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Il Pronto soccorso dell'ospedale di Locri

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LOCRI (REGGIO CALABRIA) – Lunghe attese, disorganizzazione, pochi infermieri, ancor meno medici, autogestione e tanta confusione. Il pronto soccorso dell’ospedale di Locri è al collasso. Gli utenti sono sempre più nervosi e con essi anche il personale medico e infermieristico. Questa volta la pandemia non centra nulla, anzi delle volte sembra esser usata come scusante per coprire le mancanze mentre, il vero problema sembra esser da ricercare nell’assoluta disorganizzazione del pronto soccorso, nell’assenza di un coordinatore: nella mancanza di un primario.

«Non ce la facciamo più», dicono sottovoce medici e infermieri. A loro fanno eco i pazienti «che schifo», lasciati per ore ed anche giorni in attesa di un ricovero, del trasferimento in altra struttura o anche soltanto per esser visitati.

Martedì mattina per i codici d’emergenza (quelli rossi e arancioni), per l’unità Obi (Osservazione Breve Intensiva) e per i tamponi Covid-19 c’era una sola infermiera che si divideva un po’ qua e un po’ là, come una trottola impazzita: mentre eseguiva un elettrocardiogramma nella sala dei codici arancioni, veniva chiamato nell’unità Obi per poi velocemente indossare la tutona biancha ed andare a fare il tampone Covid-19.

Non meno felice la vita dei medici costretti anche a doppi turni per coprire le assenze. Doppi turni che stremano, innervosiscono, rallentano anche la stessa opera dei camici bianchi e intanto nelle sale d’attesa i pazienti attendono ed aumentano sempre di più. «Lei è un codice giallo, l’attesa è lunga, almeno quattro o cinque ore», dice un infermiere, uomo, che sembra agire in modo automatico. E’ proprio al triage che si nota in modo concreto la mancanza di organizzazione, superato quello poi la situazione per i pazienti migliora. Delle volte sembra che l’attesa dei pazienti con i codici meno gravi (sono quelli cui l’attesa è infinita, soprattutto nel fine settimana quando di turno non c’è il medico per questi codici) possa dipendere proprio dall’infermiere di turno al triage.

Domenica 22 maggio, ad esempio, una bambina con la mano gonfia e dolorante ed un uomo con una ferita lacero-contusa alla testa con sanguinamento, hanno sostato oltre 4 ore prima di esser curati. Il loro status “d’attesa” si è risolto con il cambio dell’infermiere al triage, che ha subito iniziato a smaltire la lunga fila: «A te piccola mi dispiace che hai atteso tutte queste ore solo per un foglio, eccolo qua, con questo andare al primo piano area radiografia per le lastre e poi tornate qua. Prego signore entri pure, è il suo turno», ha detto la giovane infermiera con un sorriso.

Al Pronto soccorso di Locri al momento sembrerebbe mancare, almeno da come agiscono al triage, anche una semplice linea guida su quali pazienti occorre fare il tampone Covid-19 e quali no. Lunedì 30 maggio, l’attesa per i pazienti dei codici meno importanti è stata infinita e qua si è palesato come la faccenda dei tamponi Covid-19, se farlo subito per diminuire i tempi d’attesa, o meno, possa esser descrizione del professionista al triage. Quel giorno alcuni pazienti, che necessitavano di radiografie e visita ortopedica, dopo oltre quattro ore d’attesa sono stati rimandati indietro perché non era stato fatto loro il tampone. Capita così che un uomo su una vecchia sedia a rotelle del pronto soccorso, abbia atteso otto ore, senza che nessuno si occupasse di quell’anziano e quando lo stesso con educazione ha chiesto un aiuto per andare in bagno, non è riuscito a trovare alcun Oss, non praticante, che lo aiutasse.

Lunghe attese e un caos così che non si erano mai registrati così al pronto soccorso di Locri e, ancora non sono arrivati i turisti.

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