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La retina artificiale

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ROMA – Impiantata per la prima volta in Italia a un settantenne non vedente una retina artificiale di ultima generazione che, al risveglio dopo l’intervento, ha permesso all’uomo già di percepire, tramite speciali occhiali, la luce.

L’intervento, effettuato dal direttore della Uoc Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e Ordinario di Clinica Oculistica all’Università Cattolica campus di Roma, Stanislao Rizzo, è durato appena due ore.

La retina impiantata al paziente, affetto da una grave forma di retinite pigmentosa che ha causato la perdita della vista, si chiama NR600 ed è stata messa a punto dalla start up Nano Retina, che ha il suo quartier generale a Herzliya, la “Silicon Valley” israeliana, nei pressi di Tel Aviv.

Quello effettuato al Gemelli – riferisce lo stesso Policlinico in una nota – è il sesto impianto (il primo in Italia) nell’uomo del nuovo device, dopo quelli effettuati lo scorso anno in Israele e in Belgio (i pazienti operati finora hanno un’età dai 59 agli 81 anni). La retina artificiale NR600 è un gioiello high-tech, frutto di oltre un decennio di ricerche. L’impianto, grande come la punta di una matita (5 mm di diametro x 1 mm di spessore), viene posizionato da un super esperto in chirurgia retinica sopra la superficie della retina e gli elettrodi tridimensionali dei quali è composto, penetrano tra le cellule retiniche, andando a prendere il posto dei fotorecettori (le cellule specializzate che permettono di vedere), attivando con i loro impulsi le cellule ganglionari che trasmettono l’informazione al cervello, facendola viaggiare lungo le vie ottiche.

L’impianto di questo device ripristina una parte della funzionalità retinica, ma non restituisce la vista. “Immediatamente dopo l’impianto il paziente può tornare a vedere la luce – si legge nella nota del Gemelli – ma in genere il programma di riabilitazione viene avviato dopo un paio di settimane dall’intervento”.

Il professor Rizzo è stato un pioniere negli impianti di retina artificiale: nel 2011 fu infatti il primo a impiegare l’Argus, la prima protesi retinica utilizzata in un paziente non vedente.


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