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Mario Draghi, presidente del Consiglio

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Siamo in bilico ma i partiti cominciano a prenderne coscienza e noi speriamo che prevalga questa spinta alla ragionevolezza. Devono capire fino in fondo che Draghi è il perno della nuova Italia e devono trovare una soluzione complessiva per non perderlo. Se non ci riescono sono guai per tutti. I partiti devono trovare una soluzione di sistema che tenga insieme governo, Quirinale, legge elettorale. Senza dimenticare economia, Europa e Covid

SIAMO in bilico e non ci resta che sperare che prevalga la spinta alla ragionevolezza. I capi partito stanno  cominciando a rendersi conto che se  ingarbugliano il quadro ci perdono tutti. Anche i più furbastri tra di loro cominciano a rendersi conto che è un gioco troppo rischioso, percepiscono che radicalizzare lo scontro non porta da nessuna parte. Vediamo se a qualcuno viene un’idea brillante. Perché se tutti si mettono a cercarla un’idea viene fuori. Il problema va risolto nella sua completezza che vuol dire Quirinale, governo, legge elettorale, ma anche Covid e economia.

L’ultima cosa che interessa ai partiti è l’economia perché sono convinti –  sbagliando – che la crescita si realizza da sola con il Piano nazionale di ripresa e di resilienza. Nella loro mente è un problema secondario, non si rendono conto della pesantezza dei problemi strutturali che loro stessi hanno attivamente contribuito a determinare,  dalla macchina inceppata degli investimenti pubblici alla spaccatura in due del Paese con un divario di reddito pro capite, di qualità dei servizi e di accesso al credito mai visto prima. Sembrano  non capire che siamo alle prese con il nuovo ’29 mondiale, la spirale inflazionistica e il macigno del caro energia che rotola a valle.

Si rischia di mettere fuori mercato le imprese energivore che già sostengono prezzi superiori del 30%  ai loro concorrenti europei e di produrre così una nuova ondata di poveri che va ad aggiungersi alla pletora di invisibili del Mezzogiorno e dei tanti Sud del Nord. Forse è troppo chiedere a loro di capire che la soluzione di questi problemi si gioca in Europa e che la carta Draghi è l’unica che abbiamo noi e la più forte tra quelle europee per fare cessare i capricci tedeschi sul gasdotto Nord Stream 2 e per evitare che si ripetano con il monopolio del gas di Putin gli stessi errori che hanno accompagnato in passato la stagione del monopolio petrolifero. Per i partiti queste non sono emergenze, battagliano in modo demagogico sul Covid, ma di economia non hanno tempo di occuparsi anche perché il problema si risolve da solo – pensano loro – grazie al Pnrr che, detto per inciso, deve affrontare ancora tutti gli esami più difficili, e grazie alle forze endogene del sistema economico. 

Non è così nella gerarchia reale dei problemi del Paese, ma fa niente. Il loro unico, ossessivo problema è sistemare il quadro politico. Della realtà importa poco, si vive meglio fuori dalla realtà.  Eppure qualcosina sta cambiando. Prima pensavano: visto che è una confusione si può provare a fare il colpo di mano, andiamo alle elezioni e vediamo come va a finire.

Oppure: facciamo un’elezione del presidente della Repubblica a rischio cercando una maggioranza risicata all’ultimo momento. Proviamoci. Nel colpo di mano hanno confidato un po’ tutti, ma ora cominciano a capire che non c’è lo spazio politico. Ci sono i primi del colpo di mano. Parliamo di Salvini, della Meloni, di Conte e di un’ambiguità latente che è in tutti la mattina, ma poi la sera sparisce perché tutti scoprono che è troppo rischioso. Ci sono i secondi del no al colpo di mano che sostengono l’esigenza di fare un quadro complessivo e di vedere dove si può arrivare. Incredibilmente sono  le stesse persone più Letta e qualcun altro. Arrivano a queste conclusioni dopo avere fatto i conti con una ambiguità in tutto su che cosa fare.  

Draghi è un pezzo del problema di questa politica dei partiti che deve trovare una soluzione complessiva per non perderlo. Se non ci riesce sono guai per tutti. I partiti devono trovare  una soluzione complessiva che tenga insieme governo, Quirinale, legge elettorale. I media internazionali di come funziona l’Italia non capiscono niente, lasciamoli fuori dal ragionamento. Altrimenti dovremmo tenere Draghi a palazzo Chigi con i partiti che la sera  disfano quello che lui ha fatto la mattina.  Ha senso? Ovviamente no.

D’altro canto se i partiti lo tengono lì per fare le cose è chiaro che si mettono un’ipoteca  su che cosa succederà dopo.

Draghi riesce miracolosamente a incardinare per davvero il Piano nazionale di ripresa e di resilienza e poi con chi si prosegue? Tutti, chiunque vinca le elezioni,  devono allora chiedere a Draghi di rimanere al suo posto.   Ma come si fa dopo una campagna elettorale feroce?  Conta o non conta il voto dei cittadini alle elezioni politiche? Tutto ti riporta dunque sempre al punto di partenza che è una specie di gioco dell’oca infernale. A meno che non si realizzino due condizioni: una riforma elettorale di taglio proporzionale e l’elezione al Quirinale di una figura così autorevole da potere continuare l’attività di sostegno a Draghi  svolta fin qui da Mattarella. L’equilibrio di sistema va ricostruito a ogni costo.

La soluzione giusta, a nostro avviso, è se i partiti decidono di chiedere loro a Draghi di andare al Quirinale avendolo deciso loro. Dimostrando almeno di avere capito che cosa significano governo di unità nazionale e Nuova Ricostruzione, lo spirito comune che deve  guidare a lungo questa stagione. Se riescono poi a trovare il presidente del Consiglio domatore degli appetiti dei partiti e arrivano alla fine della legislatura completano l’opera.  Se non lo trovano non sanno come fare e si incartano sempre  di più.

Siccome un altro Draghi non c’è bisogna che i partiti  siano disposti a farsi domare anche da uno relativamente normale. Questo suggerisce la riflessione di sistema che loro stessi si sono impegnati a fare.


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