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UN calabrese? No, lui si definisce toscano. Eppure in Calabria è nato, ha vissuto per anni. E calabresi sono i suoi genitori. Di più, sono l’espressione completa della regione: papà di Canna, l’ultimo paese del Cosentino al confine con la Basilicata; mamma di Reggio, sull’estremo opposto. Francesco Manuel Bongiorno è andato via con loro quando aveva sei anni. A Fucecchio, provincia di Firenze. E da allora addio Calabria, o quasi.
In Toscana è cresciuto, lì ha cominciato a pedalare e ha seguito tutto l’iter fino all’ingresso nel mondo dei professionisti. «Giù sono tornato qualche volta per le vacanze, ma adesso mancavo da anni», racconta con l’accento toscano, se gli si chiede delle sue origini. Ci voleva il Giro d’Italia per riportarlo nella terra delle sue origini, a 22 anni.
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Indossa la maglia della Bardiani con la quale la Calabria è stata generosa: a Serra San Bruno ha vinto il suo compagno di squadra Battaglin, un anno meno giovane di lui, un’altra delle promesse del ciclismo italiano. Ma se l’eroe di martedì ha detto di ispirarsi al francese Gilbert, passista scalatore d’oltralpe, il calabro-toscano Bongiorno è piuttosto uno che aggredisce le salite sui pedali. Per lui, che un anno fa ha conquistato il titolo nazionale tra gli under 23, serviranno altre tappe più avanti, se vuole pensare di portare a casa qualche soddisfazione da questo Giro. Intanto anche ieri era lì, con i primi.
Difficile, comunque, strappargli qualche dichiarazione su quale potrà essere il futuro della sua esperienza rosa. Non è persona di molte parole, Francesco Manuel Bongiorno. Ieri a Matera, dopo che il suo compagno di squadra Canola ha sfiorato il successo – solo in testa nell’ultimo rettifilo a causa di una caduta ma piantato sui pedali a pochi metri dal traguardo – Bongiorno non ha commentato il possibile bis per la Bardiani. A Matera vive sua nonna Rosa, che ha 85 anni. E tra la folla del traguardo è stata segnalata anche la presenza di suo padre Italo, che di lavoro fa il carabiniere. La tappa è sfilata via a un soffio da Canna, la si vedeva quando, sfilando sulla statale 106, si stava per varcare il confine lucano. Martedì, invece, a Serra San Bruno, nell’arrivo più meridionale del Giro 2013, c’erano altri suoi parenti arrivati da Reggio Calabria. «Non li vedevo più o meno da dieci anni» racconta Francesco Manuel. Perché per lui la Calabria era diventata solo un ricordo, fino al Giro 2013. Ora c’è tornato pedalando. «Tornerò e sarà ancora in bici», promette.
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