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Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto con la premier Giorgia Meloni

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Il merito più grande di questo governo è il coraggio politico del ministro Fitto di avere detto con chiarezza che il sistema frazionato e i risultati di spesa delle Regioni sono il problema italiano e va affrontato oggi per evitare di fallire domani. Lo spread è stabilmente basso. Non solo non c’è rischio Italia, ma corsa a comprare. Il rendimento è alzato dalla crescita dei tassi e dalla propaganda interna, ma gli investitori sanno che il rischio è basso perché l’economia è fortissima e, quindi, comprano. Ministeri e Regioni collaborino per fare correre la macchina della responsabilizzazione. Gli sciacalli del dibattito malato italiano si vergognino. Purtroppo, però, non solo non proveranno rossore, ma continueranno a fare danni. Per fortuna nel mondo cominciano a conoscerli e aumenta di giorno in giorno chi ride di loro. Di loro, non dell’Italia.

OGGI molti titoleranno che la Borsa italiana va peggio di tutte, dicendo peraltro la verità, e neofiti che si auto accreditano come esperti dell’informazione economico-finanziaria continueranno a parlare di rischio Italia applicando le regole della politica retroscenista invece di quelle dovute, molto rigorose, che riguardano le performance della sua economia, il tasso complessivo di indebitamento che cumula pubblico e privato, e la stabilità politica di chi lo governa. Gli andamenti dei mercati azionari di ieri sono tutti legati alla storia questa sì dirimente del debito pubblico americano e alla difficoltà della prima potenza economica mondiale di trovare un accordo politico sull’innalzamento del tetto per evitare il default. Situazione che riguarda oggi Biden, ma ha riguardato in passato altri Presidenti americani e riflette le diverse maggioranze nei due rami del Parlamento. Ovviamente, poi, l’accordo si è sempre raggiunto. I mercati sono anche convinti che ci sarà un altro rialzino della Federal Reserve (Fed) e un altro paio di rialzini della Bce e poi basta.

Quello che proprio non esiste oggi è un rischio Italia sui mercati, non appare su nessun radar tranne che su quelli pericolosi della propaganda politica interna che continuano a ignorare il miracolo economico italiano che ha stupito il mondo e dura da tre anni e ingigantiscono il problema reale di garantire una governance all’altezza della sfida per fare gli investimenti e attuare il Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr). Che è, invece, esattamente il merito più rilevante di questo governo rappresentato dal coraggio politico del ministro Fitto che ha detto con chiarezza che il sistema frazionato e i risultati disastrosi di spesa delle Regioni sono il cuore del problema italiano e va affrontato oggi per evitare di fallire domani.

Che cosa scrive, infatti, la Commissione europea nelle sue raccomandazioni inviate sempre ieri al nostro Paese sul Pnrr? L’Italia deve garantire “una governance efficace e rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, per consentire un’attuazione continua, rapida e costante del Piano per la ripresa e la resilienza». Avete letto bene: in particolare sub nazionale. Traduco: dovete risolvere il problema di Regioni storicamente incapaci di spendere che bloccano tutto. Poi che cosa scrive ancora la Commissione europea? La richiesta è di «completare rapidamente il capitolo RePowerEu al fine di avviarne rapidamente l’attuazione» e di «procedere alla rapida attuazione dei programmi della politica di coesione». Tradotto: bisogna fare quello che dice Fitto. Vale a dire: concentrarsi su pochi grandi interventi, usare i soggetti pubblici e privati con capacità di attuazione dei programmi concordati, i big energetici vengono prima di tutti, e realizzare finalmente la coesione sociale tra Nord e Sud del Paese, aree metropolitane e aree interne del Nord come nel Sud, abolendo l’ignobile marchettificio regionale e concentrandosi su obiettivi comuni di riequilibrio territoriale, generazionale e di genere.

Questo è lo scenario reale delle cose e questo è il motivo per cui succede che c’è sempre una domanda strutturalmente superiore fino a dieci volte rispetto all’offerta sul mercato dei nostri titoli sovrani e lo spread resta sostanzialmente stabile ai livelli delle migliori stagioni del governo Draghi. L’altro giorno il Tesoro della Repubblica italiana ha emesso un titolo indicizzato all’inflazione per un valore di 4 miliardi e ha incontrato sul mercato una domanda di 26 miliardi che è il record storico per questo tipo di titoli ed è avvenuto con una domanda che viene dall’estero per l’80%. Tutte le volte che ci sono offerte di titoli italiani, ci sono domande gigantesche che arrivano a dieci volte l’emissione perché i rendimenti sono buoni e il rischio è basso. Perché succede tutto ciò? Perché questo andamento del mercato fa i conti con un rendimento reale che oltre a valutare i dati reali da record di produzione, bilancia commerciale trainate da esportazioni record, fondamentali economici a posto incorpora una quota reale pari al 50% legata all’immagine negativa che noi masochisticamente, e spesso in malafede, fabbrichiamo in casa che fa sì che il rendimento sale ma preserva agli occhi degli investitori che conoscono bene la realtà un rischio molto basso. Per questo se emetti un BTp in dollari, ad esempio, per 5 miliardi ti arrivano richieste per 60.

Vi ricordate i titoli e le chiacchiere televisive da attentato al bene comune dove si ripete una dichiarazione di nessun senso strategico di Goldman Sachs che era quella di vendere BTp e comprare Bonos spagnoli? Leggete qui di seguito che cosa ha dichiarato Richard Gnodde, Ceo globale di Goldman Sachs, per chiarire la loro posizione sul nostro Paese: “Stabilità, talento e competenze: perché investiamo in Italia. Mai visto un periodo di stabilità politica come questo, da sfruttare per porre le basi di una crescita sostenibile”. Ho detto tutto. Non ci sono segnali di speculazioni ribassiste che riguardano investitori che vanno corti sui titoli italiani. Quelli, per capirci, che vendono allo scoperto i titoli di un Paese e scommettono sul peggioramento. Cresciamo più di Germania, Francia e degli altri Paesi europei e lo facciamo da tre anni. Fuori dall’Italia lo hanno capito anche i sassi che siamo un’economia più forte perché dopo la crisi del 2011, in particolare durante la stagione dei governi Renzi e Gentiloni, le imprese italiane come non è avvenuto in nessun altro Paese hanno ridotto il debito, hanno ridotto la leva, hanno accumulato più capitale e soprattutto hanno fatto più investimenti. Anche le nostre banche hanno fatto una ristrutturazione che le altre banche europee non hanno fatto.

Le stagioni del governo Draghi e del governo Meloni hanno rispettivamente acceso e preservato un desiderio di Italia del mondo e una presa di coscienza degli investitori di questa forza unica della nostra economia che riguarda la manifattura come l’agricoltura, il turismo, la cultura, come i servizi, il Nord come il Sud. Questi sono i fatti veri. L’unica incertezza che grava sull’Italia riguarda proprio il Pnrr e quella montagna di 170 mila e passa progetti di investimento che sono stati rifilati dentro un po’ alla carlona proprio per rispettare gli impegni temporali ristretti dando fondo ai cassetti, tirando fuori cioè tutto quello che giaceva lì da tempo. Questo miscuglio ancorché razionalizzato e indirizzato dal lavoro meritorio del governo Draghi ci avrebbe portato a sbattere perché si incrociava con un lavoro concepito e avviato ma non attuato di recupero di una governance efficace che risolvesse il problema delle Regioni italiane. Che è quello che genera mostri. L’ultimo è l’alluvione in Emilia-Romagna che va molto oltre la catastrofe e la tragedia. L’altro mostro senza l’intervento di Fitto sarebbe stato quello della mancata attuazione del Pnrr. Che sarebbe esploso a metà dell’anno prossimo. Per cui invece di lanciare allarmi inventati, smentiti perfino dal commissario europeo per l’Economia in persona, Paolo Gentiloni, sarebbe bene che si mettessero tutti ai remi, ministeri e Regioni prima di tutto, per dire le cose come stanno a Fitto e fare correre la nuova macchina esecutiva della responsabilizzazione.

Gli sciacalli del dibattito malato italiano della pubblica opinione hanno molto di cui vergognarsi. Purtroppo, però, non solo non proveranno rossore, ma continueranno a fare danni. Per fortuna nel mondo cominciano a conoscerli e aumenta di giorno in giorno chi ride di loro. Di loro, non dell’Italia.


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