L'ex senatore Giovanni Emanuele Bilardi
3 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Solo gli stolti potevano pensare che l’inchiesta sull’operazione “Ducale” fosse arrivata al capolinea: troppo infarcite e ben documentate di intercettazioni ambientali e telefoniche le oltre 1400 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare dello scorso 11 giugno firmata dai carabinieri del Ros con il coordinamento del procuratore Giovanni Bombardieri, degli aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto e del pm Salvatore Rossello, troppo piene di politica e politici, soprattutto, che facevano a gara ad aggiudicarsi le “attenzioni” nel corso delle campagne elettorali (regionali 2020-2021 e le comunali del 2020) del genero-faccendiere del boss Araniti, Daniel Barillà e di tutto lo storico casato di ndrangheta di Gallico Sambatello.
E così l’inchiesta inevitabilmente si è allargata a macchia d’olio con l’iscrizione nel registro degli indagati per scambio elettorale politico-mafioso anche dell’ex senatore Giovanni Bilardi, eletto nel 2013 con il Grande Sud, dell’assessore comunale di Reggio Calabria Domenico Battaglia detto “Mimmetto”, del Pd, e dell’attuale consigliere comunale della Lega Mario Cardia (che all’epoca dei fatti militava però nelle file del centrosinistra nelle liste del candidato a sindaco Falcomatà, ndr). I tre nuovi indagati dell’inchiesta “Ducale”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, che ha portato a 14 misure cautelari, fanno compagnia ad altrettanti big della politica cittadina e regionale.
OPERAZIONE DUCALE, GLI ALTRI INDAGATI NELLA POLITICA
A proposito di politica, l’inchiesta sull’operazione Ducale vede indagati, sempre per scambio elettorale politico mafioso, anche il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, il consigliere regionale di Fratelli d’Italia (sospesosi da Fdi) Giuseppe Neri e il consigliere comunale del Pd Giuseppe Sera. Per questi ultimi due, la Dda ha presentato appello al Tribunale del Riesame perché il gip ha rigettato la misura cautelare dell’arresto. L’indagine ha riguardato la cosca Araniti di Sambatello, alla periferia nord di Reggio, che avrebbe avuto un ruolo attivo alle elezioni regionali del 2020 e del 2021 e alle elezioni amministrative del settembre 2020.
Tra gli arrestati, ci sono il presunto boss Domenico Araniti e suo genero Daniel Barillà. Quest’ultimo è il soggetto che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il tramite tra la cosca e la politica e sono innumerevoli le intercettazioni che lo riguardano. In cambio dalla politica avrebbe, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, ricevuto tantissimi incarichi tecnici all’interno dei comuni e della stessa città metropolitana. Il nome del senatore Gianni Bilardi emerge nell’ordinanza in riferimento alla elezione di Peppe Sera.
LA POSIZIONE DELL’EX SENATORE BILARDI
Gli inquirenti hanno ritenuto importanti le pagine dedicate alla ricostruzione dell’appoggio elettorale fornito da una delle figure storiche della destra regionale e locale, l’ex senatore Giovanni Emanuele Bilardi (medico dal 2017 in Fi e prima Grande Sud, accusato di falso e peculato nell’inchiesta Rimborsopoli quando era consigliere regionale della Calabria per aver utilizzato 357.000 euro di soldi pubblici per scopi personali) contattato dal gancio della cosca Araniti, Paolo Pietro Catalano per far convergere i suoi voti appunto su Peppe Sera. Anche il nome di Mimmetto Battaglia è ricorrente nelle carte del Ducale.
“I rappresentanti regionali e locali del Pd, tra cui, in particolare, Domenico Battaglia, agognavano costantemente il pacchetto di voti di cui il Barillà poteva disporre su delega del capocosca Domenico Araniti” scrivono gli inquirenti. E l’ordinanza contiene svariate conversazioni tra Peppe Sera e Mimmetto Battaglia che proponevano di premiare Barillà con la nomina a liquidatore della Leonia Spa, la società mista che si occupava della raccolta dei rifiuti nel Comune di Reggio “per responsabilizzarlo perchè sono 800 voti che da là passano qua” dicevano in riferimento all’appoggio che fino ad allora Barillà aveva garantito a Peppe Neri di Fdi.
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