L'arresto del boss Giuseppe Pelle
2 minuti per la letturaSAN LUCA – Erano stati arrestati il 9 marzo della Dda reggina nell’ambito dell’operazione “Defender”. Un’intera famiglia, quella dell’ex latitante Giuseppe Pelle “Gambazza” di San Luca, quel giorno finì in carcere, con l’accusa di favoreggiamento personale aggravato dalla circostanza mafiosa ed in particolar modo di aver favorito e coperto la latitanza del loro congiunto, poi catturato dagli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria nell’aprile del 2018 in una frazione di Condofuri, nel reggino (LEGGI).
Venerdì, Francesco Pelle (1991) e Antonio Pelle (1986), rispettivamente figlio e nipote di Giuseppe Pelle, sono tornati in libertà mentre per Marianna Barbaro, moglie dell’ex latitante, la misura cautelare in carcere è stata sostituita con gli arresti domiciliari.
Lo hanno stabilito i giudici del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria che così hanno accolto in toto il riesame proposto dai difensori degli indagati. Infatti, gli avvocati Antonio Giampaolo e Annunziato Alati difensori di Francesco Pelle; Luca Cianferoni e Mara Campagnolo nell’interesse di Antonio Pelle, e ancora l’avvocato Giampaolo che difende la Barbaro, nel ricorso hanno puntato a smantellare uno per uno i capi d’accusa, contestato la mancanza di gravità indiziaria, l’esclusione dell’aggravante mafiosa e la mancanza delle esigenze cautelare della reiterazione del reato.
In particolare i difensori hanno evidenziato al collegio del riesame come la condotta contestata ai famigliari di Pelle risalga a 4 anni fa e dunque la possibile reiterazione futura prospettata dal Gip reggino veniva meno. Nella memoria difensiva i legali hanno anche sottolineato come quella decisione del Gip fosse stata firmata il 16 dicembre 2021 mentre l’esecuzione dei provvedimenti fosse stata eseguita “solo” il 9 marzo.
Oltre ai tre per la quale il Tdl si è già espresso, il 9 marzo furono arrestati anche: Antonio (1987) e Elisa Pelle, figli di Giuseppe; Giuseppe Barbaro (genero), Giuseppe Morabito e Girolamo Romeo. Secondo i magistrati della Dda reggina Giuseppe Pelle, nel corso della sua latitanza è stato protetto da questa rete di fiancheggiatori prevalentemente a carattere familiare, che gli aveva consentito nel settembre del 2016, mentre lo stesso si trovava in macchina con il figlio Antonio, di riuscire a sfuggire alla cattura proprio grazie ad un articolato servizio di staffetta organizzato dal genero e dal nipote.
«Dopo la mancata cattura, i parenti – scrivono i magistrati- ed i fiancheggiatori di Pelle adottarono condotte ancora più accorte per eludere le indagini, senza che ciò impedisse a Barbaro Marianna, di incontrarlo periodicamente».
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