispettato da tutti ha ottenuto risultati importanti. Chiunque uscirà vincitore dalle urne, a partire dalla candidata favorita che è la Meloni e il suo schieramento, dovrà muoversi lungo questo solco ben tracciato evitando di fare nuovi scostamenti di bilancio e di dare soldi a tutti tanto il debito lo pagano i giovani perché questo vuol dire cancellare il futuro del Paese e perché gli interessi di tutte queste regalie li paghiamo già noi a settembre e ottobre con lo spread che è già ripreso a salire sopra i 230 punti e i rendimenti decennali ritornati al 3,6%.
Parliamoci chiaro, i mercati ci hanno già rimesso sotto osservazione. Perché la politica monetaria americana non guarda in faccia nessuno per combattere l’inflazione e la recessione è già imbarcata. Perché l’Europa con la Bce sembra volere fare altrettanto e, soprattutto, è stato chiarito in tutte le salse che agirà contro il rischio frammentazione di modo che un Paese più indebitato come l’Italia non paghi un eccesso di prezzo a causa della speculazione e produca disallineamento nella trasmissione della politica monetaria, ma non interverrà per pagare la spesa pubblica allegra italiana o finanziare nuovi scostamenti elettorali.
Sono sentieri stretti dai quali non si può uscire nemmeno di un millimetro perché viviamo in una sovranità condivisa e i patti vanno rispettati. Servono autorevolezza nel mondo e realismo in casa, queste sono le sfide che la politica ha davanti a sé nel governo del Paese. Gli osservatori internazionali saranno anche più severi perché hanno visto che con il governo Draghi centrare questi obiettivi è stato possibile. Il quadro dell’economia mondiale volge al peggio e bisogna tenerne conto. La Bundesbank parla di inflazione in Germania al 10%, due punti secchi in più dell’Italia e di recessione certa. L’Inghilterra sta messa peggio. La Cina non è solo indebolita dalle politiche di Covid zero ma da una diminuzione reale nella partecipazione agli scambi globali. Degli Stati Uniti abbiamo già detto.
È evidente che se il resto del mondo va male anche per un Paese esportatore come quello italiano sono dolori. Parità dollaro euro, gas alle stelle, Fed e Bce con le penne del falco fanno già perdere oggi alla borsa italiana più delle altre e fanno già ballare spread e rendimenti. Bisogna assolutamente evitare che le ragioni di fondo dell’economia italiana migliori di quelle spagnole, solo per fare un esempio, non debbano soccombere ai giochi dei mercati sul rischio politico perché è un prezzo che non meritiamo e che non ci possiamo più consentire di pagare.
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