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L’ITALIA va: anche quest’anno cresceremo più della Germania e perfettamente in linea con la Francia e con la media Ue ma non bisogna abbassare la guardia sul fronte dei conti pubblici, serve una manovra di aggiustamento del bilancio “ampia e duratura” mentre la speranza di una maggiore crescita è tutta concentrata sull’accelerazione degli investimenti pubblici e, in particolare, del Pnrr. C’è un moderato ottimismo nell’ultimo rapporto dell’Ocse sulla situazione economica internazionale. Il rallentamento dell’inflazione, la crescita dell’occupazione, l’andamento positivo dei salari reali, il previsto aumento degli investimenti pubblici e il rafforzamento delle esportazioni determineranno una graduale crescita nel medio periodo, allontanando il vento della recessione e lasciando intravedere una ripresa più “resiliente”, nonostante le difficoltà e le tensioni sullo scacchiere geopolitico.

Ma di fronte ad una crescita mondiale che oscillerà nei prossimi due anni fra il 3,1 del 2024 e il 3,2% del 2025, emergono in tutta la loro evidenza le difficoltà dell’Europa, con un Pil che non supererà lo 0,7% in media, la stessa percentuale dell’Italia che, comunque, farà meglio rispetto a Regno Unito, Germania e Giappone. Certo, pesano le condizioni monetarie restrittive, in particolare sui mercati immobiliari e creditizi, ma l’attività globale si sta dimostrando relativamente resiliente, il calo dell’inflazione continua e la fiducia del settore privato sta migliorando. Il tasso di disoccupazione dell’Ocse si è attestato al 4,9% a febbraio, vicino ai livelli più bassi dal 2001. I redditi reali stanno aumentando in molti Paesi mentre l’inflazione si modera e la crescita del commercio è diventata positiva. Le prospettive continuano a differire da paese a paese, con risultati più deboli in molte economie avanzate, soprattutto in Europa, e una forte crescita negli Stati Uniti e in molte economie di mercato emergenti.

Per quanto riguarda l’Italia le preoccupazioni sono concentrate soprattutto sull’andamento dei conti pubblici. Il rapporto deficit/pil “si ridurrà ma rimarrà al di sopra del 3% fino al 2025”. Il rapporto debito/pil resta “elevato” e “ci sono pressioni di spesa sostanziali dovute alle esigenze di investimento e all’invecchiamento della popolazione”. Per far fronte alle future pressioni sulla spesa, scrivono gli esperti dell’organizzazione parigina, “sarà necessario aggiustamento fiscale ampio e sostenuto nell’arco di diversi anni per far fronte alle future pressioni sulla spesa, portando al contempo il rapporto debito/pil su un percorso più prudente e conforme alle nuove regole di bilancio dell’Ue. L’aggiustamento dovrebbe includere un’azione decisa per contrastare l’evasione fiscale, limitare la crescita della spesa pensionistica e condurre ambiziose politiche di revisioni della spesa”. Serve, in ogni caso, un “aggiustamento di bilancio ampio e duraturo”.

In compenso l’Italia ha una carta importante da giocare, quella del Pnrr: “Gli investimenti pubblici legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza saranno fondamentali per sostenere l’attività nel breve termine e per aumentare il potenziale di crescita nel medio termine”. Il principale rischio negativo, sottolinea l’Ocse, ”è che il ridimensionamento del ‘Superbonus’ inneschi una contrazione maggiore del previsto degli investimenti in edilizia abitativa, che sono stati una fonte chiave di crescita nel periodo 2021-23. Sul versante positivo, l’accelerazione degli investimenti pubblici legati al Pnrr potrebbe stimolare la crescita nel 2024 e nel 2025. L’utilizzo completo dei fondi implica che la spesa pubblica deve aumentare da circa l’1% del pil nel 2023 a circa il 2,5% del pil in media tra il 2024 e il 2026”. Meglio le cose sul fronte dell’occupazione. “Malgrado il rallentamento della crescita nel 2023 – puntualizzano gli esperti dell’organizzazione parigina – il tasso di disoccupazione resta storicamente basso e l’aumento dei salari negoziato collettivamente è cresciuto per attestarsi al 3% circa, il che dovrebbe sostenere i redditi e i consumi privati nei prossimi quattro trimestri”.

Sempre secondo l’Ocse, il calo delle tariffe internazionali dell’energia si è ”rapidamente” riflesso sull’inflazione italiana, che ”passata da oltre il 12% nel novembre 2022 all’1,2% a marzo 2024”. “La stabilizzazione dei prezzi dell’energia nel corso degli ultimi mesi – si precisa nel documento – suggerisce che l’inflazione verrà principalmente trainata da fattori interni di breve termine”. Mentre “l’inasprimento delle condizioni finanziarie al livello mondiale ha avuto finora solo limitati effetti negativi sulla salute del settore bancario italiano, che ha beneficiato di una maggiore redditività grazie all’aumento dei margini di interesse netti”. Ma all’Italia, per centrare l’obiettivo di una maggiore crescita, accanto ad una accelerazione della spesa dei progetti del Pnrr serve anche la “rapida attuazione delle riforme strutturali nei settori della concorrenza, della giustizia civile e della pubblica amministrazione”.


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