Il dibattito a Palazzo San Giovanni
2 minuti per la letturaVILLA SAN GIOVANNI (REGGIO CALABRIA) – “La Calabria che resta” ricorda – nella vigilia del 30° anniversario dell’omicidio del giudice reggino Antonino Scopelliti e della 30° estate senza mandanti ed esecutori – i motivi per cui è più facile fare le valigie e lasciare una terra difficile, ma anche e soprattutto quelli per cui è complicato ma giusto rimanere nel Meridione.
Attraverso Scopelliti – il giudice troppo scomodo per il maxi processo (di cui avrebbe dovuto rappresentare la pubblica accusa in Cassazione) – l’ampio parterre riunitosi ieri a Palazzo San Giovanni si chiede perché (e per chi) restare.
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Rosanna Scopelliti, assessore alla Legalità del Comune di Villa San Giovanni e figlia della vittima, resta proprio per il genitore e «perché ogni persona che non se ne va toglie qualcosa alla mafia, a quella Calabria che vuole essere eccellenza e non stereotipo; che preferisce le maniche alzate alle lagne».
Tiberio Bentivoglio, imprenditore e testimone di giustizia, ha scelto di rimanere «dopo aver rifiutato di pagare il pizzo, dopo aver subito attentati. Non avevo scelta: avrei vinto solo senza scappare. Lo dovevo ai sacrifici fatti».
Sara Amerio, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, non è nativa della città dei Bronzi «eppure ci vivo da tanto, perché mi piace la Calabria che non si abitua e non cede al malaffare».
Caterina Capponi, docente di storia e filosofia presso il liceo scientifico Leonardo Da Vinci, insegna ai suoi allievi che «partendo da Socrate arrivando al giudice Scopelliti, fedele servitore della Costituzione, è meglio subire che sottrarsi».
Secondo Mariagrazia Arena, presidente del tribunale di Reggio Calabria, «restare è una forma d’amore. Rende possibile servizi; infrastrutture e tutto ciò che rende sana una società»; per Iside Russo, presidente della corte d’appello di Salerno russo «bisogna pensare a chi, come Scopelliti, ha preferito pagare con la propria vita, pur di non sottrarsi al ruolo di garante della legalità».
Spazio anche alle testimonianze degli inquilini di Palazzo San Giovanni: il sindaco facente funzioni Maria Grazia Richichi resta «perché la mafia fa paura a tutti, amministratori compresi, ma bisogna respirare aria nuova»; il suo assessore alla legalità Francesca Porpiglia resta «nonostante due commissioni di accesso in una sola consiliatura: la nostra squadra non se n’è andata, non è stata sciolta».
Rosanna Scopelliti non risparmia certo frecciatine alla stampa: «Dopo trent’anni da un omicidio così brutale, devo pure leggere su L’Espresso certi articoli con termini molto ambigui: la figura di mio papà era immacolata, invece viene accostata ai mafiosi; si insinua qualcosa sui rapporti coi mafiosi del suo paese. Ma certa stampa dov’era, quando di papà parlavo solo io e pochissimi altri? Ci vorrebbe un esame di coscienza».
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