L'arresto di Silvio Farao
7 minuti per la letturaCIRÒ MARINA (CROTONE) – Dopo i 170 arresti dell’operazione “Stige”, scattati nel gennaio 2018, il comando del clan lo avrebbe assunto Natale Farao, fratello dei più noti Giuseppe e Silvio, boss ergastolani. Natale Farao sarebbe sempre rimasto in posizione subordinata rispetto ai fratelli poiché pesa su di lui l’onta di un genero collaboratore di giustizia, Vincenzo Cavallaro (ma è il caso di ricordare che anche che un figlio di Giuseppe, dopo l’operazione Stige, si è pentito).
C’è pure il nuovo organigramma del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò nelle carte dell’inchiesta che nei giorni scorsi ha portato all’operazione “Hydra”, condotta dalla Dda di Milano contro il presunto “sistema mafioso lombardo”, nell’ambito del quale l’articolazione nel Varesotto dei Farao Marincola sarebbe una componente importante, anzi, il “centro vitale”, per usare le parole del presunto reggente Massimo Rosi. E viene fuori anche una nuova geografia delle cosche in Lombardia perché lo stesso Rosi parla di 37 “locali aperti” – contro i 26 censiti dalla Dia – di cui quello di Legnano e Lonate Pozzolo sarebbe, appunto, il “centro vitale”. Dalle conversazioni intercettate prima degli arresti è emerso come il gruppo guidato da Rosi (e composto da Armando Lerose, Pasquale Rienzi, Raffaele Barletta, Antonio Esposito, Giacomo Cristello, Francesco Belusci e altri) abbia intrattenuto costanti rapporti con il clan madre e in particolare con Natale Farao.
Il portavoce delle “ambasciate” sarebbe stato Luca Frustillo, a quanto pare “fidato collaboratore” di Natale Farao e già emerso in inchieste sui clan delle Dda di Catanzaro e Milano per la sua vicinanza a Vincenzo Rispoli, capo “locale” dei cirotani al Nord attualmente agli arresti. Le conversazioni intercettate sono rilevanti, secondo gli inquirenti, anche perché consentono di delineare, in aderenza agli schemi emersi dalle indagini condotte negli ultimi anni dalle Procure settentrionali e spesso tradottesi in sentenze definitive, la relativa autonomia del “locale” di Legnano e Lonate Pozzolo.
Quando Rienzi chiede a Rosi, con riferimento al progetto di riorganizzazione del clan Farao, «Ma quindi siamo partiti?», Rosi precisa: «Noi non dobbiamo dar neanche conto a giù…loro han detto…ma io ti sto dicendo quello che è…perché poi a domanda rispondiamo», eccola la ‘ndrangheta autonoma del Nord, che mantiene comunque un legame con la casa madre anche dopo gli arresti. Sembra un’intercettazione da manuale. «Voi non è che ci potete imporre le cose a noi, perché noi siamo una linea voi siete un’altra linea, l’amore che nasce tra di noi, giustamente Enzo è nipote di zio Peppe e tutto il rispetto per la famiglia, quando voi cirotani eravate qua chi davate conto? Alla “locale” di Legnano, giusto?… sempre con l’ok di zio Peppe e di zio Silvio, due punti e a capo». A un certo punto Rienzi dice che è “saltato” il capo “locale” di Milano e Rosi si mostra sorpreso perché lui sa che è “Enzo” Novella, uno dei pezzi grossi della ‘ndrangheta lombarda, fratello di Carmelo, già “capo della Lombardia” assassinato nel 2008.
Nel corso di un altro brano captato dalla Dda di Milano, Rosi si mostrerebbe intenzionato ad incontrare Novella e sembra risentito per il fatto che non sia arrivata in Calabria la comunicazione della riorganizzazione di cui si parla. Infine, afferma di avere a cuore l’inserimento di nuovi affiliati. Insomma, ci sono elementi per delineare il nuovo organigramma della casa madre e quello della filiale lombarda della super cosca cirotana. Sull’attualità del ruolo di “capo locale” di Legnano e Lonate Pozzolo rivestito da Vincenzo Rispoli, vertice indiscusso dell’articolazione al nord, deporrebbe una conversazione intercettata, nel corso della quale il suo plenipotenziario Rosi affronta espressamente la questione della riorganizzazione del clan e la futura distribuzione dei ruoli. Appena il caso di ricordare che il capo del “locale” di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, che sconta cumuli di condanne in carcere, non è stato riarrestato nell’operazione e al suo presunto reggente Rosi la misura cautelare dal gip Tommaso Perna è stata applicata non per l’associazione mafiosa ma per reati fine soltanto in alcuni casi con l’aggravante mafiosa. «Enzo capo locale, io capo società, Francesco Bellusci contabile, Giacomino Cristello banda armata, a te (rivolgendosi a Roberto Toscano) un gradino in più perché devi entrare nella (società, ndr) maggiore e a lui (Pasquale Toscano, ndr) lo lasciamo nella minore e lo metto mastro». A dimostrazione del ruolo apicale di Rispoli gli inquirenti sottolineano che l’indicazione del boss era: «l’unica cosa che mi ha detto “Massimo, a Lonate nessuno”…». Per questo Rosi precisava: «a lui domani non gli do nessuna carica, solamente la banda armata».
Tutto era partito dalla “lettera”. Un pizzino che il figlio del boss Rispoli, Alfonso, avrebbe fatto avere a Rosi. Ma il loquace Rosi, a quanto pare, fa anche la storia della ‘ndrangheta cirotana al Nord. E ricorda che Rispoli è divenuto il capo del “locale” di Legnano per volere di Giuseppe Santarceri (nato in Francia, già residente a Canegrate e morto nel 2011), suocero di Rosi. Lo stesso Santarceri, affidando di fatto la responsabilità dell’organizzazione a Rispoli, gli ha consegnato “il libro delle regole” della ‘ndrangheta, così come avrebbe fatto con il genero Rosi. Chissà se allude a un codice di mafia. «In poche parole, se andiamo a vedere, il locale è di mio suocero, buonanima. Glielo dà ad Enzo in mano, da gestire per tanti anni, finchè mio suocero gli stava a fianco. Perché mio suocero sapeva tutte le…È lui che mi passa il libro delle regole». Il “locale” di Legnano, stando sempre al raccontone di Rosi, è stato fondato da circa 40 anni, data che riconduce alla nascita della primogenita di Rispoli. «Perchè poi Grazia, Enzo ha preso il capo locale quando Grazia è nata. Grazia adesso, la figlia di Enzo, la più grande, mi sembra che ha una quarantina di anni. In base agli anni che ha, lui era capo società… Lui è capo società. Da parte di mio suocero…Enzo è stato capo società per quarant’anni. Sono tanti quarant’anni…Mio suocero ha detto “Basta. Io voglio questo ragazzo che prenderà il mio posto”».
A colloquio con Pasquale Callipari, uno dei suoi più stretti collaboratori, Rosi fa riferimento alla festa della Madonna di Polsi che si celebra dal 31 agosto al 2 settembre di ogni anno nella frazione di San Luca. Perché Rispoli doveva “presentare” il suo “locale” e senza “Massimino” non si muove mai. Un misto di modernità e tradizione. Rosi, uno dei più attivi fautori del consorzio tra le mafie, che usa criptofonini e fa affari con l’Ecobonus rapportandosi con parlamentari, è affascinato da quei rituali ancestrali che rievoca in questi termini. «Mi fa “Per noi è un piacere e un onore conoscerla, ho sentito solo parlare di voi” mi ha detto. “Guardate io sono appena uscito dal carcere e non ho fatto niente di diverso da quanto voi”. E mi fa: “Vengo da Sidney”, dice: “Noi a Sidney sentiamo parlare molto di voi, mi ha detto. Abbiamo uomini che portano la vostra copiata”… che io poi le regole le vado a vedere, sono bastardo! Io se mi siedo con uomini… mi metto a croce, il portamento come dire». Rosi rassicura Callipari sul suo prossimo “battesimo”, annunciando la presenza di “Peppe ‘u castanu” (Giuseppe Barbaro, e parliamo dell’aristocrazia della ‘ndrangheta di Platì), che dovrebbe presenziare alla cerimonia di affiliazione: «tu sei già con me…sei in programma». Quindi, torna sui rituali a cui forse ha partecipato. Torna a Polsi. Alla casa madre della ‘ndrangheta. «E allora io lo guardavo, io facevo così tutto contento soddisfatto… “mi fa: Il vostro nome è diventato anche il film sul Padrino mi dice… una persona proprio anziana… anche mi fa comunque complimenti voi non siete nessuno all’interno, se non avete un parente. Vi siete creato da solo, siete arrivato come ai vecchi tempi, come hanno fatto i miei nonni, così parlavano della storia dei “Gambazza” vicini a loro…queste cose qua mi mettevano in disagio, a me è difficile mettermi a disagio…a me solo una donna può mettermi in imbarazzo… che è tanti anni che lui ci ha questo bel locale …700 uomini».
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