La vicepresidente del Parlamento Europeo Eva Kaili e l'ex eurodeputato Antonio Panzeri
5 minuti per la letturaL’Europa federale con l’Italia al centro ha bisogno di governi nazionali saldi nei loro Paesi e nelle loro alleanze strategiche. La Francia non è salda perché la sua tenuta è legata a un governo di minoranza. La Germania non è salda perché ha una leadership politica debole e grandi problemi interni. L’Italia è governata da una coalizione legittimata dal voto ma percorsa da lacerazioni che complicano il passaggio da una Destra sovranista a una Destra conservatrice che ha l’Europa come tutela dell’interesse italiano. La Spagna dimostra più furbizia di noi, ma non esprime una forza né economica né politica. Manca il grande Stato e il grande leader politico che facciano da perno per tutti. Così c’è ancora un accordo ma non quello finale vero sul gas. Non c’è il governo dell’Europa e vacilla anche quello della moneta facendo pagare a noi un conto più salato. Al loro posto arriva il fiume di mazzette di chi si nasconde dietro il drappo rosso e fa affari sporchi con l’autocrate di turno. Si è già schierato dalla parte sbagliata del nuovo conflitto di civiltà
Punto primo. Questo fiume di mazzette pro Qatar a parlamentari europei che tracima sotto la spinta di una cricca socialista italiana, comandante del bastimento Antonio Panzeri di Articolo 1, delimita i confini di una pericolosissima sottovalutazione del peso che l’Europa può esercitare in un quadro geopolitico dove emerge giorno dopo giorno un conflitto di civiltà tra mondo autocratico e mondo occidentale come mai prima. La proliferazione di questo sistema strutturato di lobbing che fa strame dei diritti civili e ingrassa una corruzione politica e burocratica diffuse tra Bruxelles e Strasburgo facendo finta di vendere solidarietà non avrebbe dovuto essere consentita. Non sarebbe accaduto se solo si avesse avuto contezza di quello che il Parlamento europeo rappresenta ed esprime. Di quale sia la forza potenziale di questo grande snodo della democrazia.
Punto secondo. Bisogna fare i conti una volta per tutte con il cosiddetto politico di professione o di carriera. Perché quando arriva alla fine del suo mandato parlamentare o di governo scopre che non ha un altro lavoro o un’altra carriera da percorrere. Allora fattura tutto quello che gli capita a tiro e che gli consente di capitalizzare un patrimonio di relazioni o di presunte competenze acquisite sul campo. Va chiarito che c’è una differenza abissale tra un ex capo di governo che fornisce contributi retribuiti derivanti dalla sua esperienza politica e prendere mazzette per corrompere altri deputati e vendere come buona la merce avariata di diritti civili violati di questo o quel regime autocratico.
Detto questo, però, bisogna anche dire che c’è un dato strutturale inquietante che riguarda la politica di carriera che porta a raccontarla come una nobile professione che può essere messa a reddito appena non si è rieletti. È importante ribadire con forza che non è così o almeno non dovrebbe essere così. L’idea che hai acquisito delle competenze e che puoi metterle sul mercato come la scienza di un medico o di un ricercatore o la fattura del lavoro di un libero professionista francamente non convince.
La cosa è molto più complicata di quello che appare come è dimostrato dal fatto che i politici onesti che fanno fondazioni per dare alimento alle idee e al dibattito pubblico sono in realtà costretti a chiuderle. Perché queste fondazioni non ricevono più niente se non sono disposte a fare mediazione di affari. Mi viene di fare una considerazione sul silenzio di Draghi che “onusto di gloria” è sparito nell’ombra comportandosi in modo differente rispetto anche ai suoi predecessori tecnici o tecnico politici che hanno tutti fatto carte false e continuano a farle per rimanere sotto i riflettori. È strano che in questo Paese non ci sia nessuno che renda omaggio a tale serietà. Neanche per difendere le cose importanti che il suo governo di unità nazionale ha fatto.
Anzi, semmai, si oscura il moltissimo di buono ricevuto in eredità che si prende senza dire grazie e si cercano micro debolezze da dilatare per mettere in scena mezzi attacchi su quello che presuntamente non si è fatto con l’obiettivo di accreditare un quadro pesante che riguarda il passato ma possa anche mascherare le eventuali incapacità del presente e del futuro.
Punto terzo. L’Europa che vive con il Qatargate la stagione politica del minimo di credibilità e di reputazione è la stessa Europa che dopo una fase post pandemica di solidarietà si ritrova pericolosamente spaccata davanti alla forza della crisi economica, a partire da quella energetica di origine bellica. L’Europa della solidarietà dell’eurobond pandemico e quella federale con l’Italia al centro che vuol dire fare insieme investimenti sui beni comuni, condividere il debito, fare politica estera, militare e economica comuni, hanno entrambe bisogno di governi forti nazionali ben saldi nei loro Paesi e ben saldi nelle loro alleanze strategiche. Oggi la Francia non è ben salda perché la sua tenuta è legata a un governo di minoranza.
Oggi la Germania non è ben salda perché continua ad avere difficoltà con una leadership politica criticata e grandi problemi interni. L’Italia è governata da una coalizione pienamente legittimata dal voto popolare ma percorsa al suo interno da lacerazioni ideologiche che complicano il passaggio cruciale da una Destra di storia sovranista a una Destra di conservatorismo moderno che riesca anche a dire che è l’Europa la massima tutela possibile dell’interesse italiano. La Spagna dimostra molta più furbizia dell’Italia e ha una comunità che ha capito bene quali siano i suoi interessi da difendere ma non esprime complessivamente una grande forza né economica né politica. Manca il grande Stato e il grande leader politico che facciano da perno per tutti. È così che ognuno cerca di tutelare la sua immagine interna, però dietro tutte queste foto nazionali più o meno sbiadite c’è l’ennesimo accordo sul gas ma non è mai quello vero finale. Non c’è il governo dell’Europa e il timone chiacchierologico della Bce fa volare il rendimento dei nostri titoli sovrani decennali sopra il 4%. Siccome viviamo la stagione degli estremismi e facciamo i conti con il nuovo conflitto di civiltà, al posto del governo politico e monetario dell’Europa arriva anche il fiume di mazzette sotto il drappo rosso dei diritti civili violati e i loschi affari del mondo deviato delle Ong. Questi signori nel nuovo grande scontro mondiale tra regimi e democrazie hanno pensato al loro portafoglio e si sono già schierati dalla parte sbagliata. Che tristezza!
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