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Dal 2015 sono ben 17 i pentiti di 'ndrangheta del Vibonese

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Da Raffaele Moscato a Francesco Fortuna, passando per Andrea Mantella, Emanuele Mancuso, Bartolomeo Arena, Antonio Accorinti e tanti altri; 17 pentiti di ‘ndrangheta in tutto, nel Vibonese, in appena 9 anni, coincidenti con l’arrivo del procuratore Nicola Gratteri alla Dda di Catanzaro


VIBO VALENTIA – Con il pentimento di Francesco Fortuna si infoltisce ulteriormente la schiera di collaboratori di giustizia strappati alla ‘ndrangheta nella faretra della Distrettuale antimafia di Catanzaro, sia in termini di quantità che soprattutto – come in questo caso – di qualità. Mentre prima si potevano contare sulle dita di una mano e molti di loro erano anche datati, a partire dal 2015 c’è stato un deciso cambio di rotta che ha finito per provocare il cosiddetto “effetto domino”. Indistintamente, dalla costa all’entroterra, ad ondate, i nomi sarebbero saltati fuori, riportati nelle varie ordinanze cautelari o fermi, oppure nel corso delle udienze dibattimentali.  Nel corso degli anni sarebbero arrivati a pentirsi sia gregari che capi clan: in tutto 17 in soli 9 anni. Un numero fino a quel momento insperato.

LA SERIE AVVIATA DA RAFFAELE MOSCATO E IL “TERREMOTO” ANDREA MANTELLA

Ad inaugurare la stagione del pentitismo vibonese, a marzo del 2015, dopo l’arresto per l’omicidio del boss di Stefanaconi, Fortunato Patania, fu Raffaele Moscato (cl. ’86) sicario del clan dei piscopisani, che descrisse per filo e per segno sta stagione della faida tra il suo gruppo e quello rivale dei Patania, raccontando la sequela di omicidi che caratterizzarono quel periodo tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012, fino al suo arresto, tre anni dopo, per quei fatti.  

Ma a maggio del 2016, la ‘ndrangheta del Vibonese subì indubbiamente il maggior terremoto sulla scala “Richter” mai registrato fino a quel momento con la collaborazione di colui il quale resta ad oggi la massima figura ad aver saltato il fosso: l’ex boss scissionista di Vibo, Andrea Mantella (cl.’72),  a maggio del 2016. Grazie a lui gli investigatori arrivarono in luoghi e a persone fino a quel momento quasi del tutto inaccessibili, scoprendo quello che si può tranquillamente definire il vaso di pandora della ’ndrangheta vibonese. Da qui in poi, anche grazie all’azione impressa dal pool investigativo costruito dall’allora procuratore Nicola Gratteri, quell’effetto domino divenne più marcato.

NEL 2018 LA NOTIZIA BOMBA DI EMANUELE MANCUSO

A febbraio del 2017 fu la volta di una ucraina, Oksana Verman, che da qualche anno era finita senza neanche rendersene contro sotto Salvatore Pititto, boss di Mileto. Grazie anche ai suoi racconti fu possibile portare a termine l’operazione “Stammer” con la disarticolazione di tre gruppi criminali dediti al narcotraffico internazionale.  Ma un altro grosso scossone avvenne nell’estate del 2018, quando il nome iscritto a referto dei collaboratori fu quello di Emanuele Mancuso (cl. ’88), primo e finora unico della famiglia di Limbadi a farlo. Le sue rivelazioni consentirono di osservare dall’interno – circostanza mai avvenuta prima – le dinamiche di uno dei più potenti clan di ’ndrangheta d’Italia.  

E quell’anno si annovereranno altri due nuovi pentiti di ‘ndrangheta del Vibonese: dapprima Salvatore Schiavone (cl.’76), nato a Laureana di Borrello ma residente a Nicotera, esperto soprattutto in furti e droga, e poi Nicola Figliuzzi (cl. ’90), ex killer prima dei Patania con cui visse la stagione della faida, e poi della cosca Loielo operante nelle Preserre vibonesi.  

