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Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs

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Se il Pnrr funziona davvero e si fa quello che si deve fare, a partire dal Sud, i soldi arrivano e prima il clima poi la situazione reale cambiano davvero, allora in Italia tutti corrono “in soccorso” del vincitore assoluto che in questo caso è Mario Draghi. Il quale, però, è il primo a sapere che senza gioco di squadra non si vince e, non essendo abituato a perdere, farà di tutto per tenere insieme i pezzi sulla trincea del cambiamento. Perché il Paese ha deciso di cambiare e tornerà a crescere come ha già dimostrato di sapere fare in altre stagioni della sua storia repubblicana. Se poi alle Olimpiadi vince chi non ti aspetti come Jacobs e Tamberi, il loro abbraccio impersonifica il sogno di un’Italia che cambia e vince per l’oggi e per il domani. Di un’Italia che si fa rispettare nel mondo

A settembre cambia il mondo. Vengono al pettine tutti i nodi. L’Europa deve dimostrare che al bivio della storia sceglie nei fatti la solidarietà al posto del rigore. Deve dimostrare di avere capito la lezione della pandemia globale e del nuovo ’29 mondiale. A quel punto, avremo l’Europa della coesione e, soprattutto, l’Europa non finirà stritolata tra Stati Uniti e Cina. L’Italia tutta deve dimostrare di essere all’altezza dell’azione riformatrice avviata dal governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi e di quell’accoglienza internazionale mai avuta che il Paese riesce a raccogliere grazie al credito personale dell’attuale presidente del consiglio. I partiti del rumore non devono porre ostacoli alla campagna di vaccinazione con la fuffa delle loro inutili propagande e, soprattutto, devono collaborare a livello centrale e ancora di più regionale perché semplificazioni e nuova giustizia civile e penale diventino realtà e permettano l’attuazione con successo del piano europeo sbloccando dopo venti anni la macchina degli investimenti pubblici.

Noi come Paese tutto insieme siamo la cavia di questo doppio processo europeo e italiano. Un processo che deve tenere uniti l’avanzato storico in crisi del Nord e l’arretrato altrettanto storico del Sud per trasformare piccola e grande debolezza in una forza propulsiva unitaria capace di crescere nel suo modo di fare impresa e di riconquistare la leadership del Mediterraneo che ci restituisce orizzonte mondiale e rango di Paese Fondatore nel Vecchio Continente. Se superiamo il doppio esame, passiamo da cavia d’Europa a leader del terzo millennio.

Siamo i più tipici di questa grande sfida e siamo anche quelli che abbiamo la storia più adatta perché abbiamo molta coscienza del problema del Sud visto che ce lo portiamo dietro dall’unità nazionale. Noi siamo anche quelli che non sempre giustamente veniamo considerati come i meno capaci su questo terreno e, quindi, è più o meno come se alle Olimpiadi vince chi non ti aspetti. È proprio quello che è successo due volte in questa domenica sportiva che appartiene alla storia con Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi nei cento metri e nel salto in alto. L’abbraccio tra i due e la grande voglia dell’inno di Mameli sono il punto più alto di un’emozione, ma impersonificano anche il sogno di un’Italia che cambia e vince per l’oggi e per il domani. Di un’Italia che si fa rispettare nel mondo.

Pensate per un attimo a che cosa pensa il mondo a torto o a ragione. La Germania risolve il suo problema dell’Est, il commento è “sono fatti così” e non si stupisce nessuno. Diciamo la verità: se lo facciamo noi, allora sì che per il mondo cambierebbe il mondo. Ecco un altro motivo in più perché il Sud va aiutato, perché allora tutti direbbero “si può fare”.

Non si fa la Ricostruzione nazionale senza risolvere il problema del Sud. Siccome non si vince con il trucco, il Mezzogiorno si deve mobilitare perché questa è la sua grande occasione. Si deve sentire l’orgoglio ritrovato. Da settembre a Natale si gioca il futuro di questo Paese.

Se il Piano nazionale di ripresa e di resilienza funziona davvero e si fa quello che si deve fare, a partire dal Sud, i soldi arrivano e prima il clima poi la situazione reale cambiano davvero, allora in Italia tutti corrono “in soccorso” del vincitore assoluto che in questo caso è Mario Draghi. Il quale, però, è il primo a sapere che senza gioco di squadra non si vince e, non essendo abituato a perdere, farà di tutto per tenere insieme i pezzi sulla trincea del cambiamento. Succederà con Draghi quello che è già successo con la Dc. E poi alla Dc con il PCI quando hanno capito che c’era bisogno del PCI per tenere insieme il Paese. È successo così anche con Berlusconi che per un po’ ha funzionato poi si è bruciato con le sue mani. È ciò che accadrà con Draghi che, a differenza di Berlusconi, non si brucerà. Almeno ce lo auguriamo. Perché vorrebbe dire che il Paese ha deciso di cambiare e tornerà a crescere come ha già dimostrato di sapere fare in altre stagioni della sua storia repubblicana. Come in quelle stagioni le due Italie tornerebbero a riavvicinarsi.


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