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Da WeBuild lo spot sul Ponte sullo Stretto con la pugilessa che si è ritirata dalla gara alle Olimpiadi di Parigi. Ma quanto funziona uno spot con un personaggio che si arrende?
Non c’è bisogno di conoscere visceralmente le regole dell’antonomasia, ossia dell’indicare persona o cosa con il termine di una sua peculiarità o – viceversa – di usare un nome famoso per esprimere una qualità.
Se Mecenate identifica un filantropo di lettere ed arti, dovessi scegliere un personaggio della boxe per esprimere forza e resistenza sarei orientato – a frugare in casa nostra – penserei a Carnera, Benvenuti o Mazzinghi.
Il management del colosso delle costruzioni WeBuild doveva trovare il miglior interprete della parola “passione” e, non volendo rischiare accuse di blasfemia, ha escluso Nostro Signore nonostante i comprovati precedenti storici. Optare per Gesù sarebbe stato divisivo, anche in considerazione della sempre più rimarcata laicità del Paese e della da più parti lamentata multietnicità.
Nonostante le precauzioni d’ordine filosofico e religioso, poca attenzione sembra riservata al contesto cui era destinata la testimonianza del personaggio prescelto. Non va dimenticato che nell’immaginario collettivo WeBuild è il materializzatore del sogno del Ponte sullo Stretto, dal cui proposito desistette per primo Ferdinando II Re delle Due Sicilie già attorno al 1840. Sono in tanti ad esser convinti che la holding è quella che potrebbe dare un senso alla società concessionaria “Stretto di Messina S.p.A.” che dal 1981 lavora alacremente per unire l’Italia più di quanto non fece Garibaldi.
LO SPOT SUL PONTE SULLO STRETTO E LA PUGILESSA CARINI
Un recente spot – teso a sottolineare i buoni propositi imprenditoriali e i valori imprescindibili dell’azienda – ha incluso una pugilessa nota più per non aver portato a termine un incontro che per i tanti traguardi collezionati nella sua carriera sportiva.
La manovra pubblicitaria non prescinde certo dal ciclopico manufatto che segnerà (se segnerà) in modo permanente la fisionomia dell’Italia e soprattutto quella delle aree direttamente coinvolte non senza obiezioni.
Mentre si discute della sicurezza di una così imponente opera ed è vivo il ricordo (non solo di stagione) del viadotto genovese sul Polcevera, ogni mossa deve esser meditata perché il minimo errore potrebbe essere fatale.
Inserire un personaggio che si arrende quarantasei secondi dopo il rintocco del gong ed a causa di un solo sganassone ha innescato una fin troppo facile macabra ironia sui social network, dove gli “haters” professionali sono stati imbruttiti da frotte di utenti comuni che non hanno esitato a segnalare l’inopportunità di una fragile testimonial per una costruzione che ci si augura indistruttibile.
L’OPPORTUNITÀ DI UNA SCELTA
La superstizione, si sa, gioca brutti scherzi e non aiuta l’orda di inverecondi odiatori seriali che online attribuiscono al Ministro promotore del Ponte una ridotta idoneità a portar fortuna e che hanno reso quel politico protagonista di un hashtag che induce a ricorrere ad amuleti per scongiurare il peggio.
Per evitare che la gente vada a rispolverare cornetti e quadrifogli o a toccare la schiena di amici gibbuti, forse valeva la pena individuare un’altra persona che non incarnasse per traslato il Comandante del Titanic o altri protagonisti di esperienze non proprio da ascrivere negli annali della storia nazionale.
Chi lo ha visto sa che il video promozionale gioca con il marchio aziendale e mostra in sequenza We Dream (Noi sogniamo), We Build (Noi costruiamo). We Win (noi vinciamo).
Probabilmente ai pubblicitari sono sfuggiti due particolari.
L’atleta delle Fiamme Oro non ha vinto e, anzi, non ha proprio combattuto lasciando il ring senza nemmeno salutare l’avversaria.
L’altro dettaglio incrocia la storia e la scaramanzia. C’è già stato uno che dal balcone urlò “Vincere. E vinceremo!” e non sembra che i buoni propositi si siano tradotti in realtà…
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