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Striscioni davanti alla caserma dei carabinieri dove è stato portato Matteo Messina Denaro

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MILANO – L’ultimo dei capi di mafia è caduto. A Palermo, il Ros ha arrestato Matteo Messina Denaro, latitante da 30 anni (LEGGI). Ma chi sono i latitanti a cui viene data la caccia? Sono criminali che hanno fatto perdere le loro tracce, quasi spariti nel nulla, nascosti sotto falsi nomi, coperti da rete di omertà dei propri sodali, dalla complicità di chi tace: sono cinque, dopo l’arresto del boss della ‘ndrangheta Rocco Morabito, arrivato oggi in Italia, estradato dal Brasile, i latitanti di “massima pericolosità” inseriti nella lista del Viminale, consultabile sul sito del Ministero.

A loro gli investigatori danno la caccia, seguendo ogni minimo indizio per stanarli dai loro covi. I latitanti rientrano nel “Programma speciale di ricerca selezionati dal Gruppo integrato interforze, il Giirl.

MATTEO MESSINA DENARO, detto ‘U siccu (il magro)

Il primo della lista, il più ricercato è Matteo Messina Denaro, boss della mafia. Di lui si sono perse le tracce nel 1993, anno dal quale è ricercato per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti. Dal ’94 su di lui pende un mandato di cattura internazionale. ‘U siccu’, il magro, è sparito nel ’93, agli anni delle bombe a Roma, Milano, Firenze. Figlio di Francesco Messina Denaro, a capo della cosca di Castelvetrano e del relativo mandamento, ha subito negli anni confische e sequestri, gli investigatori hanno provato a fargli intorno terra bruciata con numerosi arresti. Di lui, qualche tempo fa, è stata sentita la voce, comparso da un vecchio nastro processuale.

ATTILIO CUBEDDU

Nel 1997, approfittando di un permesso, non ha fatto rientro nel carcere di Badu e Carros, in provincia di Nuovo, dove era detenuto per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime. Dall’anno successivo, contro di lui è stato spiccato un mandato di cattura internazionale. Cubeddu è un nome storico dell’Anonima sequestri. È stato il carceriere dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini.

GIOVANNI MOTISI, detto ‘U pacchiuni (il grasso)

È ricercato dal 1998 per omicidi, dal 2001 per associazione di tipo mafioso ed altro, dal 2002 per strage. Deve scontare la pena dell’ergastolo. Dal 1999 su di lui pende un mandato di cattura internazionale. È il killer di fiducia di Totò Riina, secondo un collaboratore di giustizia presente anche quando si parlò per la prima volta di ammazzare il generale Alberto Dalla Chiesa. Nel 1999, durante la perquisizione della sua villa di Palermo, è stata ritrovata una fitta corrispondenza tra lui e la moglie Caterina, bigliettini recapitati da “postini” fidati assieme a vestiti e regali. La sua ultima apparizione è di quello stesso anno: partecipa alla festa di compleanno della figlia e viene fotografato. Ma alle pareti del posto in cui festeggiano sono affisse lenzuola bianche per impedirne il riconoscimento.

RENATO CINQUEGRANELLA

Boss della camorra, è latitante dal 2002. Cinquegranella è ricercato per associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione. Dal 2018 è ricercato in ambito internazionale. Cinquegranella era storicamente legato alla Nuova Famiglia, storica rivale della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. È implicato nell’omicidio di Giacomo Frattini, affiliato della Nco, torturato, ucciso e fatto a pezzi nel gennaio dell’82. Cinquegranella è coinvolto nell’omicidio di Antonio Ammaturo, capo della Squadra mobile, massacrato, nel luglio dell’82 da un commando delle Brigate rosse, davanti al portone della sua casa in piazza Nicola Amore, centro di Napoli, insieme con il suo autista, l’agente Pasqquale Paola. Quell’omicidio confermò un patto criminale tra camorra e Br.

PASQUALE BONAVOTA

Esponente di spicco della ‘ndrangheta locale di Sant’Onofrio, è ricercato dal 28 novembre 2018 per associazione di tipo mafioso e omicidio aggravato in concorso.


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