Il ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto
5 minuti per la letturaIl decreto Sud dà un ruolo effettivo alle Regioni. Si misurano con uno strumento di programmazione nazionale che decide prima con loro e poi procede ai trasferimenti accompagnati da monitoraggio. Fino a oggi prima si assegnava e poi si programmava spendendo niente o quasi e sempre in ritardo. Con la Zes unica, il Sud diventa attrattivo per ogni tipo di investimenti. Una squadra ristretta lo venda nel mondo e il Sud si organizzi sempre di più. Nessuno si tiri indietro.
C’E’ UNA cosa su cui il Paese non si può permettere nemmeno di pensare di dividersi. Questo vale per tutte le componenti della maggioranza di governo come di quelle delle opposizioni. Vale per Regioni e Comuni come per il sindacato e il mondo produttivo. Il nuovo decreto Sud del ministro Fitto unito alla proposta italiana di revisione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) preventivamente esposta alla Commissione e oggi al suo vaglio, costituiscono un unicum assoluto per dare al Paese quella macchina di investimenti pubblici che manca da almeno vent’anni e restituire all’intero Mezzogiorno italiano un’attrattività reale sul mercato dei capitali internazionali. Siamo a un livello di intuizioni strategiche e di modalità tecniche attuative che richiamano la stagione dei Pescatore, dei Menichella e dei Saraceno con una grande novità rispetto ad allora dove nemmeno si ipotizzava che potesse esserci null’altro che una struttura tecnica centralizzata di altissimo livello e una forte spinta politica per mettere a frutto prima i dollari del prestito Marshall e poi i fondi comunitari facendo spesa in conto capitale nei tempi prestabiliti.
No, oggi c’è una grande differenza rispetto ad allora. Perché questa volta si è messo finalmente in campo uno strumento potentissimo che è la Zona economica speciale (Zes) unica per l’intero Mezzogiorno che significa autorizzazione unica, riduzione di un terzo dei tempi delle procedure e credito di imposta maggiorato per chi investe in beni strumentali di modo che il vantaggio attrattivo è chiaro in partenza per chi già opera nel Mezzogiorno, ma ancora di più in un mondo post pandemico che ha accorciato le catene della logistica globale offre il prodotto Sud come fortemente vantaggioso in termini di attrazione di investimenti produttivi, di ricerca e innovazione, e finanziari.
Anche perché il nuovo contesto geopolitico fa del Mezzogiorno italiano il centro del mondo capovolto che ruota intorno all’asse Sud-Nord che ha preso il posto di quello Est-Ovest i cui fili sono stati spezzati per sempre dai carri armati russi in Ucraina. Questo nuovo contesto obbliga a dare la priorità assoluta agli investimenti energetici e di rete ferroviaria e digitale al nostro Mezzogiorno migliorando ulteriormente i fattori di contesto per fare di questa grande unica Zona economica speciale l’Eldorado europeo degli investimenti globali a patto che una squadra ristretta ma qualificata a livello centrale venda il prodotto Sud nel mondo e il Sud stesso come sta facendo si attrezzi prendendo l’iniziativa e organizzandosi sempre di più.
Qui, però, emerge il punto più rilevante della rivoluzione operata dal modello Fitto con il decreto Sud e riguarda il recupero di un ruolo guida effettivo degli enti locali, a partire dalle stesse Regioni, che devono misurarsi attraverso gli “accordi di coesione” con uno strumento di programmazione nazionale che torna a decidere prima con ministeri e Regioni dove e come si impiegano le risorse comunitarie e poi procede ai trasferimenti accompagnati da un monitoraggio costante sull’impiego effettivo di queste risorse con poteri di definanziamento in caso di evidenti inadempienze. Per capire quanto sia forte la valorizzazione del ruolo affidato a tutti i soggetti attuatori della politica di coesione europea e nazionale, basti pensare che ad oggi il programma 2014-2020 registra un avanzamento finanziario pari al 34% in termini di pagamenti a circa tre anni dall’ultima scadenza utile di impiego. Definire tutto ciò un fallimento completo è di sicuro un giudizio fortemente riduttivo e sconta l’errore di base di prevedere prima l’assegnazione delle risorse e solo dopo la programmazione degli interventi con il risultato finale che questi soldi o non venivano spesi affatto o non rispettavano affatto gli obiettivi per i quali queste risorse erano state assegnate nella minima spesa realmente effettuata rispondente quasi sempre a criteri puramente clientelari.
Oggi invece dalle missioni strategiche pre assegnate di contratti istituzionali di sviluppo, di strategia nazionale per le aree interne e per la rigenerazione delle aree urbane si cambia completamente passo recuperando quello spirito di programmazione di lungo termine, di spesa effettiva non assistenziale e di monitoraggio costante delle erogazioni che fu alla base del miracolo economico italiano del Dopoguerra e della lunga stagione d’oro della Cassa delle grandi opere che si è prolungata fino alla metà degli anni Settanta accompagnando tutte le fasi della crescita dell’Italia da Paese agricolo di secondo livello prima a una economia industrializzata e poi a una potenza economica mondiale.
Questa al passo con i tempi è la sfida che il Paese non può perdere. Primo, perché la strada scelta è quella giusta. Secondo, perché non ci sarebbe il tempo di sperimentarne di alternative. Senza questi investimenti pubblici europei e nazionali che a loro volta mobilitano investimenti privati interni e attraggono capitali internazionali il rallentamento globale impedirebbe all’Italia di avere la crescita che permette di ripagare il suo debito, ridurre le diseguaglianze e creare lavoro di qualità. Cerchiamo di capirlo tutti bene e mettiamoci tutti al lavoro. Perché si può anche strappare qualche voto in più con la demagogia politica ma il cumulo di detriti che determina la paralisi la pagano tutti e toglie futuro al Paese e a tutta la sua classe politica senza esclusione alcuna.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA