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COSENZA – I medici sono di nuovo in fuga dagli ospedali calabresi. Una diaspora iniziata nel 2019 e arginata nell’anno nero della pandemia. Si parla del 3,8% dei quasi 2900 dottori licenziati in Italia nel 2021, una media superata soltanto dalla Sicilia.
A mettere a fuoco la questione è lo studio nazionale dell’Anaao presentato ieri a Roma agli stati generali della sanità italiana. Uno studio che arriva a 24 ore di distanza dalle dichiarazioni di Occhiuto durante l’incontro con il presidente albanese Ilir Meta, sul possibile invio di medici e infermieri d’oltremare in terra calabrese per rafforzare un sistema in piena emergenza. Emergenza che negli ultimi tempi ha raggiunto livelli di allarme.
«Nel 2021 in Calabria quasi il 4% dei nostri colleghi – dice il segretario regionale Anaao Filippo Maria Larussa – ha lasciato il sistema sanitario regionale, una fuga dettata certamente da ragioni che a livello nazionale vengono ribadite da tempo: i carichi di lavoro, burocratizzazione eccessiva, mancata attuazione dell’autonomia professionale e nessuna tutela rispetto ai sempre più numerosi episodi di violenza, una trattativa sul contratto ancora neanche iniziata perché le regioni ostinatamente si rifiutano di aprire la pratica, probabilmente perché hanno già speso le esigue risorse che avrebbero dovuto accantonare da tre anni.
«Ma su queste ragioni nazionali, si innesta una questione tutta calabrese – continua Larussa – un alcuni ospedali da anni i concorsi vanno deserti, all’ospedale di Vibo per esempio non ci sono le condizioni minime di sicurezza professionale e fisica che diano a qualunque collega, anche disoccupato, la voglia lavorare in quel nosocomio. Di fronte a questa emergenza si può ricorrere certamente ai medici albanesi o il trattenimento forzato dei pochissimi medici che hanno superato i 70 anni. Ma non sono queste le soluzioni strutturali, sono pezze momentanee. Quelle strutturali le abbiamo già suggerite: passano attraverso una rivisitazione radicale della formazione universitaria, che veda una immediata inversione di tendenza riguardo alle capacità formative degli specializzandi all’Umg, attraverso un aumento esponenziale dell’attività clinica e soprattutto l’attivazione immediata del Pronto soccorso. Non è più tempo di soluzione estemporanee bisogna programmare oggi per evitare il tracollo definitivo non tra qualche anno, ma domani».
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