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«LA prima denuncia pubblica l’abbiamo fatta nel 2015, quando il numero di cinghiali in Calabria era ancora contenuto. Da lì in poi la crescita è stata esponenziale e si sono decuplicati». E sono arrivati un po’ dappertutto, persino nei centri abitati e sulle spiagge. E, naturalmente, nelle aziende agricole. Franco Aceto, presidente di Coldiretti Calabria, ci spiega che nessuna coltivazione in Calabria in questi anni è stata al sicuro. Dal settore ortofrutticolo fino a quello dei cereali. Per non parlare degli allevamenti, con la diffusione di nuove malattie. Impossibile fare una stima dei danni.
«Il punto è che nessuno fa denuncia. Io per primo: ogni anno, negli ultimi cinque o sei, ho subìto tra i quindici o venti danni nella mia azienda. Una volta alle attività zootecniche, un’altra alle colture foraggere, un’altra ancora ai kiwi o ai vigneti. Finanche agli agriturismi con la devastazione dei giardini – spiega Aceto – Perché non denunciamo o denunciamo poco? Perché passano anni per il risarcimento, che è sempre contenuto nella misura del 30 o 40 per cento rispetto al danno subìto. E tu nel frattempo hai dovuto chiamare un perito, far fare una relazione a tue spese, inoltrare la denuncia… Insomma, non ne vale la pena». E se non si può fare dunque una stima dei danni, non si possono neanche considerare attendibili – dice ancora Aceto – i dati regionali sulla presenza dei cinghiali in Calabria. «Per la Regione ci sono 300mila esemplari, ma è calcolato sulle denunce e sulle segnalazioni, che, come detto, sono poche. Perché se fai un incidente con un cinghiale la denuncia la presenti, anche per l’assicurazione, ma quanti, tra quelli che hanno ad esempio avvistato dei cinghiali che attraversavano la strada, hanno denunciato? Di esemplari in regione ne abbiamo almeno un milione: è un problema sociale che va affrontato e risolto in modo radicale».
Coldiretti lo ribadirà domani, con la mobilitazione che la porterà a manifestare davanti alla sede della Regione a Cosenza. Quella calabrese è – insieme alla Lombardia, perché il problema, ricordiamo, riguarda tutto il Paese – la prima regione in cui Coldiretti scende quest’anno in piazza per richiamare l’attenzione sull’emergenza cinghiali. Ma come siamo arrivati a una popolazione di ungulati così numerosa? «È sfuggita di mano la reintroduzione della specie in Italia. Fino a non molti anni fa i cinghiali in Calabria stavano sparendo. E, giustamente, si è intervenuti. Ma i controlli non hanno funzionato – dice Aceto – E oggi ci ritroviamo anche davanti alla scomparsa della razza autoctona e alla presenza di esemplari molto più simili al suino, che partoriscono due volte l’anno».
All’orizzonte, intanto, una soluzione per gli agricoltori calabresi (e non solo loro) comincia a intravedersi: due giorni dopo l’annuncio della mobilitazione, la Giunta regionale calabrese ha approvato la delibera d’impegno ad adottare il Piano Straordinario per il contenimento della fauna selvatica entro 90 giorni. «Un passo in avanti molto importante – commenta Aceto – anche perché riprende le nostre proposte». Già nel 2020 Coldiretti aveva presentato un possibile piano di intervento, per il contenimento dei cinghiali, all’allora presidente facente funzioni Nino Spirlì. «Non si poteva attuare, però, perché in contrasto con la legge 157 del ‘92, che tutelava la fauna selvatica. Con la legge di Bilancio 2023, però, è stata introdotta una modifica alla norma nazionale che consente alle Regioni di adottare piani straordinari per il contenimento dei cinghiali». Coldiretti ne ha discusso a maggio con il governo regionale, le sue richieste sono state accolte con la delibera di pochi giorni fa. «Noi abbiamo proposto la collaborazione delle forze armate, la possibilità che gli agricoltori intervengano nei propri fondi, naturalmente se hanno porto d’armi e il permesso di caccia necessario, il supporto dei Comuni, che possono far leva su vigili urbani e carabinieri, l’istituzione di un corpo speciale di guardie venatorie con la possibilità di intervenire – spiega ancora Aceto – Con la mobilitazione di martedì (domani, ndr) chiederemo ora di accelerare: la Calabria è stata una delle prime regioni a recepire, magari si può arrivare al piano anche prima dei 90 giorni previsti. Gli agricoltori, vi assicuro, sono allo stremo. Ricevo quotidianamente segnalazioni e sfoghi dai nostri associati, spinti sempre più a dismettere coltivazioni, a partire dall’ortofrutta».
L’emergenza cinghiali, del resto, si somma ai disagi che hanno colpito il settore nelle ultime stagioni, non ultimo il cambiamento climatico. «L’agricoltura sta attraversando il suo periodo più difficile dal secondo dopoguerra – dice il presidente di Coldiretti Calabria – Prima i due anni di pandemia, poi, nel 2022, la speculazione sui costi dell’energia, l’anno dopo l’aumento dei tassi dei mutui. I produttori in quattro anni e mezzo hanno accumulato solo debiti. Se poi quello che coltivi o allevi non ti porta prodotto perché viene razziato dai cinghiali, rischi – conclude Aceto – di dover chiudere l’azienda».
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