REGGIO CALABRIA – Prima presi a colpi di pala poi, ancora vivi, dati in pasto ai maiali. C’è tutta la ferocia della ‘ndrangheta dietro il duplice omicidio di Francesco Raccosta e del cognato Carmine Putrino. Una sequenza agghiacciante. Compiuta con estrema freddezza. Fino a diventare un vanto, un piacere. Simone Pepe racconta tutto con dovizia di particolari: “…Appena ha preso le prime tre quattro botte di pala…è stata una sensazione no bella, di più…”.
La faida tra le famiglie di Oppido Mamertina è sempre stata una delle più feroci che la ‘ndrangheta abbia mai conosciuto. Morti ammazzati in nome della spartizione del territorio e dell’onore delle famiglie, per una guerra ripresa negli ultimi tempi e interrotta oggi con l’esecuzione di venti provvedimenti di fermo da parte dei carabinieri.
Le pagine dell’ordinanza per l’operazione “Erinni” (
LEGGI I PARTICOLARI DELL’OPERAZIONE) sono la testimonianza più cruda di questa violenza estrema. Le intercettazioni diventano confessioni. Con particolari macabri. Il duplice omicidio dei cognati Raccosta e Putrino risale al 13 marzo 2012. Un delitto contestato a vario titolo a Rocco Mazzagatti, Domenico Scarfone, Simone Pepe, Pasquale Rustico e Giuseppe Ferraro (
LEGGI L’ELENCO). Ognuno aveva avuto un ruolo ben determinato. Ferraro aveva fornito le informazioni utili per sequestrare ed ammazzare i due, così come avevano chiesto Mazzagatti e Scarfone, accusati di essere mandanti ed esecutori materiali. Pepe e Rustico furono gli esecutori materiali.
A Raccosta sarebbe toccata la morte più cruda. Colpito ripetutamente con la spranga. Appeso ad una carrucola e poi dato in pasto ai maiali mentre era ancora in vita. Pepe racconta tutto. Il boia ha solo 24 anni, ma è spietato come pochi.
Svela ogni particolare in una conversazione intercettata dagli inquirenti. Non ha alcuna remora ad uccidere, ma soprattutto lo fa con il petto in fuori, vantandosi: “Mentre lo ammazzo lo devo guardare, lo devo guardare dentro gli occhi”, racconta. E mentre scarica la sua rabbia sui suoi bersagli, respinge anche i tentativi di chi chiede di fermarsi. Di sparare se necessario, ma di non infierire. Ma lui vuole fare soffrire le vittime. E mentre colpisce con la spranga, Pepe umilia la sua vittima: “Adesso ti faccio morire da vivo e ti faccio vedere come soffri”, racconta di avergli detto. Così lega la sua vittima ad una carrucola. Lo colpisce ancora con la pala e poi, mentre la vittima è ancora legata, lo getta tra i maiali. Una morte orribile. Raccontata passo dopo passo. Impossibile da riferire nei dettagli. Voluta al punto da liberare altri maiali per completare la missione di morte selvaggia. Alla fine il boia è contento: “E’ stata una soddisfazione sentirlo strillare… mamma mia come strillava”.