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«Non tentarono di uccidere il poliziotto»: scarcerati dal Tribunale del riesame i Chimirri che passano ai domiciliari
CROTONE – «Non tentarono di uccidere il poliziotto». Il Tribunale del riesame di Catanzaro ha concesso gli arresti domiciliari ai quattro familiari di Francesco Chimirri, il pizzaiolo e tik-toker rimasto ucciso nel quartiere Lampanaro, nell’ottobre scorso, durante la colluttazione con il vice ispettore Giuseppe Sortino, ancora indagato a piede libero per omicidio.
I giudici, accogliendo i rilievi difensivi degli avvocati Andrea Filici e Tiziano Saporito, hanno revocato la misura cautelare in carcere che il gip di Crotone aveva applicato al 18enne Domenico Chimirri, figlio della vittima, a suo nonno Domenico Chimirri, di 67 anni, e ai fratelli della vittima, Antonio (41) e Mario (46) per il reato di tentato omicidio aggravato nei confronti del poliziotto. Il Tribunale ha, inoltre, ritenuto insussistente la gravità indiziaria a carico dei fratelli e del padre della vittima, con riferimento all’aggressione nella fase precedente il colpo partito dalla pistola d’ordinanza del poliziotto, riqualificando, sempre per la fase precedente lo sparo, la condotta del giovane Domenico nel reato di lesioni personali, ed escludendo per tutti il tentativo di omicidio.
SCARCERATI I CHIMIRRI: RIBALTATA LA DECISIONE DEL GIP DI CROTONE
«La decisione ribalta – affermano gli avvocati Filici e Saporito – la ricostruzione dei fatti operata dal gip di Crotone, confermando ciò che la difesa dei Chimirri ha sostenuto, vale a dire che al momento dello sparo il poliziotto Sortino non era aggredito da più persone».
Nella memoria difensiva, gli avvocati della famiglia Chimirri evidenziano che i filmati al vaglio degli inquirenti non restituiscono una colluttazione «tale da poter integrare gli estremi del tentato omicidio», nel senso che i pugni sferrati da padre e figlio «non possono in alcun modo essere ritenuti finalizzati ad uccidere Sortino». Gli avvocati hanno condotto indagini difensive producendo dichiarazioni di testimoni oculari che affermano che i pugni erano inferti “esclusivamente” in testa e ai fianchi.
Insomma, «lo scontro fisico è avvenuto senza ausilio di strumenti atti ad offendere e si è estrinsecato solamente attraverso l’uso delle mani», rileva sempre la difesa. Per gli avvocati è “semplicistica” la ricostruzione del gip secondo cui vi sarebbe stata un’aggressione da parte di cinque persone al poliziotto. Dai filmati e dalle testimonianze emerge, invece, rileva sempre la difesa, che gli indagati si spostano “dalla parte opposta della strada” nella seconda fase dell’aggressione, cioè dopo che Francesco Chimirri, raggiunto al petto dal colpo, resta a terra.
LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI
La gip Elisa Marchetto aveva considerato la condotta del poliziotto come «estremo atto di autodifesa» a una «brutale aggressione». Come si ricorderà, la vicenda scaturisce dalle manovre pericolose lungo la strada statale 106 notate dal poliziotto che, residente in Sicilia, stava rientrando a Crotone per prendere servizio in Questura. A bordo della sua auto Peugeot “208”, il poliziotto viene sorpassato nel suo tragitto dalla Dacia “Duster” di Francesco Chimirri, che viaggia col figlio. È lunedì, e la sua avviata pizzeria a Isola Capo Rizzuto, dove la vittima risiedeva con moglie e quattro figli, è chiusa.
L’uomo è diretto nel quartiere Lampanaro di Crotone dove vivono il padre e i fratelli. Chimirri, procedendo a zig-zag ad alta velocità, urta contro due vetture, tra cui la Citroen “Xara Picasso” di Bruno Luchetta (che sarà poi denunciato per favoreggiamento per dichiarazioni ritenute mendaci). La Dacia prosegue senza fermarsi dopo essersi inserita tra due veicoli e provocando la rottura di tre specchietti che cadono in frammenti sulla strada. Il poliziotto decide di pedinare l’auto di Chimirri fino a Lampanaro. Qui, si scatena il Far West.
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