La folla presente ai funerali di Giuseppe Parretta
2 minuti per la letturaCROTONE – Non è la prima volta che Caterina Villirillo prende carta e penna per scrivere una lettera sulla morte del figlio Giuseppe Parretta ucciso a colpi di pistola a Crotone il 13 gennaio scorso (LEGGI LA NOTIZIA) per una discussione con un vicino di casa Salvatore Gerace, di 57 anni, che si sentiva spiato dal giovane (LEGGI LA PRIMA LETTERA), ma questa volta nelle parole della donna, responsabile dell’associazione Libere Donne, c’è molta amarezza.
«Dal giorno dei funerali di mio figlio – scrive – io sono rimasta abbandonata al mio destino senza né un supporto psicologico né materiale, nonostante le ripetute promesse fatte dalle istituzioni crotonesi, tutte false, tutte espresse al solo scopo di pubblicizzare meschinamente la loro ‘bontà’ di fronte all’Italia intera».
SCOPRI TUTTI I CONTENUTI SULLA MORTE DI GIUSEPPE PARRETTA
Caterina Villirillo denuncia come «mio figlio – scrive, tra l’altro, la donna – è stato ucciso più volte e la mano che ha armato quella dell’assassino ha un nome preciso: lo Stato. Uno Stato che concede libertà vigilata senza vigilanza ad un recidivo del crimine e gli permette di possedere armi è uno Stato patrigno, cattivo, superficiale ed attento solo a non offendere i poteri occulti che lo manovrano come un burattino e che hanno imposto, col nome di ‘democrazià, la tutela del carnefice».
LEGGI LA NOTIZIA DELLA FIACCOLATA IN RICORDO DI GIUSEPPE PARRETTA
La donna con forza rimarca: «Sto chiedendo giustizia per mio figlio e la sto chiedendo anche e soprattutto a questo Stato che non prevede leggi che tutelino le vittime. Sì, perché una madre o un padre o dei fratelli sopravvissuti ad una simile tragedia sono vittime tanto quanto chi è rimasto ucciso, e non voglio che i miei figli vivano ciò che altri hanno vissuto, cioè il ritrovarsi di fronte l’assassino perché non esistono pene commisurate agli efferati delitti che bestie come l’assassino di mio figlio commettono. Dove sono le associazioni umanitarie quando la vittima è un italiano? Dove sono le politiche sociali quando la vittima è un ragazzo onesto? Che fine hanno fatto le istituzioni che volevano accollarsi il costo di un addio dignitoso al mio Giuseppe? Dov’è la Chiesa? Dov’è il Vescovo? Dov’è il Papa?».
Una presa di posizione forte che non risparmia nessuno e che prosegue con la denuncia che «hanno ucciso Giuseppe, Pamela, Jessica nel giro di poche settimane ma nessuno ha levato scudi per chiedere giustizia mentre vedo mobilitarsi sindacati, associazioni ed il Governatore della Calabria in persona per l’uccisione di un uomo sorpreso a rubare. Perché? Forse perché Giuseppe, Pamela e Jessica erano solo ragazzi italiani e, quindi, non muovono interessi né hanno eco internazionale? In Italia – conclude – esistono innegabilmente vittime di serie A e vittime di serie B ed appartengono alla prima i mafiosi e gli immigrati. Non è razzismo, il mio, ma una pura e cinica consapevolezza».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA