Il tribunale di Reggio Calabria
2 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Dodici condanne con il rito abbreviato nei confronti di altrettanti imputati del processo scaturito dall’operazione Antibes, con cui sul finire del gennaio scorso fu sgominato il clan Franco, operante nel quartiere Pellaro e ritenuto satellite della più blasonata famiglia di ‘ndrangheta dei Tegano. La pena più alta, a 18 anni, è stata disposta dal gup Caterina Catalano per Giovanni Franco (di 69 anni), ritenuto il promotore e organizzatore della cosca, per il quale i pm Antimafia Annamaria Frustaci e Giovanni Gullo ne avevano chiesti 16.
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A 14 anni, tanti quanti ne aveva chiesti la Dda, è stato condannato il figlio Paolo Franco (37). Stessa pena per Natale Cozzupoli (71) e Francesco Cuzzucoli (70), in aderenza alle richieste dei pm. Dodici anni ciascuno sono stati inflitti a Alfredo Dattola (64), Antonio Giuseppe Franco (72), Cosmo Montalto (45), Giuseppe Oliva (63), Filippo Oliva (63), Alessandro Pavone (36), Nicola Domenico Dascola, per i quali erano stati proposte pene tra i 9 e i 18 anni. Quattro anni e 4 mesi per Carlo Cavallaro (71), a fronte di una richiesta di 3 anni e 6 mesi.
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DA 5 MILIONI DI EURO AL BOSS FRANCO
L’impianto accusatorio non è stato scalfito dall’attività difensiva svolta dagli avvocati Marco Tullio Martino, Francesco Azzarà, Giovambattista Freni, Giuseppe Putortì, Valeria Iaria, Giuseppe Milicia, Giuseppe Cuzzucoli, Ottavio Serranò, Daniela Minniti, Giacomo Iaria, Rosario Ferrante, Saverio Romeo, Francesco Calabrese, Candelora Sclapari, considerato anche che in alcuni casi, a cominciare dalla pena per il boss Franco, la sentenza è andata oltre le richieste della Dda, che non a caso, ritenendo di avere in mano carte buone, aveva chiesto il rito immediato. Col rito ordinario sta proseguendo il filone processuale relativo alle estorsioni a un imprenditore di Melito Porto Salvo, per fatti che vanno dall’agosto 2012 al gennaio 2013, già confermati in aula dalla vittima, costituitosi parte civile tramite l’avvocato Giovanni De Stefano.
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INIZIALMENTE COINVOLTE NELL’OPERAZIONE ANTIBES
Ma questo è soltanto un aspetto su cui ha fatto luce l’inchiesta, denominata Antibes perché gli investigatori della Squadra Mobile della Questura risalirono ai presunti fiancheggiatori della latitanza di Giovanni Franco, il capo dell’omonimo clan, la cui latitanza finì in Costa Azzurra nel novembre 2013. Dalle indagini è anche emersa la figura del figlio del capo, che partecipava ai summit vestito alla Al Capone e si confrontava alla pari con affiliati settantenni dalla lunga carriera criminale. Le indagini consentirono, inoltre, di captare conversazioni sulle affiliazioni di nuove leve al clan di Pellaro, con tanto di benedizione del presunto boss dal luogo di latitanza.
È stata stralciata, per un errore materiale, la posizione di Vincenzo Cicciù, per il quale, nel corso di una precedente udienza, la Dda aveva chiesto una condanna a 9 anni di reclusione. Nei suoi confronti il gup Catalano si pronuncerà stamane poiché è stato necessario fissare una nuova udienza.
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