Il parco eolico di Isola Capo Rizzuto
3 minuti per la letturaISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) – La ‘ndrangheta non c’era. Le interposizioni fittizie sì ma il reato è prescritto. Sembra essere questo il senso della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro nei confronti di 22 imputati finiti sotto accusa nell’ambito dell’inchiesta della Dda sul più grande parco eolico d’Europa, che con i suoi 48 aerogeneratori ha un valore di circa 340 milioni di euro. I giudici hanno confermato la sentenza del gup distrettuale di Catanzaro Pietro Carè che nel gennaio 2020 aveva disposto il non luogo a procedere per prescrizione in ordine alle accuse di interposizioni fittizie, esclusa l’aggravante mafiosa, e l’assoluzione, con varie formule, da quelle di concorso esterno in associazione mafiosa, abuso d’ufficio e falso.
C’era anche l’ex consigliere regionale Giuseppe Graziano, nato a Longobucco e residente a Rossano, eletto con la Casa delle Libertà, tra gli imputati nei cui confronti la Dda di Catanzaro aveva chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta che avrebbe fatto luce sui tentacoli della cosca Arena che si sarebbero allungati sull’affare delle pale eoliche attraverso un articolato sistema di interposizioni fittizie. Graziano era finito sotto accusa per fatti risalenti all’epoca in cui era componente del Nucleo Via della Regione, quale rappresentante del Corpo forestale, che espresse parere favorevole all’impianto, secondo l’accusa in assenza di istruttoria, tant’è che rispondeva di abuso d’ufficio e falso. Un altro colpo all’inchiesta della Dda che nel settembre 2017 ritenendo sussistenti i finanziamenti occulti chiese 13 condanne e il “non luogo a procedere” per 11. Stesse richieste formulate in Appello dalla Procura generale.
Ma non regge la tesi dell’«aporia». L’aporia in filosofia è un’ambiguità sostanziale, quella in cui, secondo il pm Antimafia Domenico Guarascio, che impugnò la sentenza di primo grado, sarebbe incappato il gup che, pur non ritenendo appartenente alla ‘ndrangheta Nicola Arena junior, nipote omonimo dell’anziano boss di Isola Capo Rizzuto, di recente scomparso, e il cugino Pasquale Arena, dirigente del Comune di Isola e considerato dagli inquirenti il dominus dell’investimento, affermava il «vantaggio competitivo rappresentato dall’aver coinvolto nell’affare due esponenti della famiglia anagrafica Arena». I sigilli scattarono la prima volta nel luglio 2012 e da allora è seguito un farraginoso iter giudiziario, nell’ambito del quale la Corte d’Appello bis nell’aprile 2020 ha revocato la confisca.
Tra prescrizioni e assoluzioni finisce, dunque, in una bolla di sapone il processo penale per Pasquale Arena, 69anni, Isola (per cui era stata chiesta una condanna a 4 anni e sei mesi); Nicola Arena (58), Isola (4 anni); Carmine Megna (58), Isola (4 anni); Roberto Gobbi (68), San Marino (4 anni e 6 mesi); Giovanni Maiolo (65), Isola (2 anni e 8 mesi); Fabiola Ventura (58), Isola (2 anni e 8 mesi); Maximiliano Gobbi (46), San Marino (3 anni); Martin Zwicky (60), Svizzera (2 anni); Giuseppe Graziano (61), Rossano (non luogo a procedere); Salvatore Curcio (83), Castrolibero (non luogo a procedere); Antonio Genovese (74), Reggio Calabria (non luogo a procedere); Vincenzo Iacovino (60), Catanzaro (non luogo a procedere); Giovanni Misasi (63), Castrolibero (non luogo a procedere); Vittoria Imeneo (55), Vibo (non luogo a procedere); Egidio Michele Pastore (71), Rende (non luogo a procedere); Luciano Pelle (71), Antonimina (non luogo a procedere); Annamaria Ranieri (48), Soverato (non luogo a procedere); Domenico Vasta (68), Lamezia (non luogo a procedere); Massimo Zicarelli (63), Paola (non luogo a procedere); Giuseppe Ferraro (73), Marina di Gioiosa Jonica (2 anni); Carmelo Misiti (50), Castrolibero (2 anni); Stefano Colosimo (71), Catanzaro (2 anni).
Incassano con ovvia soddisfazione gli avvocati Piero Chiodo, Roberto Coscia, Luigi Falcone, Luigi Frustaglia, Francesco Laratta, Pietro Pitari, Salvatore Staiano, Tiziano Saporito, Leo Sulla, Gregorio Viscomi. Gli imputati che avevano proposto appello (avverso il proscioglimento per prescrizione in quanto chiedevano una pronuncia nel merito) sono stati comunque condannati alle spese del giudizio.
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