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È IMPRESSA su almeno tre video la verità sull’aggressione a colpi di arma da fuoco subita lo scorso 3 dicembre in via Cesare Marini da un imprenditore 34enne, vicenda per la quale nei giorni scorsi quattro persone sono state arrestate con l’accusa di tentato omicidio. Quei filmati provengono dalle telecamere di videosorveglianza di locali e abitazioni limitrofe e rappresentano, a tutt’oggi, la principale fonte d’accusa contro Mirko Matteo Voltasio (31 anni), Andrea Carpino (42), Amedeo Lipari (56) e Pasquale Alex Simone (25), protagonisti di quella che, secondo gli investigatori, si configura come una vera e propria spedizione punitiva.

Le ragioni? Non del tutto chiarite, segno evidente di come le immagini, in questo caso, documentino molto ma non tutto ciò che si nasconde dietro questa storia. Di certo, per ora, c’è solo che Carpino si trova in carcere e che nelle scorse ora ha affrontato l’interrogatorio di garanzia avvalendosi della facoltà di non rispondere. Stessa trafila che avrebbe dovuto affrontare Voltasio,  ma il ragazzo risulta allo stato irreperibile, ragion per cui non è stato ancora possibile accompagnarlo dietro le sbarre.

Nel frattempo, domani, all’appuntamento con il gip si presenteranno Lipari e Simone, entrambi ristretti ai domiciliari.

LO SPARO

Quella notte, Stefano C., titolare di una ditta di impianti elettrici, si trova all’interno della sua Jeep in compagnia di un amico. È un’auto nuova, i due sono  tornati da un giro di prova e si accingono a rientrare nel pub dove ad attenderli ci sono alcune amiche. Hanno appena parcheggiato quando Carpino apre lo sportello e tira fuori il proprietario dall’abitacolo non prima di avergli rifilato un pugno in pieno volto. L’amico scende dal veicolo, ma non ha neanche il tempo di comprendere cosa stia accadendo che si ritrova addosso la coppia Lipari-Palermo. Lo immobilizzano e si becca pure lui qualche calcio, mentre poco lontano l’altro passeggero si accapiglia con Carpino e Voltasio. Quest’ultimo tira fuori la pistola, Stefano l’afferra con una mano, ma parte un colpo che gliela perfora quella mano, e  va poi a conficcarsi nella sua gamba destra. Lo sparo pone fine alla disputa e mette in fuga aggressori e aggrediti, vanificando anche l’intervento di una ragazza che, attirata dalle urla, si era scagliata con coraggio contro Voltasio & co. per farli desistere dal pestaggio.

LE INDAGINI

«Sono stati due uomini dalla pelle scura. Volevano rubarmi l’auto». Le prime dichiarazioni rese dalla vittima ai carabinieri brillano per reticenza, ma poi un mese dopo, convocato nuovamente in caserma, cambierà versione. Gli investigatori, infatti, non hanno in mano solo i filmati,  ma anche intercettazioni telefoniche nelle quali lui stesso, a colloquio con un’amica, ammette di non aver raccontato il vero perché «pure da infame devo passare ora?». E così, messo davanti a queste evidenze, Stefano C. racconta un’altra verità. Parla di un lavoro eseguito mesi prima  in un negozio della città a fronte del quale il committente gli avrebbe chiesto di emettere una fattura gonfiata, concordando con lui la restituzione di parte della somma, all’incirca ottomila euro. Fatto sta che quei soldi non sarebbero stati restituiti o restituiti solo in parte a Carpino che, secondo la parte offesa, a un certo punto subentra nelle vesti di riscossore.

Il racconto qui si fa confuso, anche perché la controparte, sentita a sommarie informazioni, fa risalire il tutto a una prestazione lavorativa eseguita non ad opera d’arte   per la quale voleva da Stefano C. la restituzione dell’anticipo versatogli. Nega, però, di aver mobilitato per l’occasione quella squadretta di recupero crediti; potrebbe essersi trattato, piuttosto, di un’iniziativa autonoma di Carpino, a sua volta messosi in mezzo dopo aver raccolto casualmente lo sfogo della compagna del commerciante, una sua amica.

I DUBBI

Un bel pasticcio insomma, e il risultato è che almeno per ora, un mandante non c’è. Non è l’unico punto oscuro dell’inchiesta, l’altro ci riporta in via Cesare Marini, sulla scena del crimine. Agli atti c’è un’altra intercettazione in cui la vittima racconta di essere riuscito a deviare quel proiettile altrimenti destinato alla sua pancia, e anche se la dinamica degli eventi sembra rimandare a un colpo partito per sbaglio durante la colluttazione, proprio quel dialogo ha fatto sì che nei confronti degli indagati scattasse l’accusa di tentato omicidio. 

L’ultimo aspetto ancora enigmatico coinvolge proprio loro, gli indagati. Carpino e Voltasio, che secondo la vittima quella sera erano entrambi armati di pistola – sono fratelli a dispetto dei cognomi diversi; Lipari è un imprenditore che opera nel settore delle spedizioni ed era fin qui sconosciuto alle cronache al pari del casalino Simone. Cos’è che li unisce? La verità, stavolta, si nasconde tra le pieghe di questa storia. Laddove neanche  l’occhio delle telecamere  può arrivare.      

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