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CATANZARO – Debiti per 275 milioni e crediti per 27 milioni. Questo è quanto ha prodotto la mobilità sanitaria da e per la Calabria nel 2010. I dati sono stati approvati dalla Conferenza Stato Regioni il 29 febbraio scorso. La Calabria, (compresi i saldi degli anni precedenti), deve coprire 247 milioni di euro. Nel 2010 sono state 63.570 le prestazioni sanitarie effettuate nelle altre regioni contro le 65.647 del 2009 e le 65.647 del 2008. A livello nazionale e regionale si registra una leggera contrazione, anche se il fenomeno non accenna a diminuire. Secondo dati non ufficiali, sembrerebbe che nel 2011, la tendenza alla riduzione sia continuata anche se i valori economici sarebbero superiori di circa 10 milioni di euro.  Ciò che desta preoccupazione è che i viaggi della speranza non riguardano solo i centri di eccellenza ma anche strutture di livello medio di regioni limitrofe e spesso non sempre si parte per patologie gravi, ma che per malattie poco gravi. Dati che devono far riflettere in primo luogo la politica e chi deve programmare il servizio sanitario calabrese.

Con l’emigrazione sanitari regioni come la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Toscana finanziano le proprie strutture e coprono i deficit che il sistema produce, perché la sanità, soprattutto di qualità, come dimostra il caso San Raffaele di Milano, costa tanto. 

Però fa riflettere il dato che la Lombardia riceva dalle altre regioni oltre 768 milioni di euro, così come l’Emilia Romagna 555 milioni, il Veneto 305. Singolare è il dato del Lazio che nonostante i 317 milioni di euro di mobilità attiva produce 111 di passiva e deficit miliardario, non a caso è soggetta a piano di rientro come la Calabria. 

A Sud di Roma accade il contrario, con la Campania che paga 300 milioni di euro alle altre regioni, la Sicilia 205, la Puglia 168. 

I “viaggi della speranza” comunque sono un fenomeno che sarà difficile azzerare perché una parte della popolazione, quella che non ha problemi di soldi, non rinuncerà mai ad avere i migliori servizi che sono sul mercato.  

Detto questo ci chiediamo perché i calabresi vanno fuori e soprattutto a quali strutture si rivolgono. Tra le destinazioni in testa c’è il Lazio con  8.263 ricoveri ordinari,   5.229  ricoveri in Day Hospital e 396 per la riabilitazione ordinaria. Le maggiori patalogie sono attinenti all’area oculistica, cardiologica, gastroenterologica, alla tiroide, all’urologica, alla ginecologica e, ovviamente, oncologia. Poi un discorso a parte merita il Bambino Gesù, la struttura pediatrica di proprietà della Santa Sede dove nel 2009 si sono registrati 3.421 ricoveri. Una struttura che viene sovvenzionata dal sistema sanitario nazionale per due volte, una nel momento della ripartizione del fondo e una’altra dalle regioni nel momento dei ricoveri. 

Passando alle altre regioni, dopo il Lazio c’è la Lombardia: 7.855 ricoveri ordinari e 1.730 in Day hospital,    1.010 per la riabilitazione. In questa regione i calabresi vanno principalmente per l’area oncologica, ma al secondo posto c’è l’area cardiologica. Una vera a propria anomalia considerato che in Calabria esistono due strutture cardiochirurgiche a Catanzaro (pubblica e privata) di livello nazionale. Ma ancora oggi, evidentemente, si registrano delle resistenze. 

Invece per l’oncologia, nononstante il Polo oncologico di Germanato effettui 7.000 ricoveri l’anno, non riesce ad incidere nella migrazione sanitaria. Ma per fortuna il rafforzamento della rete oncologica è uno degli obiettivi del Piano di rientro e la Regione è costretta a metterci mano. 

La terza regione per emigrazione sanitaria è l’Emilia Romagna, dove si registrano 5.149 ricoveri per acuti, 1.260 in day hospital e 384 ricoveri per la riabilitazione. I calabrese vanno in questa regione principalmente per l’ortopedia e destinazione il “Rizzoli”. L’area ortopedica, tre le tante è quella messa peggio in Calabria, infatti si registrano oltre  mille interventi per l’implementazione di protesti al ginocchio e all’anca e oltre 800 per altri interventi al ginocchio. Se si considera tutta l’are ortopedica sono oltre 2.000 gli interventi fuori regione. 

Ma come dicevamo, l’emigrazione non è solo verso nord, ma anche verso sud, ad esempio in Sicilia si sono registrati nel 2010, 4.994 ricoveri per acuti, 3.487 in day hospital e 156 per la riabilitazione. I pazienti provengono principalmente dal Reggino e dal Vibonese e le aree mediche interessate al fenomeno sono l’oculistica, l’area neurologica e chirurgica. 

La Sicilia, così come la Basilicata e la Puglia, hanno rinforzato principalmente gli ospedali di confine proprio per attrarre mobilità, un dato che in Calabria viene sottovalutato e non è un caso se negli ultimi mesi è cresciuta la migrazione dal Tirreno cosentino e dell’altro Jonio proprio verso la Basilicata.

 

 

 

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