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NON c’è più Crotone, il cui destino diventa sempre più a rischio, e si chiudono pure le porte allo scalo sognato e progettato nella Sibaritide. E con Lamezia Terme che è nella rete d’appoggio agli scali della rete europea, si salva Reggio Calabria, perché ritenuta al servizio di un territorio di scarsa accessibilità.
Ma non basterà a evitare le polemiche: la riforma del sistema aeroportuale italiano lascerà una scia di aspirazioni mortificate in Calabria. Perché «non prevede la realizzazione di nuovi scali» vanificando le aspirazioni della fascia nord cosentina e perché non inserisce il Sant’Anna tra gli snodi di interesse nazionale. Per l’aeroporto pitagorico, a questo punto, si profila un passaggio di competenze alla Regione, che dovrà individuare una nuova destinazione d’uso.
Tra l’altro, viene auspicata la progressiva uscita degli enti pubblici dal capitale delle società di gestione favorendo l’ingresso dei privati, mentre in Calabria il peso degli aeroporti è quasi tutto sulle spalle dei soldi pubblici.
GLI AEROPORTI “DI INTERESSE NAZIONALE” – In Italia sono attualmente operativi 112 aeroporti, di cui 90 aperti al solo traffico civile (43 aperti a voli commerciali, 47 a voli civili non di linea), 11 militari aperti al traffico civile (3 scali aperti a voli commerciali, 8 a voli civili non di linea), 11 esclusivamente a uso militare.
L’atto di indirizzo sottoscritto dal Governo propone di individuare gli aeroporti di interesse nazionale, che costituiranno l’ossatura strategica su cui fondare lo sviluppo del settore nei prossimi anni. Sono divisi in due categorie: gli aeroporti inseriti nella Core Network, considerati di rilevanza strategica a livello Ue perché legati a città o nodi primari (Bergamo Orio al Serio, Bologna, Genova, Milano Linate, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino, Torino, Venezia) e gli aeroporti inseriti nella Comprehensive Network. Questi ultimi si dividono a loro volta in quelli con traffico superiore a un milione di passeggeri annui (Alghero, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Lamezia Terme, Olbia, Pisa, Roma Ciampino, Trapani, Treviso, Verona) e quelli con traffico superiore a 500mila passeggeri annui ma con specifiche caratteristiche territoriali, come l’unicità nell’ambito regionale o il servizio a un territorio di scarsa accessibilità: Ancona, Pescara, Reggio Calabria, Trieste.
Infine ci sono quelli ritenuti indispensabili per la continuità territoriale (Lampedusa, Pantelleria), quelli fuori delle reti europee ma con traffico vicino al milione di passeggeri e trend in crescita (Rimini) e quelli destinati a delocalizzare traffico di grandi aeroporti (Salerno). Per gli altri, non resta che sperare nei soldi degli enti locali: «Gli aeroporti non di interesse nazionale – recita il piano dovranno essere invece trasferiti alle Regioni competenti, che ne valuteranno la diversa destinazione d’uso e/o la possibilità di chiusura». In Calabria si riuscirà a salvare Crotone?
LA RAZIONALIZZAZIONE DEI SERVIZI – Il provvedimento, è stato sottolineato, favorisce la costituzione delle cosiddette «reti aeroportuali», gestite da un unico soggetto, per ottenere vantaggi sul fronte della differenziazione nel servire lo stesso territorio con infrastrutture dedicate per tipologia di traffico.
E’ prevista poi una revisione dell’orario di apertura degli aeroporti e degli orari di fornitura dei servizi, con possibile chiusura notturna degli aeroporti con traffico limitato o con criticità di impatto ambientale ma anche la rimodulazione delle tariffe relative ai servizi di assistenza in fase di decollo e atterraggio e una riorganizzazione delle risorse umane e finanziarie destinate ai servizi antincendio, ai controlli di sicurezza e doganali e ad altre tipologie di servizi aeroportuali
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