CON BARTOLOMEO ARENA L’ULTERIORE STEP QUALITATIVO DEI PENTITI DEL VIBONESE

Altro momento importante si ebbe nell’ottobre 2019 con l’annuncio della collaborazione di Bartolomeo Arena (cl. ’75), esponente della “mala” vibonese che ha consentito di gettare ulteriore luce in quegli angoli rimasti bui dopo l’uscita di scena dalla galassia criminale di Andrea Mantella, offrendo un significativo contributo investigativo sul cambiamento dei rapporti di forza nel panorama ndranghetistico cittadino (e delle frazioni) con l’affermazione delle cosiddette “nuove leve”, delle quali avrebbe fatto parte, e su quella guerra tra gruppi per fortuna solo sfiorata. Quindi, sempre in quel periodo – anche se la circostanza si è appresa solo poche settimane addietro –  fu la volta del vibonese Renato Marziano (cl. ’67), genio delle truffe al servizio del clan di Piscopio, con “l’hobby” del traffico di droga, a chiudere col passato e affidarsi allo Stato.

A seguire, sempre nel 2019, Giuseppe Comito (cl. ’80), di Vibo Marina, esponente nella zona delle Marinate per conto del clan Mancuso di Limbadi, con un ruolo importante ricoperto durante la faida tra i Patania, appoggiati dal clan di Limbadi e i piscopisani. Alla fine dell’estate del 202o si pente una delle nuove leve del crimine vibonese: Michele Camillò, (cl. ’82) esponente dell’omonimo clan, figlio del capoclan, che ha corroborato per quanto di sua conoscenza – o de relato – le dichiarazioni rese da Arena puntellando ulteriormente l’attività investigativa. Nello stesso periodo, poi, la collaborazione avviata da Gaetano Antonio Cannatà (Cl. ’74), appartenente alla consorteria dei Lo Bianco-Barba di Vibo, quale soggetto dedito stabilmente al giro di usura a vantaggio della cosca. 

TIMIDI SEGNALI ANCHE NELLE PRESERRE VIBONESI

La stagione dei pentiti di ‘ndrangheta del Vibonese prosegue nel marzo 2021 quando a dichiararsi tale fu 2021 Walter Loielo (cl. ’96), ex rampollo dell’omonima consorteria criminale con cui si è aperto uno primo squarcio nella ’ndrangheta delle montagne vibonesi, seguito nel 2022 da Antonio Guastalegname (cl. ’68) e, l’anno successivo, dal figlio Domenico (cl. ’94), entrambi originari di Vibo ma da tempo residenti nell’Astigiano, che comunque hanno offerto il loro contributo conoscitivo soprattutto in ordine ai traffici di droga.

IL LIVELLO NEL VIBONESE AUMENTA NEL 2023 CON PENTITI PIÙ IMPORTANTI

Il livello si sarebbe poi nuovamente alzato nel 2023 dapprima con Pasquale Alessandro Megna (cl. ’83), giovane esponente della famiglia Mancuso, che ha consentito di scavare ancora più a fondo nelle pieghe degli affari illeciti del clan di Limbadi, poi con Onofrio Barbieri (cl. ’80), azionista del clan Bonavota di Sant’Onofrio che ha riferito in ordine agli omicidi e ad altre attività dell’organizzazione criminale guidata dai fratelli Pasquale e Domenico Bonavota, e infine, con Antonio Accorinti (cl. ’80), figlio del boss Nino, con il quale si sono accesi i riflettori sulla cosca imprenditoriale di Briatico e sulle ingerenze non solo in campo politico ma anche e soprattutto nel tessuto turistico vibonese.

CHI SARÀ IL PROSSIMO?

Adesso, la collaborazione di Francesco Fortuna eleva ulteriormente il livello dei pentiti di ‘ndrangheta del Vibonese, in attesa di altre figure magari di altrettanto spessore o addirittura maggiore. D’altronde, quanto avvenuto in questi anni consente di affermare, mai come in passato, che tutto è possibile.

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