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TROPEA – Ha ottenuto quasi un plebiscito l’antropologo e scrittore Vito Teti al Tropea Festival Leggere&Scrivere ottenendo la vittoria finale con il 72,3% dei voti complessivi. Teti ha conquistato l’ambito riconoscimento grazie al suo ultimo volume dal titolo “Il patriota e la maestra” riscuotendo l’ampio apprezzamento tanto della giuria popolare, dove ha conquistato 14 voti contro i 12 di Edoardo Albinati (Vita e morte di un ingegnere) e i 9 di Benedetta Palmieri (I funeracconti), quanto della giuria dei sindaci (122 voti per Teti, 16 voti per Palmieri e 15 voti per Albinati). Una vittoria senza se e senza ma che testimonia come la fatica letteraria di Teti abbia saputo conquistare i giudici del concorso e i lettori. La vittoria dell’antropologo originario di San Nicola Da Crissa nel Vibonese costituisce anche una ulteriore soddisfazione visto che uno dei più importanti premi letterari calabresi va ad un autore calabrese. 

La vittoria, come detto, è stata decretata come da tradizione da una giuria tecnico-popolare presieduta dalla giornalista e scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti e suddivisa tra la giuria strettamente popolare e la giuria dei sindaci calabresi. Al vincitore andrà un premio in denaro, un Kindle Paperwhite della Amazon, una prestigiosa penna Aurora e un articolo di pelletteria The Bridge. 
Vito Teti è ordinario di Etnologia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria, dove ha fondato e dirige il Centro di Antropologie e Letterature del Mediterraneo. I percorsi della costruzione identitaria, il motivo della melanconia e della nostalgia, l’antropologia dei luoghi e dell’abbandono, il rapporto antropologia-letteratura sono al centro della sua scrittura. È anche autore di diversi reportage fotografici e ha realizzato numerosi documentari etnografici in Calabria e in Canada anche per conto della Rai.
«Il romanzo storico “Il patriota e la maestra” – si legge nelle note esplicative del concorso – narra di una storia quotidiana, faticosa, segnata da speranze e delusioni a cui fanno da sfondo altre storie e altre figure del Risorgimento meridionale che aiuta a uscire da retoriche nazionali e da nostalgie neoborboniche. La storia dell’incontro tra un “vero figlio delle rupi calabre” e la “Mammagrande” piemontese, che girano l’Italia per affermare il loro credo, è metafora di un’altra storia tra Sud e Nord, uomo e donna, passione e ragione, ceti privilegiati e ceti popolari».
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