Il ministro Patrizio Bianchi
6 minuti per la letturaCambiare i criteri di assunzione dei docenti e adottare una serie di parametri di valutazione nuovi sul loro lavoro significherebbe occuparsi per davvero del futuro di questo Paese. Significherebbe sottrarli a un dominio sindacale dove tutto viene livellato verso il basso. Una riforma abilitante del Pnrr che va fatta, ma che prima ancora dovremmo volere noi per riunire Nord e Sud e favorire l’ascensore sociale. Invece accade, addirittura, che gli stessi parlamentari della maggioranza in commissione boicottano e dicono: non va bene, bisogna parlare prima, chiaro? Generare innovazione in Italia è pericoloso. Ricordiamoci che quando le Sette Sorelle videro in pericolo il loro dominio, Mattei pagò per primo con la vita, Olivetti fu annientato dalle banche, Ippolito fu mandato sotto processo da quattro politici corrotti che temevano che Ippolito capeggiasse una fazione di tecnici che pretendeva di nazionalizzare la produzione elettrica. Questa è l’Italia che deve sparire dai ricordi di ieri e dai comportamenti di oggi
Patrizio Bianchi si è allenato una vita intera per fare industria e ricerca. Ora gli è toccato di dimostrare che se la scuola non è la parte prima del cambiamento la parte dopo non c’è. Che se non hai una buona formazione di base, la ricerca rimane volatile e l’industria è quella che è. Il Paese non ce la fa. Non si potevano fare i concorsi e le assunzioni, urlavano tutti, si sono fatti. Non si potevano tenere aperte le scuole durante l’estate, è avvenuto e soprattutto al Sud è stato un successo clamoroso.
Non si potevano avere tutti i professori di ruolo o a contratto in cattedra il primo di ottobre per la semplice ragione che dal dopoguerra a oggi non era mai successo, è invece regolarmente accaduto. Non si poteva riaprire la scuola in presenza e in sicurezza, sarebbe stata una carneficina, è andata molto bene. Non si potevano fare gli esami con la doppia prova, si faranno con la doppia prova. C’è sempre qualche piccola cosa che il sindacalista di turno dei professori, il preside che non rappresenta nessuno ma occupa le tv da mattina a sera, hanno da ridire più o meno rumorosamente. Devono sempre dire al ministro: non va bene, non può decidere lei, deve prima avvisarci, bisogna parlare prima, chiaro?
Adesso sono arrivati a replicare questo film dell’orrore riformista e del più vigliacco degli egoismi anche i membri di maggioranza della commissione istruzione del Senato. Ma come si permette questo ministro della bassa ferrarese, che proroga i bandi e rifà le gare perché si facciano gli asili nido al Sud con i Comuni meridionali che se ne fregano e con chi dovrebbe aiutarli che perde tempo con lobbisti screditati come De Molli a organizzare inutili passerelle sul Mezzogiorno, di volere riformare il reclutamento e le carriere dei professori e, addirittura, metterci dentro una norma sulla valutazione degli insegnanti? Ma stiamo scherzando, volessimo mai pensare al futuro del Paese e combattere il meridionalismo delle chiacchiere?
Dovremmo, forse, farlo perché è una riforma chiesta dal Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) come uno degli obiettivi qualificanti del primo semestre (miglioramento del processo di reclutamento M4C1, riforma 2.1 a pag. 188 i dettagli) e individuata, per di più, come una delle tre riforme abilitanti insieme con quelle degli appalti e della concorrenza di questo primo semestre per avere la tranche conseguente di finanziamenti europei?
Dovremmo, forse, farlo perché cambiare i criteri di assunzione dei docenti e adottare una serie di parametri di valutazione nuovi sul loro lavoro tra cui il miglioramento del giudizio ottenuto dagli alunni nel test Invalsi in italiano e in matematica significherebbe occuparsi per davvero del futuro di questo Paese?
Significherebbe sottrarre la sua classe docente a un dominio sindacale dove tutto viene livellato verso il basso mai verso l’alto dall’inizio alla fine del processo? Ma come possiamo permetterci anche solo di pensare che in un ministero tutto nelle mani della Cgil si possa finalmente parlare di merito?
Che, addirittura, poi gli stessi parlamentari della maggioranza in commissione istruzione si rifiutino di parlarne con il ministro perché c’è stato troppo poco tempo per fare una valutazione usando lo stesso identico linguaggio di burocrati e di sindacalisti che hanno sempre bisogno di essere avvisati prima per potere rinviare poi tutto o chiedere qualcosa per loro, vuol dire che siamo davanti a una patologia italiana del riformismo che resiste persino agli scenari di guerra mondiale e ai rischi di recessione profonda. Questo tipo di atteggiamenti fa davvero paura.
Che cosa volete che interessi a sindacalisti e politici di questo tipo che sta cambiando l’ordine mondiale e che nel nuovo lavoro globale ci saremo solo se avremo una scuola diversa, con professori e studenti con una marcia in più? Che cosa volete che gliene freghi che venti milioni di persone nel mondo sono a rischio di morire di fame quest’anno per gli sconquassi del caro materie prime determinato dalla guerra in Ucraina e per la terribile siccità in Kenya, Somalia ed Etiopia? Che le bombe e i proiettili dell’Ucraina possono portare il mondo a una crisi globale della fame mai vista prima, che già oggi il Corno d’Africa è sull’orlo di una catastrofe umanitaria e che il nostro governo sta facendo tappa in tutte le stazioni africane per comprare a prezzi più onerosi quel minimo di gas necessario perché non chiudano le attività economiche e, forse, non ci siano neppure più i soldi pubblici per continuare a pagare lo stipendio a chi voleva e vorrebbe magari tornare a fare lezione da casa ignorando che mezzo Paese avrebbe aggravato così il suo ritardo formativo?
Punto uno. Questa riforma va fatta perché lo prevede il Pnrr e, prima ancora, perché fa parte di quelle riforme senza le quali mai e poi mai l’Italia cambierà in casa e mai e poi mai avrà la legittimazione fuori per guidare il processo di costruzione di una nuova Europa che è l’unica possibile per garantire un futuro all’Italia e a tutti gli altri Paesi europei. Punto secondo. In questo caso non siamo di fronte alle resistenze corporative collegate a un’operazione di trasparenza sul catasto che è tipica della Lega e si trascina dietro altre forze di centrodestra in un’escalation propagandistica, qui purtroppo siamo di fronte a un’opposizione trasversale al riformismo che ha uno dei suoi epicentri nel Pd e che agisce consapevolmente contro il Mezzogiorno. Perché i risultati del test Invalsi tra Nord e Sud gioca complessivamente a sfavore delle regioni meridionali e queste riforme sono decisive perché la scuola cambi e diventi quella scuola che funziona che è l’unico motore possibile vero di ascensore sociale. Che è l’egualitarismo delle opportunità di partenza, non l’affermazione del principio che siamo tutti uguali.
La scuola è un fattore potentissimo di coesione sociale ed è qui, partendo da qui, che il deficit di competenze, dove esiste perché la situazione varia da territorio a territorio, va colmato. Generare innovazione in Italia è pericoloso, fare innovazione è pericoloso ed è, quindi, pericoloso ancora oggi provare a fare reclutamenti di qualità come lo è ogni volta che si vuole innovare in qualcosa per davvero in questo Paese. Ricordiamoci che quando le Sette Sorelle videro in pericolo il loro dominio, Mattei pagò per primo con la vita, Olivetti fu annientato dalle banche, Ippolito fu mandato sotto processo da quattro politici corrotti che, fiancheggiati da Saragat, temevano che Ippolito capeggiasse una fazione di tecnici che pretendeva di nazionalizzare la produzione elettrica. Questa è l’Italia che deve sparire dai ricordi di ieri e dai comportamenti di oggi. Questa è l’Italia peggiore che si annida trasversalmente ovunque e della quale dobbiamo essere capaci di liberarci.
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