X
<
>

Share
4 minuti per la lettura

COSENZA – Le Usca chiudono. E questo vale per tutti tranne, forse, per Reggio Calabria che è l’unica che ha manifestato l’intenzione di prorogare i contratti fino a fine anno. Ma per la marea di precari e cococo, 1200 totali, che tramite le unità speciali di continuità assistenziale, hanno garantito assistenza ai pazienti domiciliari, vaccini, tamponi e interventi sul posto, non c’è più spazio in questa forma. Le aziende dovranno trovare un modo per stabilizzarli.

Tutto questo nel momento più delicato, quello di un’emergenza che ritorna senza troppi complimenti. Il numero dei casi giornalieri è di nuovo alto: 1.990, altri tre morti e altri tre ricoveri nei reparti di malattie infettive, solo che stavolta non ci saranno i dottori precari a fare da “scudo” a un sistema sanitario che in due anni non è riuscito ad adeguarsi ad una pandemia.

IL CASO COSENZA

La questione risale a due giorni fa: in una riunione all’Asp sul “futuro” dell’ospedale di Rogliano (di proprietà dell’azienda ospedaliera) tutti si sarebbero aspettati lo spostamento del contingente nel reparto long covid. Così non è stato, la doccia fredda è che 72 contratti non saranno rinnovati e che le Usca cesseranno la loro attività a partire dal primo agosto. Sempre ieri l’Asp ha fatto marcia indietro, dicendo che «a breve, saranno rinnovati i rapporti di lavoro dei medici Usca, pur con diversa tipologia di contratto, attesa la scadenza del 30 Giugno degli istituti contrattuali previsti precedentemente, che erano legati allo stato di emergenza. La situazione più complessa si registra con gli infermieri che erano stati contrattualizzati con vecchi co.co.co , contratti non più utilizzabili perché non coerenti con le disposizioni di legge vigenti.

In questo caso, d’intesa con il professore Profiti, Commissario di Azienda Zero, si è deciso, visto il contesto epidemiologico per non rischiare interruzioni di servizi essenziali, nell’ambito dell’assistenza ai pazienti Covid positivi, di rinnovare il loro contratto per altri sessanta giorni nell’attesa di poter mettere in sicurezza, con personale dedicato, i percorsi assistenziali dei pazienti Covid positivi.

Si lavora  altresì per  una soluzione strutturale per i circa 40 lavoratori impegnati (tramite ditta esterna) da anni a garantire servizi  essenziali per questa Azienda. E il cui contratto è in scadenza il 30 giugno. Pur in presenza di tipologie di contratto che riguardano anche il personale tecnico  non più utilizzabile nella pubblica amministrazione, soprattutto alla luce del cessato stato di emergenza, questa Azienda, col supporto della Struttura Commissariale, del presidente Occhiuto in primis, nonché del prof Profiti, Commissario di Azienda Zero e del Dipartimento tutela Salute, sta mettendo in essere ogni sforzo per evitare interruzione di servizi essenziali e garantire quell’offerta dei  servizi che possano mettere in sicurezza i nostri concittadini e quanti si rivolgono alle nostre Strutture Sanitarie.

Massima attenzione stiamo rivolgendo anche, pur in presenza di un quadro legislativo non favorevole perché non più legato al momento emergenziale, allo stato occupazionale dei lavoratori che nel periodo di pandemia ed anche in questo contesto, hanno consentito alla nostra Azienda di poter erogare servizi sanitari essenziali e di qualità».

A VIBO PRIMA SÌ E POI NO

L’Asp di Vibo, invece, aveva manifestato chiaramente l’intenzione di procedere alle proroghe, solo che ieri è arrivata la doccia fredda. In attesa che un decreto ministeriale proroghi le attività delle Usca le stesse sono sospese a partire dal primo luglio.

LA LINEA DELLA REGIONE

Tre giorni fa in Cittadella si è svolta una riunione proprio sul tema personale sanitario, riunione poi diventata una circolare destinata a tutte le aziende della regione. Il succo è anticipare le azioni della «manovra sul personale» che è contenuta nel «redigendo» programma operativo ancora non presentato da Occhiuto ancora sotto osservazione da parte del Tavolo adduce. Vale a dire avviare le procedure per reclutamenti a tempo indeterminato chiedendo alle aziende di riformare i piani dei fabbisogni con questi limiti: il costo del personale non può superare la cifra acquisita al quarto trimestre del 2021 comprensiva delle voci di spesa sostenute per il personale destinato all’emergenza covid. Sulla questione, però, si attende ancora il parere del ministero.

Perché la struttura commissariale in sostanza si è offerta di anticipare prima ancora dell’approvazione del programma operativo, le misure sul personale. Il tempo concesso alle aziende è di 10 giorni per la ricognizione. In questa circolare c’è un passaggio chiaro sul personale dedicato all’emergenza Covid. Dal primo luglio le aziende dovranno pubblicare gli avvisi di ricognizione dedicati anche ai precari Covid.

GLI EFFETTI SUL SISTEMA

L’assenza delle Usca sta già producendo i primi effetti. In questo momento di risalita dei casi tra circa una decina di giorni si rischia il collasso dei Pronto soccorso. Ma intanto tutta una serie di attività messe in campo con le Usca rischiano di sparire per mancanza di personale. Stiamo parlando di prelievi, visite, terapie a domicilio, trasfusioni, medicazioni, somministrazione di antivirali.

Tutte cose che adesso finiranno in capo agli uffici competenti delle Asp, le stesse che in questi due anni hanno “scaricato” sul contingente precario una gestione caotica della pandemia. I primi effetti strutturali sono già alla luce del sole. Al centro trasfusionale di Cosenza non hanno spazi adatti per accogliere i pazienti Covid separati dal resto e già ieri si sono visti i primi problemi. 

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE