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ROMA – E’ di cinque fermi il bilancio di un’operazione contro la ‘ndrangheta condotta dai comandi provinciali dei carabinieri e della Guardia di finanza di Brescia tra la città lombarda, Reggio Calabria e Vibo Valentia. Sono ritenuti responsabili, in concorso tra loro, di avere detenuto e portato in luogo pubblico armi comuni e da guerra (pistole e bombe a mano) con la finalità di realizzare un omicidio, maturato in un contesto di criminalità organizzata, con l’aggravante di avere agevolato l’attività di una famiglia ‘ndranghetistica.
I fermati sono: Gianenrico Formosa, classe 1971 e residente a Flero (Brescia); Giuseppe Zappia, classe 1969 e residente a Nuvolera (Brescia). A questi si aggiungono altre tre persone ritenute responsabili, a vario titolo, dell’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello di un collaboratore di giustizia, e sono Vincenzo Larosa, classe 1972 e residente a Taurianova (Reggio Calabria), Michelangelo Tripodi, classe 1978 e residente a Vibo Valentia, e Francesco Candiloro, classe 1979 e residente a Brescia. I cinque sono stati portati in carcere.
Eseguite contestualmente anche 27 perquisizioni.
VIDEO – IL COMMENTO DEL PROCURATORE DI REGGIO CALABRIA BOMBARDIERI
L’operazione ha consentito di raccogliere “univoci e concordanti indizi di colpevolezza” nei confronti dei destinatari del fermo “in relazione al reato di detenzione e porto in luogo pubblico di armi comuni e da guerra, finalizzato alla realizzazione di un progetto omicidiario rispetto al quale i predetti sono stati individuati, a vario titolo, quali mandanti ed esecutori materiali”.
L’obiettivo dell’omicidio era Rodolfo Ferraro, calabrese e residente da tempo in provincia di Belluno e già vittima in passato di un tentativo di omicidio. Questo nuovo tentativo era stato motivato dalla necessità di evitare che Ferraro potesse evitare di riferire agli inquirenti informazioni sulle attività passate della cosca di ‘ndrangheta dei Crea, attiva nella provincia di Reggio Calabria. L’idea era quella di mettere sotto la sua auto un ordigno esplosivo, strategia, però, mai messa in pratica a causa dei lavori di ristrutturazione ai queli era sottoposta la casa di Ferraro.
L’attività è stata coordinata dalla Direzione nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNA) con altre operazioni svolte in altre regioni d’Italia.
L’indagine è stata avviata nel maggio del 2020, a seguito del sequestro di 42 tonnellate di tabacco, di provenienza estera, del valore di circa 8 milioni di euro, e di macchinari per la lavorazione del tabacco e il confezionamento di pacchetti di sigarette.
I successivi sviluppi investigativi avevano condotto nell’estate del 2020 a un arresto per usura; al rinvenimento di una bomba a mano di fabbricazione jugoslava, di una pistola Glock cal. 9×21 (provento di furto), di una pistola cal. 22LR clandestina (priva di matricola); all’esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP di Brescia, nei confronti di due persone responsabili di acquisto, trasporto e detenzione di 57 tonnellate di tabacco lavorato estero di contrabbando, della produzione di sigarette e della contraffazione di marchi, di evasione fiscale per circa 600 mila euro, di detenzione e porto di armi clandestine e da guerra; all’esecuzione in Slovenia, dopo l’emissione di un mandato di arresto europeo, dell’ordinanza in carcere nei confronti di una terza persona; al rinvenimento di una bomba a mano.
Le indagini sono state condotte anche all’estero con la collaborazione del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della DCPC (Direzione Centrale Della Polizia Criminale), di Europol e di Eurojust.
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