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Terra dei Fuochi, la Corte di Strasburgo condanna l’Italia. La sentenza riconosce un rischio di morte «sufficientemente grave, reale e accertabile», qualificandolo come «imminente», e assegna allo Stato italiano un termine di due anni per adottare misure concrete e risolutive.
Strasburgo – La Corte europea dei diritti umani ha stabilito che l’Italia non ha protetto adeguatamente la popolazione della Terra dei Fuochi, l’area tra Napoli e Caserta devastata per decenni dall’interramento di rifiuti tossici, discariche abusive e roghi di immondizia. La sentenza riconosce un rischio di morte «sufficientemente grave, reale e accertabile», qualificandolo come «imminente», e assegna allo Stato italiano un termine di due anni per adottare misure concrete e risolutive.
Terra dei Fuochi, la Corte di Strasburgo condanna l’Italia
L’inquinamento nella Terra dei Fuochi non è una scoperta recente. Già nel 1997 il collaboratore di giustizia Carmine Schiavone denunciava alla Commissione ecomafie l’interramento di rifiuti tossici, avvertendo che «entro vent’anni rischiano tutti di morire». Le sue dichiarazioni rimasero coperte dal segreto di Stato fino al 2013. Nel frattempo, il tasso di tumori e malattie gravi aumentava in modo esponenziale. Le prove del disastro sanitario sono ormai inconfutabili.
Nel 2021 la Procura di Napoli Nord, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, ha pubblicato uno studio che dimostra la correlazione tra l’alto livello di inquinamento ambientale e l’incidenza di tumori al seno e leucemie nella popolazione locale. Una conferma scientifica di ciò che gli abitanti denunciano da anni.
La Corte ha evidenziato che le autorità italiane non hanno fornito «una risposta sistematica, coordinata e completa» al problema, né hanno garantito una comunicazione trasparente ai cittadini sui rischi sanitari. Al contrario, molte informazioni sono state occultate, lasciando la popolazione in balia di un disastro ambientale e sanitario.
Terra dei Fuochi, la Corte di Strasburgo condanna l’Italia: la sentenza
La sentenza è accolta con soddisfazione, ma anche con amarezza, da chi ha combattuto per anni per la bonifica della Terra dei Fuochi. «Quante calunnie abbiamo dovuto subire; quante minacce, derisioni, offese. I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano ma siamo andati avanti. Convinti. Vedevamo con i nostri occhi lo scempio delle nostre terre e delle nostre vite», ha dichiarato don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, da sempre in prima linea nelle proteste per la bonifica e simbolo della battaglia per la salute dei cittadini.
Gli fa eco il vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, che definisce la sentenza «giusta, ma tardiva». Tardiva per le tante vittime dell’inquinamento, come Vincenzo e Mario Cannavacciuolo, i due pastori di Acerra che per primi denunciarono la contaminazione delle campagne, mostrando al mondo i loro agnelli nati deformi (senza orecchie o con un occhio solo), segnati dal veleno della terra e dell’acqua.
«Hanno finalmente avuto giustizia, ma quelle vite non ce le restituirà nessuno», ha dichiarato Alessandro Cannavacciuolo, che ha visto morire lo zio di tumore.
Le reazioni istituzionali e gli interventi di bonifica
Sul fronte istituzionale, il vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola ha sottolineato che la sentenza fa riferimento a un periodo precedente il 2013, ribadendo che negli ultimi anni sono stati avviati importanti interventi di bonifica, destinati a proseguire. Tuttavia, la stessa Corte di Strasburgo sottolinea che la lotta allo smaltimento illegale dei rifiuti è ancora insufficiente.
Il futuro della Terra dei Fuochi
Sabato mattina, la Regione Campania parteciperà al tavolo tecnico convocato dal prefetto di Napoli Michele di Bari per discutere la situazione della Terra dei Fuochi. Ma l’attenzione è tutta sul governo centrale. La Corte di Strasburgo non esclude futuri risarcimenti alle vittime, ma condiziona questa possibilità all’effettiva capacità delle istituzioni di fermare il disastro nei prossimi due anni.
L’oncologo Antonio Giordano, che per primo ha denunciato l’avvelenamento del sangue nei pazienti oncologici della zona, ha definito la decisione della Corte una «sentenza storica».
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