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L'Università della Calabria

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NON solo porta d’accesso alla carriera universitaria. Il dottorato in Italia ambisce da un po’ a candidarsi a percorso di formazione per la futura classe dirigente del Paese, tanto nel pubblico quanto nel privato. Nel secondo caso, una spinta dallo scorso anno è arrivata dal Pnrr: il piano nazionale di ripresa e resilienza ha destinato, in Italia, 600 milioni di euro al finanziamento dei cosiddetti dottorati innovativi. L’obiettivo? Creare un ponte tra mondo della ricerca e imprese, a cui viene chiesto di condividere il progetto di dottorato, contribuire in parte al costo della borsa e accogliere in sede il dottorando. È un percorso di ricerca che si costruisce insieme, con l’obiettivo di aiutare l’impresa a innovare. Magari sulla strada della transizione digitale o di quella ecologica, per citare due direttrici cruciali del Pnrr (e del futuro).

«La forte accelerazione impressa dallo sviluppo delle nuove tecnologie rende fondamentale per le imprese disporre di competenze d’avanguardia» commenta il rettore dell’Unical Nicola Leone. L’occasione per parlarne è un convegno ospitato in ateneo nei giorni scorsi e organizzato in collaborazione con Confindustria, ministero dell’Università e della ricerca e Conferenza dei rettori. Destinatarie innanzitutto le imprese, che con questa misura ancora devono prendere confidenza e non solo in Calabria: delle risorse assegnate dal ministero poco più del 30 per cento lo scorso anno – media nazionale – si è trasformato in una borsa di studio e in un progetto di dottorato. Per questo secondo round il ministero ha deciso di rilanciare, incrementando i fondi. Anche in Calabria: la regione con i suoi atenei si è vista assegnare 364 borse, per un totale di 11 milioni di euro. «Più del doppio rispetto all’anno precedente – spiega Maria Carmela Cerra, delegata del rettore Leone per i dottorati di ricerca – ed è un’opportunità per tutte le imprese, non parliamo solo di comparto industriale».

Non a caso all’incontro organizzato presso l’University Club dell’ateneo rendese erano presenti anche i rappresentanti degli ordini professionali. Tra i relatori, dirigenti di Confindustria nazionale e del ministero: l’obiettivo era quello di spiegare i dettagli tecnici dell’operazione e le scadenze, ma pure quello di vincere eventuali resistenze delle imprese. Perché a queste ultime è chiesto di fare un investimento. Per attivare un dottorato innovativo, l’impresa dovrà coprire la metà dell’importo della borsa. Si tratta di 30mila euro, che andranno a sommarsi all’importo garantito dal ministero.

Aldo Ferrara – presidente di Unindustria Calabria, tra gli ospiti dell’iniziativa – non nasconde che questo possa essere un freno. «La misura dei dottorati innovativi merita di essere promossa e risponde anche alle esigenze delle imprese calabresi, ma le ambizioni devono sempre fare i conti con la realtà. C’è necessità di farla comprendere bene e anche di diluire i tempi. Rischia di non essere una misura per tutti: prevede un progetto complessivo di investimento e di trasformazione dell’impresa – spiega Ferrara – È necessario costruire intorno a questa iniziativa una serie di strumenti di supporto».

Nel frattempo, chi ha già fatto esperienza di questa misura la promuove. Lo fanno i dottorandi: Vincenzo Barbuto, che fa ricerca in ambito di intelligenza artificiale, spiega che tra i vantaggi «c’è la possibilità di sviluppare competenze trasversali». Ma lo fanno anche le aziende che hanno già aderito lo scorso anno alla misura. È il caso del gruppo Relatech, che ne ha già finanziate sette e che promuove l’iniziativa come «salto culturale».

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