Il Duomo di Cosenza
5 minuti per la letturadi GIUSEPPE DE BARTOLO*
NEL Secondo dopoguerra la Calabria ha conosciuto un intenso e continuo processo di redistribuzione della sua popolazione facendo via via perdere al suo territorio quei tratti che l’avevano contraddistinto nel passato; questo processo ha interessato soprattutto i centri urbani. Ripercorrendo, nei suoi tratti essenziali la storia urbana calabrese, ricordiamo che nei secoli scorsi varie cause avevano fatto sì che le popolazioni calabre preferissero i centri abitati. Per lungo tempo esse hanno conservato tali preferenze, sia per ragioni di sicurezza sia per la particolare configurazione del territorio regionale che ostacolava la costruzione di case nelle campagne. Infatti, al censimento del 1861 l’80% della popolazione regionale viveva in centri, il 9,3% in frazioni, i cosiddetti Casali, e soltanto l’11% viveva in case sparse.
Ricordiamo che fino ai primi dell’800, nella pubblicistica dell’epoca, la Calabria era considerata una regione sotto popolata, a seguito delle crisi che si erano susseguite dal 1500 in poi. Queste crisi avevano interessato soprattutto le campagne, provocando un movimento migratorio verso le città e in particolare verso Catanzaro e Reggio Calabria, mentre erano in declino tutti gli altri centri tra cui Cosenza. Nel 1700 la situazione non era mutata tant’è che il Galanti nel 1792, dopo aver visitato la regione, scriveva che essa era “un vero stato di deserto”. Questo quadro rimane sostanzialmente immutato per buona parte dell’800, e solo verso la seconda metà di quel secolo in Calabria si registrano tassi di crescita prossimi a quelli dell’intero Paese.
Però, a correggere lo squilibrio che nel frattempo si era venuto a creare per l’aumento di popolazione interviene l’emigrazione con l’estero che dà uno scossone all’immobilismo demografico che caratterizzava da secoli la Calabria: infatti, subito dopo l’Unità, da poche centinaia di espatri nel periodo 1876-85 si passa a oltre 5mila espatri, a oltre 13mila nell’intervallo 1886-95, a 400mila nel periodo 1906-15. La Calabria nella graduatoria dell’intensità dell’emigrazione balza così dal nono al secondo posto che conserverà per tutto il trentennio del secolo scorso.
In passato era ricorrente la domanda se in Calabria vi fossero state o vi fossero delle vere proprie città. Questa domanda ha avuto sempre risposta negativa e solo negli anni ’60 del secolo scorso il Gambi finalmente assegnava il carattere di città ai comuni capoluogo e carattere di città- paese ad altri centri importanti come Rossano, Locri e Palmi. Dopo l’Unità solo i tre Comuni capoluogo di provincia presentavano alcuni tratti urbani grazie alla presenza d’importanti uffici pubblici che li distinguevano dal mondo rurale circostante con cui avevano legami molto stretti. La loro crescita fu però stentata perche la pressione demografica, anche se crescente, non era ancora sufficientemente robusta. Per questi motivi, per esempio, Cosenza nel 1861 contava appena 18mila abitanti e per superare i 50 mila abitanti bisognerà attendere il censimento del 1951. Reggio Calabria, benché fosse il centro demograficamente più importante, nel 1861 oltrepassava appena i 30mila abitanti. Fino al 1931 la crescita delle tre città capoluogo fu abbastanza lenta tant’è che dopo settanta anni dall’Unità non avevano ancora raddoppiato la loro popolazione.
Questa debolezza del trend demografico, specialmente a cavallo tra il ‘800 e il ‘900, era un chiaro sintomo della loro scarsa capacità di attrazione: infatti, esse non erano più i centri di quelle attività economiche di tipo tradizionale che le avevano caratterizzate nel passato. Soffermandoci solo sulla città dello Stretto, e rinviando ad altra occasione una riflessione sulle altre realtà urbane, ricordiamo che fino al 1860 Reggio Calabria aveva avuto un apprezzabile sviluppo in direzione sud. Dopo la parentesi della crisi agraria, con l’inizio del ‘900, l’espansione continuò favorita dalla presenza del porto. Il terremoto del 1908, che distrusse gran parte dell’abitato provocando 12mila morti, fu la causa della rottura dei confini spaziali in cui la città di Reggio era ristretta; successivamente la popolazione inizia a crescere fino a raggiungere nel 1926 sessantamila abitanti.
Ricordiamo che nel corso degli anni ’20 del secolo scorso con il decreto del luglio del 1927 i Comuni viciniori di Reggio furono assorbiti nell’amministrazione unica della Grande Reggio, realtà che ebbe però vita breve perché la sua costituzione aggravò, piuttosto che alleviare, i problemi che con l’unione s’intendevano risolvere. Nel Secondo dopo guerra le città della Calabria crescono vistosamente: si assiste alla formazione di sistemi urbani complessi, Piana di Gioia Taranto, Piana di Sibari, ma aumenta altresì lo spopolamento di molti Comuni isolati. Negli anni ’80 termina la crescita convulsa abnorme delle città capoluogo cui segue, ad accezione di Reggio Calabria, una fase di stabilità della popolazione e anche di declino: ha inizio quello che è chiamato l’inverno demografico che segnerà fortemente la geografia umana regionale degli anni a venire.
Nel corso degli ultimi decenni è andato attenuandosi sempre più il divario fra città e campagna e si nota una crescente diffusione del carattere urbano favorito dalla “modernizzazione”. Nonostante queste trasformazioni però i centri urbani in Calabria non hanno ancora quelle funzioni che distinguono le città moderne, come ad esempio un sistema efficace di autotrasporto che consenta un adeguato e veloce spostamento di persone e merci al loro interno e altre economia di scala che solo le recenti aggregazioni stanno tentando di realizzare: come la costituzione della città metropolitana di Reggio Calabria, formalmente istituita nel 2014; la istituzione nel 2017 del Comune dei Casali del Manco; la fusione tra Rossano e Corigliano avvenuta il 2018; i tentativi di costituire un unico comune nell’area urbana cosentina.
Con i censimenti permanenti della popolazione, che l’Istat ha avviato nel 2018, abbandonando il sistema dei censimenti decennali, le tredici città metropolitane, tra cui Reggio Calabria, hanno avuto un’attenzione particolare dal punto di vista statistico. Qui di seguito cercheremo di evidenziare nei suoi tratti essenziali gli indicatori statistici demografici più significativi della città metropolitana di Reggio Calabria che, pur in un contesto di generale malessere demografico, verosimilmente grazie agli effetti benefici dell’aggregazione, raffigurano una situazione socio demografica migliore rispetto al resto del territorio e in particolare rispetto a Cosenza e Catanzaro.
Per esempio, Reggio Calabria ha una natalità relativamente più alta, una struttura demografica più giovane, un indice di vecchiaia più temperato, un indice di dipendenza anziani e di struttura della popolazione attiva regionale migliore; indici d’istruzione superiore e tassi di occupazione giovanile addirittura più elevati rispetto alla media nazionale.
*già ordinario di Demografia, Unical
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