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Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

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CATANZARO – «Il Paese e il Palazzo hanno due visioni diverse». Perché c’è un’«ipocrisia del potere». Quella che fa da sfondo alla vicenda di Nicola Gratteri, il procuratore di Catanzaro nei cui confronti si è mobilitato un fiume di solidarietà in seguito a progetti di attentato che hanno fatto temere un ritorno indietro di 30 anni, al periodo delle stragi.

LEGGI – MAI PIU’ STRAGI, LA MANIFESTAZIONE A MILANO

Delle ragioni della mobilitazione “Mai più stragi” a sostegno del magistrato calabrese abbiamo parlato con lo storico delle organizzazioni criminali Antonio Nicaso, coautore con Gratteri di numerosi saggi sulla ‘ndrangheta e idealmente ieri a Milano.

Professor Nicaso, quali sono i contenuti di questa grande manifestazione?

«È importante dimostrare solidarietà a un magistrato come Gratteri che opera in un Paese in cui quest’esigenza non l’hanno avuta il presidente del Consiglio e il ministro della Giustizia, e questo sconcerta. Le istituzioni non tollerano Nicola Gratteri, lo considerano come uno che parla troppo e fa di testa sua, perché non ha referenti, non guarda in faccia nessuno e nel suo lavoro ha sempre dimostrato coerenza. La gente lo ama. C’è un’ipocrisia del potere. Allora ben venga la solidarietà della gente che questa solidarietà invece la esprime, anche con un messaggio, ma è quello che serve in momenti come questo in cui mica si può fare la guerra contro la ‘ndrangheta imbracciando le armi. Ma il nostro impegno può essere, oltre a quello di cercare di diventare cittadini migliori, anche quello di esprimere solidarietà a chi lotta in prima linea contro le mafie e vive momenti difficili. Meglio esprimergli solidarietà oggi e non domani, in questo momento è importante lottare insieme a Gratteri».

La scoperta del progetto di attentato venuta fuori a maggio è stata quasi contestuale alla mancata nomina di Gratteri a procuratore nazionale antimafia, peraltro nel trentennale delle stragi. Molti osservatori hanno ipotizzato analogie con la vicenda Falcone. La mobilitazione è anche per scongiurare il rischio di isolamento a cui Gratteri va incontro?

«Si tratta di due personaggi scomodi, non solo per le mafie ma anche per il potere. Gratteri ripete sempre che tra lui e Falcone c’è un abisso e non si è mai paragonato a Falcone. Ma una cosa in comune ce l’hanno: tutte le volte che hanno fatto un concorso in cui di mezzo c’è di mezzo il Csm, sono stati bocciati. Gratteri fu bocciato quando si candidò a procuratore di Reggio, oltre ad essere bocciato ora che si è candidato a procuratore nazionale antimafia. Gli diedero Catanzaro perché non aveva concorrenza in quanto allora Catanzaro non era una sede appetibile. La similitudine è fra due uomini che hanno poco appoggio politico-istituzionale e si trovano a combattere da soli. Ma la gente li ama. Sfortunatamente per Falcone, quest’affetto è venuto fuori dopo la morte, Gratteri lo sente ogni giorno, dovunque egli vada la gente gli esprime solidarietà e vicinanza. Il Paese e il Palazzo hanno due visioni diverse».

Forse c’è anche un’altra analogia. Un mese fa Gratteri ha ricevuto a Cutro (peraltro insieme a lei) il premio intitolato a Diego Tajani, magistrato e statista. Anche lui si scontrò con i poteri forti e fu costretto a dimettersi dalla magistratura per poter continuare la sua battaglia contro la mafia in Parlamento e al Governo…

«C’è un’ipocrisia del potere, che vuole controllare sempre tutto e tutti e che certi magistrati che cercano di fare il loro lavoro li percepisce come schegge impazzite, non gestibili. Ci si è trovati in una situazione paradossale, senza nulla togliere al procuratore Melillo su cui è caduta la scelta. Un comitato ristretto dice che Gratteri è la figura più idonea e il plenum del Csm, in cui ci sono magistrati che di solito non votano, stavolta votano per primi, ad esempio il presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. E  allora  ti accorgi che c’è qualcosa che non va. Ma è la sorte che è toccata anche ad altri magistrati scomodi».

Condivide la scelta caduta su Milano come sede della mobilitazione?

«La scelta fatta dagli organizzatori è giusta e importante perché Milano rappresenta una città in cui è necessario essere presente per le famiglie di ‘ndrangheta. Essere presenti a Milano e in Lombardia per le mafie significa avere soldi da investire e relazioni da intrattenere. E la Lombardia è la regione in cui, dopo la Calabria, c’è più ‘ndrangheta».

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