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UNA ragazza su due avverte il peso degli stereotipi maschilisti e dei retaggi patriarcali e il lavoro viene visto come il luogo più a rischio discriminazione, seguito dal web e dai mass media. Un presente complesso e un futuro in cui dover lottare ancora di più: questo è quanto emerge dai dati dell’Osservatorio “indifesa”, realizzato da Terre des Hommes e OneDay Group attraverso un campione di quasi 2000 interviste somministrate a ragazze e ragazzi tra i 14 e i 26 anni. Le ragazze di oggi faticano a sognare e non progettano in grande: il 53,96% delle giovani intervistate ritiene infatti che le aspirazioni stesse, le passioni e le scelte inerenti agli studi o alla carriera futura siano influenzate dagli stereotipi. Seguono poi l’assenza di una rete di sostegno e la mancanza di modelli cui ispirarsi.
In particolare, il 20% delle intervistate ha dichiarato che «non c’è nessun modello di riferimento» e il 30% vede come modello la propria mamma: una ragazza su due, insomma, non ha modelli esterni al contesto familiare con cui confrontarsi o cui riferirsi per progettare il proprio futuro.
Ancor più cupe sono le prospettive per le giovani Neet (Not in Education, Employment or Training) di cui il nostro Paese detiene il record negativo: le italiane tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano sono il 25%. Secondo il dossier “indifesa” da un lato le convenzioni e le pressioni sociali assegnano un’importanza maggiore al ruolo delle donne all’interno della famiglia in termini di accudimento, dall’altro il mercato del lavoro privilegia le figure maschili e l’assenza di adeguate misure di welfare rende difficile conciliare l’attività lavorativa con quella genitoriale. Il divario di genere colpisce anche il settore dell’educazione: le ragazze rappresentano circa il 60% dei laureati in Italia, con numeri stabili da dieci anni a questa parte, ma la loro presenza nei cosiddetti corsi di laurea Stem (Science, Technology, Engineering e Mathematics) è ridotta a vantaggio di percorsi in ambito umanistico, linguistico e medico. Secondo dati diffusi dal Ministero della Pubblica Istruzione, le ragazze immatricolate nei percorsi Stem erano per l’anno accademico 2020-2021 solo il 21%. Un altro gap si riscontra nell’ambito della cosiddetta “educazione finanziaria”.
I più recenti test Pisa-Ocse hanno evidenziato che i livelli di alfabetizzazione finanziaria nei 15enni maschi sono superiori di due punti percentuali rispetto a quelli delle coetanee. In Italia il gap raggiunge i quindici punti. Se le ragazze non riescono a pensare a progettare un futuro all’altezza dei loro sogni e delle loro aspirazioni, anche il presente appare tristemente compromesso. Il 48% delle ragazze ha dichiarato all’Osservatorio “indifesa” di aver assistito a una violenza fisica, mentre 7 su 10 hanno assistito a episodi di violenza psicologica. Il 23%, inoltre, percepisce il rischio dell’isolamento sociale e della solitudine, quasi il 20% il pericolo della violenza psicologica, il 17,9% del bullismo e il 17,4% della violenza sessuale. Per quasi l’83% delle ragazze il web non è un posto sano e sicuro. Per quasi il 34% delle ragazze intervistate, inoltre, non si stanno facendo sforzi sufficienti nel raggiungimento della tanto agognata parità di genere. C’è, insomma, tanto da fare per il presente e il futuro delle giovani donne del nostro Paese. E queste ragazze lo chiedono a gran voce: urge un cambiamento, che sia innanzitutto culturale e che non può non passare dalla scuola.
Occorre lavorare affinché insegnanti e genitori sappiano cogliere le aspirazioni delle giovani e le incoraggino a scegliere percorsi scolastici e accademici vicini ai loro desideri, al netto di qualunque tipo di condizionamento, persino quelli che ritroviamo nei libri di testo in cui le donne sono rappresentate come infermiere o maestre e gli uomini sono invece ingegneri e scienziati oppure le donne della storia e della letteratura vengono eclissate in favore di figure maschili. Raccogliere, analizzare e diffondere questi dati è il primo passo, affinché discriminazioni e violenze arrivino all’attenzione delle istituzioni, si accresca una consapevolezza diffusa sui temi e si possano proporre modelli finalmente nuovi, basati su equità e inclusività.
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