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Il regista Antonio Capuano insieme a Paolo Sorrentino

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UNA pioggia d’applausi e poi tutti in piedi. David di Donatello speciale. Un uomo avanza guadagnando il centro del palco fasciato di una magrezza pasoliniana: è Antonio Capuano. Oltre ai conduttori, Paolo Sorrentino che lo introduce e ne elogia la filmografia. Poi anche una rassicurazione importante: quel “non ti disunire” lo diceva davvero. Pochi fotogrammi per raccontare il percorso di un autore che è conosciuto dal grande pubblico per essere stato prima mentore di Paolo Sorrentino e, di recente, un personaggio vero e proprio in È stata la mano di Dio (Netflix).

L’effervescenza del regista, nel film interpretato egregiamente da Ciro Capano, viene confermata durante la kermesse: schiamazza, festeggia, grida con emozione vibrante. Solleva il David come fece il conterraneo Cannavaro con la coppa del mondo nel 2006, poi lo tiene in alto quasi come un’ostia consacrata. Ha lavorato negli anni con alcuni dei nomi più importanti del cinema italiano: Toni Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Teresa Saponangelo, Silvio Orlando, Andrea Renzi, Imma Villa.

Insieme a Claudio Caligari rappresenta uno dei più eclatanti cortocircuiti del successo nell’industria cinematografica italiana. Punto di riferimento per gli addetti ai lavori eppure così lontano dalle copertine, chi è quest’uomo?  Spostiamo il calendario indietro di quasi trent’anni. Venezia 1991, Premio Settimana Internazionale della Critica per la pellicola che segna l’esordio di Antonio Capuano (poi David come miglior regista esordiente) con Vito e gli altri: visionarietà, delicatezza, quella maestria pasoliniana nel mostrare la realtà grezza e quella perizia Desichiana nell’utilizzare i bambini. Vito cresce perdendosi nelle strade come una dolorosa poesia. Poi il successo nel 1996 con Pianese Nunzio, 14 anni a maggio, tra i migliori film italiani degli ultimi trent’anni. Un prete anticamorra e la pedofilia, ancora i ragazzi delle strade di Napoli e le loro vite problematiche. Una pellicola incapace di essere banale, la cui bellezza rapisce per tutto il film, lasciando lo spettatore incollato al giovane Nunzio.

Risulta impossibile non chiedersi come mai non abbia ottenuto una carriera di maggior successo. La cosa sembra quasi un elemento della sua poetica, per uno di quegli autori capace di essere simile alle proprie opere, e infatti Sorrentino dal palco lo definisce innanzitutto “vitale”. L’allegro portatore di un carattere che non si adatta ad alcuna forma di star-sistem perché ironico, tagliente, sgangherato e appassionato. Pronto a dire fino in fondo come la pensa, delle conseguenze “chi se ne fotte”. La sua personalità affascinante merita di essere esplorata anche oltre le sue pellicole, le sue interviste, facilmente reperibili su Youtube, sono travolgenti per humor e brillantezza. Insieme a Paolo Sorrentino, con cui, specie negli ultimi anni, gli è capitato di calcare il palco di qualche festival o di presentare qualche film, forma una sorta di duo malin-comico, per complicità e divertito dibattito culturale. Il loro discorso sulle sorti della sala tiene banco nei momenti migliori del Capri Hollywood Festival del 2020, mentre la presentazione al Cinema America del film Polvere di Napoli (disponibile su Amazon Prime Video) è un piccolo cult. Tutto su Youtube.

Non lo si guardi come un fenomeno buffo: tra risate e parolacce chirurgiche è sempre arguto e profondo, restituisce il suo vitalistico punto di vista, l’amore verso la rigorosità del gioco e sottintende ed insiste in un perpetuo scontro con il potere utilizzando un’ironica strafottenza. Uno stile riconoscibile e forte, che riesce ad offrire comunque degli ottimi momenti anche nelle pellicole meno riuscite. Per una filmografia che conta tredici film, David di Donatello e Nastri d’Argento. Un regista che non si impantana nella napoletanità e mostra le verticalità e le contraddizioni di una città e di un popolo senza stucchevolezze di sorta. La guerra di Mario (Amazon Prime Video) collega senza forzature le direzioni della città e la vertigine tra ricchi e poveri. Per colmare una distanza così profonda, l’animo di Mario. Ennesimo ragazzino memorabile della produzione di Capuano. Bambini e animali sono la sua fauna preferita, ma in generale i suoi film sono popolati da sognatori che falliscono con una tenera umanità: il successo, per loro, è un po’ come il Richard Gere (sosia) di Polvere di Napoli (co-sceneggiato da Sorrentino), mai vero e solo un’apparizione eclatante. In una pellicola ad episodi fantastica, che con freschezza si propone come un aggiornamento de L’oro di Napoli.

Per il resto che sia il jazz, uno stipendio, partite a scopa o il poker, la vita è sogno. C’è la fatica che resta addosso come il sudore e non ferma mai per davvero il piacere, un’eccitazione più che sessuale, che si fa motore di propulsione delle storie e dei personaggi, erotici in un senso legato al desiderio. Intendendo il termine quanto mai vicino all’accezione dell’antica Grecia. D’altronde è un autore capace di lasciar fiorire la tragedia greca in passeggiate in periferia e faide di camorra, di utilizzare in maniera comica e sfacciata la mitologia. Un autore capace di utilizzare ogni paesaggio possibile, dalle filovie agli scavi archeologici, riuscendo a poetizzare chiese o campi di pomodori, finestre, autostrade, tunnel, cani e asini. Film di passioni senza confini. Per un regista ed una persona che sembra avere il dono e il gusto per lo strabordare.

Infatti Antonio Capuano è un regista mai aderente al proprio tempo, anticipatore di tendenze, dal punto di vista tecnico o di tematiche, ma anche riutilizzatore garbato di gioielli del passato: venti o lune felliniane, piani pasoliniani, passaggi desichiani. Un regista che non filma per il successo ma per ciò che succede. Una stella che decide di non volare troppo in alto per provare ad illuminare bene o almeno più da vicino. Vito e gli altri è possibile vederlo su You Tube. Uno scrittore telefonò a Capuano: non si capacitava che non si riuscisse a vedere da nessuna parte un film così e avvisava il regista che prima poi l’avrebbe messo su You Tube. Capuano a quel punto gli rispose: “Ma mettilo mo, scusa, che ce ne fotte!?”.


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