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Chi si vuole candidare con serietà a governare questo Paese parli in modo credibile di debito pubblico e di crescita, della manovra d’autunno da 40 miliardi che va fatta senza rinunciare a una politica espansiva avendo contro l’economia mondiale e la politica monetaria anti-inflazione. Parli di come fare per attuare il Piano nazionale di ripresa e di resilienza, prendendo impegni sull’accettazione della nuova governance e sulla capacità esecutiva a livello di soggetti attuatori. Dicano i partiti come intendono fare funzionare la macchina pubblica degli investimenti, si sporchino le mani facendo assunzioni di responsabilità sulla politica energetica e sul posizionamento geopolitico italiano squarciando il velo delle ambiguità. La lezione di stile e di sostanza di Amendola che accetta la candidatura di servizio a Napoli ci dice che anche i partiti più europeisti hanno molta strada da fare per tutelare la credibilità internazionale del loro Paese

Abbiamo detto dal primo momento che consideriamo queste elezioni politiche come quelle del ’48. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo perché riteniamo che la vera posta in gioco sia la tutela della credibilità internazionale del Paese ritrovata con l’esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi e di un metodo di governo sperimentato che bandisce la demagogia e si misura con i problemi. Che non vuol dire affatto che li risolve tutti ma che persegue la soluzione possibile con il massimo di concretezza possibile. O, se volete, il credito internazionale che rimuove i vincoli interni alla crescita e restituisce all’Italia sia il rango di Paese Fondatore in Europa sia un ruolo di leadership nella costruzione del nuovo ordine mondiale post-bellico.

Sono tutti risultati straordinari coniugati sul piano interno con un processo riformatore compiuto che tocca i gangli vitali dai quali dipende il sistema cerebrale del Paese e la costruzione del futuro delle nuove generazioni. Come sono la pubblica amministrazione, la scuola, la giustizia e, di conseguenza, la capacità di rimettere in moto la macchina degli investimenti pubblici e privati e, ancora di più, la capacità di attrarre capitali internazionali in fuga dai Paesi emergenti alla ricerca di una destinazione italiana più “corta” e sicura come è quella del Mezzogiorno e delle regioni meglio attrezzate a più elevato tasso di industrializzazione.

Se questo è l’antefatto, è puro masochismo avere bloccato tutto senza rispettare la scadenza naturale della legislatura, ma è addirittura intollerabile che in un quadro geopolitico segnato dalla guerra in Ucraina che non si ferma, da nuove preoccupanti tensioni in Estremo Oriente, nel pieno di una crisi globale energetica, inflazionistica, recessiva mondiale, quegli stessi partiti  proseguano sulla strada del masochismo dando vita a una campagna elettorale dove si butta tutto in caciara e si impedisce qualsiasi riflessione seria sul futuro.

In tutte le campagne elettorali, parliamoci chiaro, c’è una quota di demagogia, ma una cosa è se c’è una quota del 5% e un’altra è se il 95% di tutto è demagogia pura. Perché, in questo caso, non prepari il Paese ad affrontare i problemi che avrà davanti dal 26 settembre. Problemi enormi, sottaciuti o in modo miope dimenticati, che richiedono coesione sociale. Che si costruisce in generale e va costruita in particolare, a prescindere da chi vince e da chi perde. Ognuno ci mette la sua spruzzata di colore, ma sotto di essa oggi non c’è niente. Assistiamo solo a una grande, diffusa spruzzata di colore sull’aria imputridita della battaglia politica che coinvolge tutto, non su qualche cosa che serve, che ci sta sotto e che resta. Non per dare una tonalità a qualche cosa di concreto, ma per fare delle nuvolette velenose che girano nel cielo.

Problemi sacrosanti della giustizia, arrivati a un punto terminale mediatico-politico nonostante il valore assoluto della gran parte dei magistrati giudicanti, già incanalati dentro un processo riformatore compiuto, sono improvvisamente ridotti a un teatrino elettorale di venti anni fa che ha aggravato, non risolto, i problemi legati alla grande anomalia italiana. I temi vitali dell’energia hanno visto l’Italia fare molto meglio di Francia e Germania nella diversificazione post Putin degli approvvigionamenti, ma si prepara un autunno che può portare il razionamento e ci si misura con un’Europa che non ha fatto l’unica cosa seria che poteva fare. Non ha deciso di porre un tetto al prezzo massimo del gas e un nuovo schema per fissare quello elettrico suggeriti peraltro proprio da Draghi che ha il vizio di guardare un po’ più avanti degli altri.

Di fronte a una così elevata complessità i partiti   populisti e neo populisti hanno colpevolmente indebolito a livello europeo il premier italiano oggi in carica per il disbrigo degli affari correnti e trattano questi temi delicatissimi per famiglie e imprese con una logica di propaganda declinata secondo le singole convenienze. Parlano di quanto è bello avere l’energia dal vento e dal mare senza mai dire bene come si fa, dove, con chi e, soprattutto, come rimuovere i vincoli burocratici che impediscono gli investimenti di energia nuova e vecchia di cui abbiamo bisogno per non chiudere le fabbriche e restare al freddo in casa.

Senza mai dire che Putin ti dà il 20% del gas che ti serve e te lo fa pagare 20 volte di più, perché semplicemente dirlo può impedire i giochetti sul nuovo, obbligato, posizionamento internazionale e significherebbe doversi impegnare in pubblico a sostenere la proposta Draghi. Anche se senza di lui vale in partenza meno della metà. Oppure significherebbe ricordare a tutti che sul posizionamento geopolitico non si scherza e magari fare tornare alla mente l’incidente dell’Italia nella vicenda dei marò   in India dove uomini della destra oggi molto in voga e molto ascoltati esposero l’Italia a una delle peggiori figuracce internazionali. Perché un Paese che non onora gli impegni assunti è un Paese morto nella sua credibilità e furono altri italiani a tirarci fuori dall’impaccio in cui ci eravamo messi con le nostre stesse mani.

Chi si vuole candidare con serietà a governare questo Paese parli in modo credibile di debito pubblico e di crescita, della manovra d’autunno da 40 miliardi che dobbiamo fare senza rinunciare a una politica espansiva avendo contro l’economia mondiale e la politica monetaria anti-inflazione. Parli di come fare per attuare il Piano nazionale di ripresa e di resilienza, prendendo impegni pubblici sull’accettazione della nuova governance e sulla volontà di implementarne capacità esecutiva a livello di soggetti attuatori quali sono i Ministeri e i Comuni.  Dicano i partiti come intendono davvero fare funzionare la macchina pubblica degli investimenti, si sporchino le mani facendo assunzioni pubbliche di responsabilità sulla politica energetica e sul posizionamento geopolitico italiano a livello internazionale squarciando il velo delle ambiguità. Tutto il resto, credetemi, oltre ad essere un brutto spettacolo già visto mille volte, è chiacchiera pura. A volte molesta. A volte pericolosa. Di sicuro mai utile. Ci avete prodotto un danno certo, risparmiateci almeno la beffa.

P. S. Enzo Amendola dà ancora una volta una lezione di stile e di sostanza accettando la candidatura di servizio offertagli dal Pd spendendosi fino all’ultimo in difesa di Napoli e di un’idea di Europa che sono una cosa sola. Non vogliamo ripeterci, ma tutelare la credibilità internazionale di un Paese significa anche non sbagliare l’ordine delle candidature.


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